Complici premiazioni, interviste e la presenza costante delle telecamere, nelle Olimpiadi appena concluse è stato impossibile non notare le coloratissime unghie sfoggiate da molte campionesse. Dalla tonalità dello smalto alle ricercate decorazioni, per le sportive la nail art è tutto tranne che frivolezza. Per qualcuna si tratta di un rito scaramantico da ripetere prima di una gara, per altre il modo omaggiare la propria terra o quella ospitante. In certi casi addirittura un manifesto.
Nail art, un boom trasversale
Se, inizialmente, la manicure audace era riservata a poche coraggiose, oggi il boom è trasversale. Al punto da spingere il comitato organizzativo a predisporre, nei vari villaggi, appositi angoli con estetiste specializzate per dare forma alle idee di nuotatrici, pallavoliste e ginnaste. Persino quest’anno, nonostante i protocolli di sicurezza e le restrizioni imposte dal Covid, il Cio ha dato il via libera per l’allestimento di un salone. E a guardare dai TikTok condivisi dai protagonisti della manifestazione, ha riscosso parecchio successo. Secondo Emily Gilmour, la nail artist che, in occasione delle Olimpiadi di Tokyo, ha curato le mani della velocista inglese Dina Asher-Smith, bronzo nella staffetta 4×100 femminile, l’attenzione per le unghie «nasce dal desiderio di molte di spiccare nella moltitudine». Se, in alcuni casi il gesto raggiunge l’obiettivo senza causare particolare chiacchiericcio, in accende grosse polemiche. Accade quando dietro le unghie si celano messaggi poltici, magari contrari ai re. Nel 2013, ad esempio, in occasione dei campionati del mondo di Mosca, l’altista svedese Emma Green Tregaro ha usato una manicure arcobaleno per protestare contro il divieto del governo russo di diffondere qualsiasi messaggio riferito al mondo LGBTQ+. Per evitare squalifica e multa, fu costretta a ridipingerle di rosso.
Seoul 1988, all’origine della nail art olimpica
A inaugurare la tradizione della nail art olimpica è stata Florence ‘Flo-Jo’ Griffith Joyner, scattista americana con un diploma da onicotecnico e trendsetter d’antan in fatto di unghie. La sua leggendaria performance alle Olimpiadi di Seoul nel 1988 (vinse due ori individuali nei 100 e 200 metri piani e uno di squadra nella 4×100) fu impreziosita da una manicure entrata nella storia. Le mani, già messe ben in evidenza da un alternarsi di rosso, blu, oro e bianco, brillavano grazie a cristalli luminosi applicati meticolosamente sulla punta delle dita. «Ogni volta che nei 100 o 200 metri fa la sua comparsa una donna con un look curato, dai capelli alle unghie, a chiunque viene subito in mente Florence», ha dichiarato il marito in un’intervista alla Cnn qualche anno dopo la sua morte, avvenuta nel 1998. Da allora, schiere di eredi hanno seguito i passi di Griffith Joyner, dando sfogo al proprio estro. Come la nuotatrice di Hong Kong Camille Cheng che, optando per una ricostruzione in gel, quest’anno ha dato libero sfogo alla sua fantasia decorando ogni dito in maniera diversa: il fiore Bauhinia simbolo di Hong Kong, i cinque cerchi, la bandiera giapponese e altri disegni dedicati al nuoto il nuoto. «Volevo trovare un compromesso tra gli elementi più importanti dell’esperienza e questa scelta mi è sembrata la soluzione migliore», ha spiegato alla Cnn. Come lei molte altre colleghe hanno lasciato spazio allo spirito patriottico, dalla tennista Belinda Bencic (che ha ricordato la Svizzera con una manicure rossa e bianca) alla giovanissima skater Rayssa Leal, che ha trasferito i colori del Brasile sulle unghie. Ma c’è stato anche chi ha preferito proclami molto più discreti. È il caso di Naomi Osaka, che si è concessa solo un delicato strato di smalto sulle estremità, senza simboli o riferimenti espliciti.
Unghie multicolor per attirare la buona sorte
Oltre il patriottismo, spesso la nail art diventa anche un vero e proprio talismano. La velocista britannica Asher-Smith, prima della finale della staffetta 4×100, ha chiesto a Gilmour una manicure con pagode, ciliegi e gru giapponesi. Nel folklore locale, infatti, l’uccello è un simbolo propiziatorio. «Sono fermamente convinta che la nail art possa portare fortuna», ha aggiunto l’estetista, «Non è poi così diverso dall’avere un braccialetto o una collana addosso». L’impresa più complicata non è lavorare su questi capolavori in miniatura ma far sì che resistano agli urti e agli sforzi previsti dalle gare. Ecco perché sempre più aziende hanno brevettato e lanciato sul mercato prodotti appositamente creati per le atlete e per le loro esigenze, aprendosi a una fetta di mercato di nicchia ma discretamente redditizia. Che, se assecondata con attenzione e pazienza, potrebbe riservare sorprese non indifferenti in termini di business.