Così la Germania di Hitler arrivò all’Omocausto

Marco Fraquelli
25/03/2023

La morte di Lucy Salani sopravvissuta a Dachau richiama alla memoria la tragedia dei gay trucidati dai nazisti. Una vicenda di disumana violenza che ribaltò la realtà di una Germania fino ad allora considerata patria dei movimenti per i diritti degli omosessuali. La storia.

Così la Germania di Hitler arrivò all’Omocausto

Si sa, anche per sua diretta testimonianza, che Lucy Salani, decana del transessualismo italiano e storica attivista dei diritti civili LGBT, mancata alcuni giorni fa alle soglie dei 99 anni, da giovane omosessuale e antifascista dovette affrontare una vita molto difficile («terribile» l’ha definita lei stessa) durante il Ventennio. E si sa anche che, dopo aver disertato, venne deportata, nel 1944, nel campo di Dachau, da cui riuscì, si può dire miracolosamente, a uscire viva. Il documentario C’è un soffio di vita soltanto, di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, ne ha raccolto la testimonianza, e dalle sue parole emerge tutto l’orrore subito a Dachau, confermando le condizioni particolarmente drammatiche di violenza e angheria che gli omosessuali dovettero subire nei campi di sterminio, prevalentemente Buchenwald, Sachsenhausen, Dachau e Orianenburg, prima di essere uccisi in quello che gli storici hanno definito, con un termine suggestivo, come Omocausto.

Lucy Salani è morta. Unica trans sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti
Lucy Salani (Facebook)

L’Omocausto, un orrore senza cifre attendibili

Le prime deportazioni iniziarono già nel 1933 e nel 1936 i gay (il fenomeno riguardava quasi esclusivamente gli omosessuali maschi, più facili da individuare) vennero indicati con un triangolo rosa, proprio per ridicolizzarne la mancata mascolinità attraverso il colore tipico delle ragazzine.  Difficile, tuttavia, anche, bisogna dirlo, per la mancanza di studi storici approfonditi sulla materia, stabilire il numero più o meno esatto delle persone omosessuali uccise nei campi nazisti: si va da una stima di 6 mila fino a qualche centinaio di migliaia. Più condiviso, purtroppo, è il dato qualitativo, ovvero quello sulle terribili torture e violenze perpetrate ai danni dei gay internati. Trattamenti persino peggiori di quelli riservati ad altri prigionieri. Tanto che, come ha scritto qualcuno, se non si hanno precisi riferimenti quantitativi sul drammatico fenomeno, ciò è in parte dovuto anche al fatto che numerosi omosessuali preferirono dichiararsi comunisti o ladri, piuttosto che dover sottostare alle violenze riservate alla loro categoria.

I folli esperimenti per modificare la natura sessuale dei deportati gay

Le persone omosessuali erano considerate al gradino più basso nella gerarchia dei deportati, e nei loro confronti venne attuata ogni sorta di angheria, violenza, punizione. Furono sottoposte ai lavori più duri e pesanti, pensando che ciò avrebbe cambiato le loro inclinazioni, o, perlomeno, le potesse indebolire a tal punto da fiaccarne ogni pulsione erotica, e persino a terribili esperimenti medici con il delirante obiettivo di poterne modificare la natura sessuale. E furono anche le prime a essere eliminate, perché giudicate del tutto inutili, soprattutto alle esigenze riproduttive del Reich, come bene testimonia uno “storico” discorso che, nel 1937, Heinrich Himmler, capo delle SS, tenne, a porte chiuse, di fronte a una vasta platea di alti papaveri nazisti, e intitolato – significativamente – “Pericoli biologici e razziali dell’omosessualità”.

Così la Germania di Hitler arrivò all'Omocausto
Abiti e oggetti dei deportati a Dachau (Getty Images).

