Il nucleare in Italia: una storia travagliata, controversa, fatti di innamoramenti e abbandoni e poi riappacificazioni fugaci. Gli ultimi in ordine di tempo sono stati il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani e il leader della Lega Matteo Salvini. Entrambi, pur con toni e modalità diversi, si sono mostrati favorevoli a una possibile riapertura delle discussioni sull’energia nucleare in Italia. Tra l’altro, sapendo che a due passi da noi le centrali ci sono, sono attive e vendono parte dell’energia che noi acquistiamo.
La costruzione delle centrali elettriche e i referendum
Tra il 1958 e il 1977 in Italia vennero costruite quattro centrali per la produzione di energia nucleare. A Borgo Sabotino (LT), a Sessa Aurunca (CE), a Trino (VC) e a Caorso (PC). Nel 1964 la centrale di Latina iniziò a lavorare a regime. I problemi, però, iniziarono ad emergere verso la fine degli anni ‘70. Nel 1982 l’impianto di Sessa Aurunca venne prima fermato per motivi di sicurezza e poi definitivamente chiuso. Nel 1986, poi, si verificò il drammatico incidente di Chernobyl che scatenò una crescente ondata di contrarietà contro il nucleare. Nel 1987 vennero indetti tre quesiti referendari non tanto per abrogare il nucleare ma per abolire gli oneri di compensazione. Il risultato fu che tra il 1988 e il 1990 i tre governi che si succedettero (Goria, De Mita e Andreotti) posero fine all’esperienza.
La ripresa del dibattito
Tra il 2008 e il 2011 si sviluppò un movimento di pensiero favorevole alla reintroduzione del nucleare in Italia, complice l’incremento dei prezzi dell’energia elettrica. Il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola proposte la costruzione di dieci nuovi reattori, ma il nuovo referendum del 2011 bloccò sul nascere qualsiasi possibilità in proposito.
L’opposizione di Milano Unita
«Non si capisce davvero il senso dell’uscita di Salvini, soprattutto in un momento come questo: siamo ancora in un periodo caratterizzato dalle sofferenze legate al Covid e all’emergenza sanitaria, e sappiamo quanto il nostro territorio abbia sofferto. Si sa che è esistito un legame tra diffusione del Covid in Lombardia e l’inquinamento atmosferico della regione: non si sente quindi davvero la mancanza di una centrale nucleare in Lombardia, si pensi piuttosto alla salute delle persone e alla qualità delle nostre vite. Senza dimenticare che la volontà popolare in Italia si è già espressa nettamente contro la scelta nucleare». Così i capilista di Milano Unita alle prossime Comunali, Paolo Limonta e Elena Lattuada, commentano l’uscita pro nucleare in Lombardia del leader della Lega Matteo Salvini che ha poi trovato sponda nei vertici di Regione Lombardia.
«Milano Unita propone al contrario di impegnarsi ancora di più nello sviluppo delle energie rinnovabili e mandare un segnale di impegno a favore serie politiche verdi, soprattutto alla vigilia di un appuntamento importante per Milano come la Pre-Cop 26» hanno proseguito Lattuada e Limonta, ricordando che la conferenza di preparazione al vertice Onu si terrà nel capoluogo lombardo dal 30 settembre al 2 ottobre e che i lavori saranno introdotti dal sindaco Giuseppe Sala.