Una macchina gigantesca che spende 3 miliardi di dollari all’anno. Con un miliardo solo per coprire le spese relative al personale e oltre 200 milioni di rimborsi per le spese di viaggio. E con un direttore generale che, in pochi anni, ha visto lievitare il suo stipendio, anche in piena pandemia, di oltre 11 mila dollari. Mentre tra mascherine “sconsigliate” e ritardi sulla diffusione del Coronavirus, non sono mancati gli strafalcioni.
Benvenuti nel fantastico mondo della World Health Organization, l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), con sede a Ginevra. Quella branca dell’Onu che si occupa della salute globale, diventata sempre più centrale nelle cronache quotidiane, causa Covid-19. Un’organizzazione protagonista di vari scivoloni e che di recente è finita alla ribalta per alcuni lati oscuri. A cominciare dalla vicenda che riguarda il vicedirettore aggiunto, Ranieri Guerra, finito sotto indagine a Bergamo nell’inchiesta sul mancato aggiornamento in Italia del piano pandemico e sul ritiro di un rapporto dell’ufficio regionale europeo. Fu proprio lui a definire in un messaggio a Silvio Brusaferro, numero uno dell’Iss, gli autori del lavoro “i somarelli di Venezia“.
Spese annue per 3 miliardi di dollari
Si parla dunque di una struttura complessa, che sposta qualcosa come 3 miliardi di dollari. Gran parte dei soldi arriva da Paesi membri, che garantiscono il 48% delle entrate. In testa a tutti ci sono gli Stati Uniti, che fino al 2019 hanno stanziato oltre 400 milioni di dollari (115 milioni di dollari e 118 milioni di franchi svizzeri per il biennio 2020-2021). Gli stessi States che a luglio 2020 rischiarono di uscire dall’organizzazione. Donald Trump, alla fine del suo mandato, minacciò di chiudere rapporti e rubinetti, accusando senza mezzi termini la struttura di Givevra di innefficienza e di subalternità nei confronti della Cina. Lo strappo poi fu ricomposto dal neo eletto presidente Joe Biden.

La fondazione Gates tra i top contributor
Ma tra i numerosi sostenitori dell’Oms figurano la fondazione Bill e Melinda Gates che dà oltre 200 milioni, ben oltre alla cifra stanziata dalla Banca mondiale che non raggiunge nemmeno i 100 milioni. Nel complesso, invece, la Commissione europea, per il biennio 2020-21, ha previsto una dotazione di poco meno di 150 milioni. Mentre l’Italia, da sola, ha messo in conto un esborso di 15 milioni di dollari e 16 milioni di franchi per l’organizzazione. Colpisce il fatto che la Cina non sia proprio tra i top contributor, fermandosi a 57 milioni di dollari e 58 milioni di franchi.
Le buste paga di Tedros & Co
In ogni caso si tratta di una cascata di fondi che viene impiegata per varie voci. Il costo del personale, nel bilancio 2019 (chiuso peraltro con un attivo di 89 milioni), è aumentato di 60 milioni rispetto all’anno precedente, per un incremento dei dipendenti. E anche lo stipendio del direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus è cresciuto dall’inizio del suo mandato e anche in concomitanza della pandemia. La remunerazione ammonta a 251.859 di dollari lordi, 189.801 dollari netti, secondo quanto stabilito dall’assemblea del 13 novembre 2020. Nel 2018 era fissata a meno di 240 mila dollari lordi, a cui si sommano i rimborsi. Un incremento non esoso ma con effetto retroattivo: è considerato infatti in vigore dal primo gennaio dello scorso anno.
200 milioni di dollari in rimborsi viaggi
Lo sforzo pandemico, insomma, è stato retribuito. Lo stesso vale per il ruolo di vicedirettore che prevede un assegno di poco inferiore ai 201 mila dollari (lordi). I direttori regionali, in Europa è il belga Hans Henri Kluge, hanno invece una paga annuale di 182.411 dollari, 135.891 netti. In questo caso l’aumento è stato minore: nel 2018 la cifra lorda si attestava poco sopra 176 mila dollari. Un altro miliardo scarso è destinato alla copertura dei costi dei servizi, voce che comprende i contratti stipulati con esperti e fornitori di servizi che supportano l’Organizzazione nel raggiungimento degli obiettivi pianificati. Tra questi vengono conteggiati anche consulenze e pagamento dei ricercatori. Non manca il capitolo dedicato ai rimborsi per i viaggi, che ammontano a oltre 200 milioni di dollari, facendo registrare un aumento del 16% in confronto all’anno precedente. Una quota che copre il 41% dei viaggi (comprensivi di diaria) del personale, mentre il restante 59% è andato a coprire “i viaggi di persone non dipendenti come consulenti, partecipanti a riunioni (delegati degli Stati membri e altro personale non del Segretariato)”, si legge nel testo dell’Oms.
Crisanti: “Un baraccone che va smontato”
L’Oms, insomma, può contare su una importante dotazione. Eppure nel tempo ha inanellato una serie di errori che hanno pesato. Ad aprile 2020, in piena prima ondata, l’Organizzazione ha commesso l’errore più grave. “Non ci sono prove che indossare una mascherina da parte di persone sane in un contesto di comunità più ampio, possa impedire di contrarre virus respiratori, incluso Covid-19”, si leggeva in una nota, arrivando a teorizzare che “l’uso di mascherine nella comunità può creare un falso senso di sicurezza, con l’abbandono di altre misure essenziali, come le pratiche di igiene delle mani e il distanziamento sociale”. Una posizione che che subito sollevato i dubbi di Roberto Burioni, mentre il docente dell’Università di Padova, Andrea Crisanti, non ha esitato a definire l’Oms “un baraccone che va smontato”. Senza dimenticare l’opera di dissuasione contro l’impiego dei tamponi in maniera massiva, suggerendo di fare i test “solo ai sintomatici”. Una degna evoluzione dell’iniziale sottovalutazione del Coronavirus: solo nel marzo 2020 c’è stata la dichiarazione ufficiale di pandemia. Quando ormai molti Paesi avevano assunto da soli le misure richieste.