I paladini tedeschi (e conservatori) dei diritti gay tra 800 e 900

Ci si potrebbe chiedere come si fosse arrivati a una persecuzione così violenta. Certo, quando si parla di nazismo c’è poco da chiarire (e da capire), ma il caso della repressione degli omosessuali merita qualche considerazione, tanto più se si considera che proprio in Germania, tra inizio secolo e fino ai primi Anni 30, sostanzialmente sotto la Repubblica di Weimar, ma non solo, si erano manifestati fenomeni pionieristici nella difesa dei diritti omosessuali. Senza contare, per esempio, che già a inizio ‘900, Berlino rappresentava una sorta di “mecca”, piena di bar, locali, circoli, club, pubblicazioni omosessuali, capace di attrarre gay e lesbiche da ogni parte di Europa. Peraltro, va anche detto che i principali attivisti gay erano persone di formazione del tutto conservatrice, per esempio Karl Heinrich Ulrichs, avvocato e giornalista, che, nel 1867, di fronte ai membri della Società tedesca degli avvocati, riuniti a congresso a Monaco, osò dichiarare pubblicamente la sua omosessualità, invocando l’abrogazione delle leggi repressive (il famigerato paragrafo 175 del Codice prussiano) o Magnus Hirschfeld, medico e gay, che, nel 1897, crea un Comitato scientifico e umanitario, fondendo numerosi movimenti di rivendicazione omosessuale e alcuni circoli intellettuali e, nel 1919, crea uno spazio di accoglienza per gli omosessuali, e un vero e proprio centro per prestazioni mediche, di cura, anche psicologiche, e servizi di assistenza legale. Mentre già nel 1896 Adolf Brand, giornalista e insegnante ultra conservatore e di dichiarate simpatie antisemite, aveva creato quello che viene considerato il primo periodico gay della storia, Der Eigene (L’unico o Lo speciale).

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Karl Heinrich Ulrichs.

Le tesi di Blüher sull’erotismo dei Wandervögel, predecessori della Hitlerjugend

Il vero artefice dello sdoganamento dell’omosessualità a destra è però considerato l’omosessuale Hans Blüher, giornalista e scrittore, esponente di punta di un movimento di liberazione omosessuale di estrema destra prenazista, che, nel 1912, pubblicò un saggio dedicato all’erotismo dei Wandervögel (Uccelli migratori), una sorta di movimento di boy scout e, soprattutto, antecedente immediato della Hitlerjugend. Per Blüher, era proprio l’Eros che cementava i rapporti tra i giovani e, addirittura, rafforzava la coesione del gruppo permettendo di selezionare i leader carismatici. Dunque, l’omosessualità andava incoraggiata per selezionare la classe dirigente, soprattutto militare. E a lui fecero eco il pedagogista Gustav Wyneken, autore, nel 1921, di un saggio nel quale si esaltava l’amore tra ragazzi, e soprattutto Erich Ebermayer che, da buon avvocato, pubblicò, nel 1926, una vera e propria arringa in favore dell’omosessualità.

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Hans Blüher.

La notte dei lunghi coltelli segnò la fine delle SA di Röhm e della “tolleranza” hitleriana

Come si arriva quindi alla clamorosa, e repressiva, inversione di tendenza? Ovviamente con la presa di potere da parte dei nazisti, ma, anche in questo caso, non si deve dare nulla per scontato, se è vero che la presenza degli omosessuali nel movimento hitleriano non era per nulla irrilevante, tanto che il braccio destro, e grande amico, del Führer, Ernst Röhm, era un omosessuale dichiarato. E le sue SA erano in tutto e per tutto un vero e proprio “ricettacolo” di gay, reclutati in base alla loro avvenenza. Il tutto perfettamente tollerato da Hitler, almeno fino al 1934, quando Röhm e lo stato maggiore del suo movimento vennero trucidati da una sorta di commando, guidato dallo stesso Führer, in quella che è passata alla storia come La notte dei lunghi coltelli. A convincere un recalcitrante Hitler a compiere il massacro erano stati gli altri gerarchi nazisti, invidiosi di Röhm ma, soprattutto, spaventati dalla prospettiva che si potesse creare una specie di diarchia, con il potere politico affidato a Hitler e quello militare al suo braccio destro.

Così la Germania di Hitler arrivò all'Omocausto
Ernst Röhm (Getty Images).

Eliminare gli omosessuali per il bene della razza

L’omosessualità, dunque non c’entrava nulla, ma costituì una formidabile motivazione, tanto che Hitler dichiarò, alla radio, di aver dovuto liquidare Röhm e le sue SA perché i loro comportamenti sessuali stavano minacciando l’onore morale della Germania. Da quel momento, prese avvio la repressione omofoba che caratterizzò sempre di più il regime nazista. Non a caso, pochi giorni di distanza dall’eccidio, venne organizzato, a Zurigo, dalla Federazione Internazionale delle Organizzazioni Eugenetiche, un convegno, nel quale ebbe modo di mettersi in luce Rudolf Klare, giurista, esperto del partito nazista per la questione omosessuale. E sarà proprio Klare, tre anni dopo, a sistematizzare (pare su indicazione diretta di Himmler) il suo pensiero omofobo in un libro molto diffuso: Omosessualità e diritto penale, la cui tesi centrale era la necessità della purificazione perfetta del popolo tedesco attraverso l’eliminazione fisica degli omosessuali che, con la loro degenerazione, attentavano costantemente alla salvaguardia della purezza razziale. Era l’anticamera dell’Omocausto.