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Pecunia non Oleg

Cresciuto negli anni del turbocapitalismo di Yeltsin e diventato amico di Putin, Deripaska è riuscito a imporsi come re dell’alluminio in Russia e non solo. Dal 2018 però, come altri oligarchi, è finito sulla lista nera degli Usa. E ora anche del Fbi. Il profilo.

4 Novembre 2021 13:464 Novembre 2021 13:47 Stefano Grazioli
prodilo dell'oligarca Oleg Deripaska finito nel mirino del Fbi

Oleg Deripaska ha solo 53 anni ma, tra luci e ombre, è uno dei protagonisti degli ultimi 30 anni della storia russa. La sua carriera è iniziata presto, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, quando era poco più che 20enne. Allora come oggi era importante avere fiuto negli affari e buone connection ai piani alti della politica: oligarchi non si diventa per caso. Secondo Forbes quest’anno ha un patrimonio personale di 4,6 miliardi di dollari, al 775esimo posto della classifica mondiale. Gli era andata meglio nel 2008 quando fu incoronato il più ricco di Russia e nono al mondo. Ma si sa, i tempi cambiano anche per i magnati amici di Vladimir Putin.

Deripaska e i magnifici sette di Boris Yeltsin

Deripaska in realtà all’ombra del Cremlino è arrivato ben prima che Vladimir Vladimirovic facesse la sua comparsa a Mosca, dopo essere rientrato dalla Germania Est e dopo il soggiorno a San Pietroburgo al servizio del sindaco Anatoli Sobchak. Dalla seconda metà degli Anni 90 il brillante studente di Fisica convertitosi al turbocapitalismo era uno dei cosiddetti magnifici sette alle spalle di Boris Yeltsin. Con i vari Berezovsky, Gusinsky, Potanin, Khodorkovsky, Friedman, Aven, Smolensk formava quel nucleo economico-finanziario che aveva approfittato della trasformazione postcomunista e della privatizzazioni selvagge arrivando a controllare di fatto pressoché tutta l’economia russa.

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Una volta gli oligarchi per l’Occidente erano buoni, soprattutto quando davano una mano a saccheggiare l’ex industria sovietica e si ergevano a paladini della democrazia in stile yeltsiniano, per evitare che ritornasse al potere il Partito comunista: nessuno a Bruxelles e Washington si preoccupava troppo delle manipolazioni politiche del mercato o della stampa asservita al Cremlino, per non parlare dei diritti civili e umani calpestati, le elezioni truccate e la guerra in Cecenia. Deripaska ha fatto la sua fortuna con la complicità occidentale ai tempi di Yeltsin e Putin, salvo poi entrare nel mirino della giustizia, quando la categoria degli oligarchi è passata dalla parte dei cattivi.

Così Deripaska è diventato il re dell’alluminio

Dalla fondazione nel 1993 della Vtk, la sua prima azienda che si occupava di compravendita di metalli, Deripaska ha costruito un impero mondiale e con la Rusal, creata nel 2000, è stato per un paio di decenni il re dell’alluminio, detronizzato da un paio d’anni dal gruppo cinese Hongqiao. In Russia è riuscito a passare da Yeltsin a Putin senza scossoni, adattandosi, come quasi tutti, alle nuove regole del Cremlino che hanno previsto da subito l’assenza di interferenze dei poteri forti economici nella politica. Chi non le ha accettate è finito temporaneamente in Siberia, come Mikhail Khodorkovsky. Oleg Deripaska è insomma il prototipo dell’oligarca russo, scaltro e flessibile, che ha saputo trasformarsi nel corso degli anni da predatore in manager in doppio petto, guardando sempre ai propri interessi, sapendo però trattare con tatto sulla scacchiera politica nazionale e internazionale. In Russia gli è stato facile, anche per questioni familiari, dato che ai tempi della sua ascesa era compagno e poi marito, sino al 2017, di Polina Yumasheva, figlia di Valentin, potente capo dell’Amministrazione presidenziale ai tempi di Yeltsin e ancora oggi uno degli advisor di Putin. Mentre tra Europa e Stati Uniti è stata soprattutto la potenza di fuoco di Rusal ad aprirgli tutte le porte.

chi è oleg deripaska il re dell'alluminio russo finito nel mirino del Fbi
Perquisizioni del Fbi nell’abitazione di Deripaska a Washington (Getty Images).

I guai con la giustizia Usa e con il Fbi

La crisi in Ucraina tra Russia e Occidente ha però cambiato le carte in tavola. Dal 2014 Mosca e Washington sono entrate in rotta di collisione e a farne le spese sono stati ovviamente anche gli oligarchi, che da buoni sono passati ad essere appunto cattivi. Fino a essere sanzionati, anche per le presunte interferenze del Cremlino nella campagna elettorale statunitense del 2016. Deripaska, accusato di avere legami con Paul Manafort, l’ex manager della campagna di Donald Trump accusato di frode che ha scontato un periodo in carcere, è finito nel mirino della giustizia Usa nel 2018 e alla fine di ottobre alcune sue proprietà negli States, tra cui una lussuosa villa a Washington, sono state perquisite dal Fbi anche se al momento i motivi non sono ancora chiari. Un segnale diretto non solo a Deripaska ma anche all’amico Vladimir Putin.

 

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