Standard di eccellenza costruiti in oltre 200 anni e incrinati da due recenti episodi. È quanto succede da qualche settimana a questa parte alla Normale di Pisa, ateneo ultra-esclusivo fondato nel 1810 che consente ogni anno, a 80 studenti selezionati dopo rigorosissimi test di ingresso, di formarsi in uno dei poli migliori d’Italia. Prima, le accuse all’ateneo di tre studentesse neo-diplomate (Virginia Magnaghi, Valeria Spacciante e Virginia Grossi) di aver – in sintesi – trasformato l’istituzione in «un’università-azienda» inseguendo solamente «la logica del profitto» e inasprendo le disuguaglianze territoriali e di genere. Poi, l’articolo del Corriere della Sera del 9 agosto in cui si ripercorre la sconfortante vicenda, in corso da 11 anni, della mancata assegnazione della cattedra di archeologia.
Normale di Pisa, la cattedra di archeologia che non c’è
Gian Antonio Stella, editorialista del quotidiano di Via Solferino, ha ripercorso in un lungo articolo la vicenda iniziata tra il 2009 e il 2010, con il pensionamento di Paul Zanker e Salvatore Settis, ordinari di Storia dell’arte antica e di Storia dell’arte e dell’archeologia classica. Il primo bando per assumere un titolare del dipartimento di archeologia viene pubblicato solo nel 2013, ma un sostituto non si trova e per colmare il vuoto viene “promosso” un ricercatore né ordinario né associato, Gianfranco Adornato. Nel 2017 il nuovo rettore dell’ateneo pubblica un altro bando, a spuntarla è l’archeologa Maria Luisa Catoni. La cui nomina, però, viene bloccata dalle numerose «lettere anonime e avvelenate» (scrive Stella) inviate al rettore Vincenzo Barone. Catoni ricorre al Tar e vince, a novembre 2020 viene confermata. Ma, poco dopo, l’ateneo bandisce «un nuovo posto per un professore di seconda fascia cucito apposta, filo su filo, per Gianfranco Adornato, il “supplente” da anni al lavoro». Catoni, a quel punto, rinuncia per non essere stata consultata nella scelta, e archeologia aspetta ancora un titolare.
Normale di Pisa, il discorso delle studentesse neo-diplomate
C’è poi l’episodio di fine luglio, in cui le tre studentesse scelte per parlare durante la cerimonia di consegna dei diplomi hanno – a sorpresa – rivolto durissime critiche all’ateneo. Accusato di aver perseguito la «deregolamentazione delle condizioni contrattuali del personale esternalizzato di mensa e biblioteca», di aver «ormai rinunciato da anni ad una presa di posizione nel dibattito pubblico», mettendo in secondo piano l’impegno civico dei docenti rispetto «alla produzione scientifica». Ma anche di non aver prestato particolare attenzione «alla disparità tra uomini e donne nell’accesso alla carriera accademica», e di aver perseguito l’«obiettivo perverso» di abituare i suoi studenti, sin da subito, alla competizione eccessiva e alla produttività come unico fine. Storie diverse, ma per certi aspetti molto “italiane”, non proprio all’altezza della nomea della Normale.