Stupri, aborti forzati, incarcerazioni senza processo, torture, razioni da fame. E tante esecuzioni extragiudiziali, Tutto questo è la regola, e non l’eccezione, nelle carceri nordcoreane. Lo rivela un dossier pubblicato dalla ong Korea Future, basato su interviste a centinaia di sopravvissuti, testimoni e autori di abusi che sono fuggiti dal Paese, insieme a documenti ufficiali, immagini satellitari, analisi architettoniche e modellazione digitale delle strutture penitenziarie.
Mappate 206 strutture grazie alle immagini satellitari
«Paragonabile al Gulag sovietico, il sistema penale nordcoreano non ha l’obiettivo di riabilitare le persone condannate dai tribunali in strutture sicure e umane. Né il suo scopo è diminuire la recidiva e aumentare la sicurezza pubblica», si legge nel report dell’organizzazione non governativa Korea Future, che ha uffici a Londra, Seoul e L’Aia e si occupa di questioni relative ai diritti umani in Corea del Nord. «Il suo obiettivo è isolare dalla società le persone il cui comportamento è in conflitto con il mantenimento del potere da parte del leader supremo, Kim Jong-un». Korea Future ha utilizzato testimonianze e immagini satellitari per mappare 206 strutture di detenzione, in ogni provincia della Corea del Nord, in cui gli abusi vengono perpetrati personalmente da funzionari di alto rango, come i maggiori generali.

Le drammatiche testimonianze degli ex detenuti
Tra i casi evidenziati ci sono quelli di tre persone incarcerate dopo aver tentato di attraversare il confine. Uno dei tre detenuti, una donna, ha raccontato di essere stata costretta ad abortire quando era incinta di quasi otto mesi. Un altro ha detto di essere stato nutrito con appena 80 grammi di mais al giorno, dieta da fame che lo ha visto scendere da 60 a 37 chilogrammi in un mese, costringendolo a integrare con scarafaggi e persino roditori. Un terzo ha raccontato di essere stato costretto a mantenere posizioni di stress fino a 17 ore al giorno, una tortura durata anch’essa un mese. Altri sopravvissuti, che hanno parlato con la CNN, hanno raccontato di essersi nutriti di mangimi per animali, di aver subito gravi percosse e di aver assistito durante la detenzione a una serie di stupri.
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Come sottolineano gli investigatori di Korea Future e delle Nazioni Unite molti detenuti, nati e cresciuti in un regime repressivo come quello della Nord Corea, non hanno alcun concetto di “diritti umani” e per cui hanno difficoltà a inquadrare la loro esperienza, finiti dietro le sbarre. Solo una volta usciti dalle carceri, per quanto disumanizzati, riescono a elaborare quanto accaduto. A capire, insomma, di essere stati torturati e non giustamente puniti per dei comportamenti sbagliati. Una ex detenuta, parlando con la CNN, ha ricordato il periodo trascorso con altre prigioniere in una cella di due metri quadrati: «Non potevamo muoverci né parlare, dovevamo sederci con le mani lungo i fianchi e guardare in basso». Quanto al cibo, mais mescolato con crusca di riso: in pratica mangime per animali. Un altro detenuto, arrestato più volte per defezione tra il 2000 e nel 2017, dopo aver attraversato il confine con la Cina per cercare lavoro, ha parlato alla CNN di condizioni migliori rispetto al passato, pur avendo assistito in tempi recenti a ripetuti stupri da parte delle guardie carcerarie: «Prima dovevamo strisciare per terra, nel 2017 potevamo camminare, tenendo la schiena piegata a 90 gradi». Lo stesso ex detenuto ha raccontato di celle di sei metri quadrati da condividere in cinque. Ma almeno, ha detto, l’ultima volta che è finito in prigione ha ricevuto delle coperte e persino cibo migliore, non solo zuppe insapori.

Gli abusi sono la regola sia nelle colonie penali che nelle prigioni ordinarie
Questi abusi, spiega il dossier, vengono perpetrati sia nei “kwalliso”, ossia le colonie penali utilizzate per la rieducazione dei prigionieri politici (sarebbero 120 mila secondo gli Usa), sia nei campi di prigionia per così dire ordinari, noti come “kyohwaso“, così come in altri istituti penali. E sarebbe proprio nei kyohwaso che si verificherebbero in maggior numero: ormai, spiegano i testimoni, in Corea del Nord sono finiti dietro le sbarre talmente tanti prigionieri politici che i “vecchi” kwalliso non bastano più. Da una parte e dall’altra, in ogni caso, la rieducazione dei condannati passa da lavori forzati, istruzione ideologica e punizioni brutali. Come ha spiegato James Heenan, rappresentante dell’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite a Seul, gli abusi si possono essenzialmente dividere in quattro tipologie. Ci sono persone detenute arbitrariamente o al termine di processi farsa. In secondo luogo, ci sono detenuti torturati o sottoposte ad altre forme di maltrattamento legate a salute, cibo e servizi igienico-sanitari, praticamente equivalenti a torture. La terza violazione dei diritti umani in Nord Corea è rappresentata dalle esecuzioni extragiudiziali in carcere. E poi c’è il lavoro forzato, che avviene in condizioni disumane e solo per il profitto dello Stato. È questa la violazione dei diritti umani più diffusa.
End
Our thanks to the survivors and to our consultants and partners who assisted this ongoing investigation
— Korea Future | 한미래 (@KFuturexhr) March 24, 2023
L’isolamento autoimposto dal Paese eremita, persino accentuato dal Covid, rende difficile verificare la veridicità dei resoconti. Molte persone mandate nei campi di prigionia vi rimangono poi fino alla morte: ciò fa sì che le testimonianze dirette siano complicate da ottenere, da sempre. Tuttavia, le condizioni dei prigionieri delineate nel rapporto sono in linea con i risultati delle Nazioni Unite. Da parte sua, Pyongyang da sempre nega le accuse di violazioni dei diritti umani, nelle sue prigioni o altrove, ritrovandosi spesso a sostenere che facciano parte di una campagna di denigrazione orchestrata dagli Stati Uniti.