È Ons Jabeur la prima africana (e anche araba) a vincere un titolo Wta 1000. La tennista tunisina ci è riuscita grazie al successo per 7-5, 0-6, 6-2 ottenuto sulla statunitense Jessica Pegula a Madrid. Grazie a questo successo (si tratta del secondo trofeo Wta in carriera) Jabeur tornerà al suo best ranking, ovvero il settimo posto della classifica mondiale. Le cose da sapere su di lei.
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Ons Jabeur, «un prodotto al 100 per cento tunisino»
Nata il 28 agosto 1994 nella città marittima di Ksar Hellal e cresciuta a Susa, Ons Jabeur ha preso in mano la sua prima racchetta a tre anni: a dieci, visto che il suo circolo non aveva campi da tennis, si allenava in quelli degli hotel vicini. La svolta a 14 anni, quando è stata selezionata dal Liceo Sportivo di Tunisi, cosa che le ha permesso di allenarsi con costanza e migliorarsi: nel 2012 è arrivato il trionfo nel torneo juniores del Roland Garros. «Sono un prodotto al 100 per cento tunisino. Mia madre mi ha convinto dell’importanza dell’istruzione, così mi sono diplomata e poi mi sono concentrata totalmente sul tennis», ha raccontato. Jabeur ha provato alcune accademie in Belgio e in Francia, ma solo per periodi brevi, decidendo poi di restare in Tunisia e allenarsi nel suo Paese, con coach francesi. Appassionata di calcio (tifa Juventus e Real Madrid), è sposata dal 2015 con l’ex schermidore Karim Kamoun, che le fa anche da preparatore nello staff guidato dall’allenatore Issam Jellali.

Ons Jabeur: «Gioco per ispirare le donne arabe»
Ons Jabeur è anche la prima tennista araba ad essersi aggiudicata un titolo nel circuito WTA (Birmingham Classic, giugno 2012), così come a disputare i quarti di finale in un torneo del Grande Slam, impresa riuscita agli Australian Open 2020 (e ripetuta a Wimbledon 2021). «Gioco a tennis da quando ero bambina per ispirare le donne arabe, per far capire che nulla è impossibile. Mi sento un’ambasciatrice del mio Paese, ma anche dei giovani e delle donne», ha detto in un’intervista. Jabeur ha un vasto seguito tra gli appassionati di tennis arabi e africani, che vedono in lei una campionessa in grado di primeggiare in uno sport in cui di solito restano ai margini.
