Chiude il ristorante Noma di Copenaghen, più volte classificato tra i migliori al mondo. Noto per menu stagionali che valorizzano i prodotti scandinavi, dalle carni di renna ai licheni, dai gamberetti neri del mare del Nord alle bacche e ai funghi, il locale diventerà un laboratorio alimentare in cui verranno sviluppati nuovi piatti e prodotti per la sua operazione di e-commerce, Noma Projects. Le sale da pranzo saranno aperte solo per pop-up periodici.
Il ristorante Noma di Copenaghen chiude
A dare l’annuncio è stato René Redzepi, chef danese di origini macedoni e titolare del ristorante numero uno al mondo nel 2021 e premiato nello stesso anno con tre stelle Michelin. La struttura, ha spiegato sui suoi social, non è più sostenibile dal punto di vista dei costi e dei ritmi di lavoro. Già un anno fa, a causa del Covid, la perdita di fatturato ammontava ad un milione di euro – con il bilancio del 2021 che, per la prima volta nella storia del locale, aveva segnato una perdita netta di 230 mila euro. In più, aveva dichiarato l’uomo di recente, mantenere 100 dipendenti con gli standard richiesti dal livello della cucina e tenere i prezzi affrontabili dai clienti stava diventando impossibile.

E così, a fine 2024, il Noma sarà costretto a chiudere per almeno un paio di anni. Ma non si tratterà di una chiusura definitiva, bensì di un cambio di paradigma che porterà alla riorganizzazione dei luoghi di lavoro e dello staff. Il locale, ha spiegato Redzepi, «sarà un nuovo luogo che potremmo chiamare Noma 3.0». E ancora: «Un laboratorio gigante, una test kitchen dedicata all’innovazione alimentare e allo sviluppo di nuovi sapori».

La nuova fase del locale
In questa nuova fase, il team continuerà a viaggiare e a cercare nuovi modi per condividere il proprio lavoro. Aprirà dei pop-up del Noma in giro per il mondo, come quello aperto da poco a Kyoto, e quando avrà raccolto abbastanza informazioni farà una stagione a Copenaghen. Noma non sarà più solo un ristorante e spenderà la maggior parte del suo tempo sviluppando idee e prodotti ed esplorando nuovi progetti. L’obiettivo è quello di creare un’organizzazione durevole che faccia un lavoro dirompente sul mondo del cibo e che ridefinisca anche cosa significa fare parte di una brigata: «Un luogo in cui si impara, si corrono rischi e si cresce». In questo contesto, il ruolo di Redzepi diventerà qualcosa di più vicino al chief creative officer che allo chef.