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Legge Severino, Nordio: «Condannati in primo grado possano candidarsi»

Secondo lui l’incandidabilità dovrebbe scattare dopo la sentenza di Appello. Inoltre, «la norma non può essere applicata retroattivamente perché è pur sempre un provvedimento afflittivo».

12 Dicembre 2022 10:30 Debora Faravelli
Carlo Nordio ha espresso l'esigenza di modificare la Legge Severino e l'utilizzo dello strumento delle intercettazioni.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha affermato che occorre far sì che la norma sull’incandidabilità, contenuta nella Legge Severino, non venga applicata ai condannati in primo grado: altrimenti, ha spiegato, la misura confliggerebbe con la presunzione di innocenza. Lo stesso ha inoltre invocato modifiche sull’utilizzo delle intercettazioni.

Nordio sulla legge Severino

Intervistato dal Corriere della Sera, il guardasigilli ha dichiarato che, secondo lui, l’incandidabilità dovrebbe scattare dalla sentenza di appello in poi – se anche per chi ha commesso reati gravi si può discutere. «Certamente la norma non può essere applicata retroattivamente perché è pur sempre un provvedimento afflittivo, visto che chi è in carica vuole rimanerci», ha aggiunto. Su questo punto, ha continuato, ci sono idee trasversali diverse e occorre fare un dibattito trasparente e senza pregiudizi.

Carlo Nordio (Getty Images)

Le intercettazioni

Nordio è poi tornato sul tema intercettazioni, già toccato qualche giorno prima in Senato. Il ministro ha sottolineato che «va rimodulata la norma per conciliare il diritto all’informazione dei cittadini e quello dei singoli a non veder divulgate notizie segrete e intime che li riguardano». Al netto di quelle per reati di mafia e terrorismo, che per lui non vanno toccate, la norma va modificata: «C’è un problema di divulgazione e uno puramente economico, perché vengono spesi centinaia di milioni che potrebbero essere utilizzati per altro, e producono pochi risultati».

Carlo Nordio (Getty Images)

A chi gli ha chiesto se non bastino le modifiche appena effettuate in modo restrittivo, ha risposto che, se intercettazioni estranee al reato e che coinvolgono fatti privati finiscono sui giornali, evidentemente non basta. E poi, ha aggiunto, devono essere uno strumento di indagine e non una prova. «Siamo apertissimi a cercare un punto d’incontro tra diritto all’informazione e limiti alla graticola mediatica. Sono pronto ad aprire un tavolo di confronto tra rappresentanti dell’Anm, dell’avvocatura e del giornalismo», ha concluso.

 

 

 

 

 

 

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