Torcia delle mie brame

Redazione
23/07/2021

Il design della fiaccola olimpica e la scelta dei tedofori dicono molto del Paese che ospita i Giochi. Una carrellata nella storia, dalla Germania nazista fino a Tokyo 2020.

Torcia delle mie brame

A causa delle restrizioni imposte dalla pandemia, quest’anno il rito della torcia olimpica si è trovato costretto a un compromesso che lo ha portato a barattare la tradizione con la sicurezza. Mentre nelle edizioni precedenti, la fiaccola veniva portata dai tedofori che, partiti da Olimpia (dove viene tradizionalmente accesa dalla luce del sole con uno specchio riflettente), erano abituati a passarsela di mano in mano fino a raggiungere la città che avrebbe ospitato la manifestazione, a Tokyo ci si è dovuti accontentare di cerimonie (e gare) senza pubblico e spostamenti contingentati a bordo di aerei e automobili. Dei cammelli e degli spettacolari lanci in paracadute degli anni passati non è rimasta alcuna traccia.

la storia della torcia delle olimpiadi
L’ultima staffetta della torcia olimpica a Berlino nel 1936 (Getty Images).

La staffetta della fiaccola olimpica nacque solo nel 1936

Per quanto, sin dall’antichità, la fiamma sia sempre stata una componente fondamentale delle Olimpiadi, la staffetta è relativamente moderna. «Nell’antichità non era previsto un vero e proprio percorso, almeno per come lo concepiamo noi oggi, sebbene fosse ovviamente predisposto l’altare dove sarebbe rimasta accesa sino alla conclusione della manifestazione», ha spiegato alla Bbc lo storico dello sport Philip Barker, autore del saggio The Story of the Olympic Torch. A inaugurare questa pratica, infatti, non furono i greci ma i tedeschi. Per la controversa edizione dei Giochi estivi del 1936, infatti, il responsabile Carl Diem organizzò il primo viaggio della fiaccola che, partendo da Olimpia, sarebbe arrivata a Berlino passando per Atene, Sofia, Belgrado, Budapest, Vienna e Praga. Per un totale di 12 giorni e circa 2000 miglia (più o meno 3.200 km). L’evento voleva mostrare al mondo la supremazia crescente della Germania nazista e ribadire la superiorità della razza ariana con la scelta, come ultimo tedoforo, del corridore Fritz Schilgen, giovane e biondissimo.

 

storia della torcia olimpica dall'antichità a Tokyo 2020
La torcia alla cerimonia di apertura della 11esima edizione dei Giochi a Berlino il 1 agosto 1936 (Getty Images).

A Londra le prime Olimpiadi del Dopoguerra

Dopo lo stop all’evento imposto dalla Seconda Guerra mondiale, la staffetta tornò con le prime Olimpiadi del Dopoguerra, quelle di Londra nel 1948. «La gente si svegliava alle due, alle tre del mattino per ammirarla», ha sottolineato Barker. «Al tempo, l’Inghilterra si stava ancora riprendendo dalle ferite della guerra e ospitare i primi Giochi dopo il conflitto ha contribuito notevolmente a risollevare gli animi».

la storia della Torcia olimpica
La lanterna che ha conservato la fiamma olimpica dopo l’annuncio del rinvio delle Ollimpiadi (Getty Images).

La torcia di Tokyo 2020 ispirata a un disegno di un bambino di Fukushima

Nel corso degli anni, i percorsi sono cambiati, ogni città li ha adattati alle proprie esigenze, approfittando dell’esposizione mediatica per reclamare con orgoglio l’identità nazionale. Anche attraverso un lavoro certosino sul design della torcia, in genere scelto e definito dal comitato che si occupa dell’organizzazione. «È uno strumento per mostrare al mondo un particolare, una caratteristica del Paese», ha aggiunto Barker. I modelli che si sono susseguiti sono stati tutti curati nei minimi particolari: alcuni hanno voluto richiamare la classicità, come quello di Roma nel 1960 (l’ultimo tedoforo fu Giancarlo Peris).

 

storia della torcia olimpica dall'antichità a Tokyo 2020
L’attrice greca Xanthi Georgiou accende la torcia olimpica a marzo 2020 (Getty Images).

Altri, invece, hanno celebrato le bellezze locali, come quello di Sidney 2000 che replicava l’architettura pulita e armonica dell’Opera House o quello di Rio, nel 2016, creato per omaggiare le particolarità del paesaggio brasiliano. Fino all’ultimo, quello di Tokyo 2020, firmato dal designer giapponese Tokujin Yoshioka che ha detto di essersi ispirato al disegno di un bambino dell’area di Fukusjima. La torcia – dal peso di 1,2 chilogrammi e lunga 71 centimetri – è stata realizzata per il 30 per cento con alluminio riciclato dagli alloggi temporanei messi a disposizione degli sfollati dopo il terremoto e lo tsunami del 2011 e ha la forma del fiore di ciliegio, uno dei simboli del Giappone. Inoltre è  interamente ricoperta di oro rosa.