Come ogni anno, l’assegnazione del Premio Nobel per la letteratura divide e crea discussioni. Nel 2021 il riconoscimento è andato al tanzaniano – ma cittadino britannico – Abdulrazak Gurnah per il suo impegno nel trattare temi legati agli effetti del colonialismo e al dramma dei rifugiati. Una sorpresa, considerando che si tratta di un autore che ha ricevuto pochi altri premi importanti, e che in Italia è davvero poco conosciuto.
Ancora una volta, quindi, sono rimasti delusi i fan dei grandi scrittori contemporanei, che da anni aspettano il riconoscimento per il proprio autore di riferimento. E c’è da dire che, spesso, l’Accademia svedese ha deciso di premiare personaggi per varie ragioni controversi, da Bob Dylan nel 2016 (non uno scrittore in senso stretto, e tra l’altro non lo ha mai ritirato), a Peter Handke nel 2019, duramente criticato per la sua vicinanza all’ex presidente serbo Slobodan Milosevic (e infatti le famiglie delle vittime del genocidio di Srebrenica protestarono formalmente). Per gli amanti di Haruki Murakami o Michel Houellebecq, per fare due nomi tra chi puntualmente finisce tra i “papabili”, ci sarà ancora da aspettare. Ma non solo, perché sono tanti gli scrittori del passato che avrebbero meritato di vincerlo ma non ci sono riusciti. Da Lev Tolstoj, candidato già per il primo Nobel del 1901, a Philip Roth, morto nel 2018: ecco alcuni dei grandi delusi del riconoscimento più prestigioso al mondo.
Gli scrittori più famosi a non aver vinto il Nobel
Da Tolstoj a Joyce, quanti grandi autori senza premio
Avrebbe potuto vincerlo già il primo anno, nel 1901, ma a Lev Tolstoj fu preferito Sully Prudhomme: niente da fare, quindi, per lo scrittore di Anna Karenina e Guerra e Pace, morto a 82 anni nel 1910 senza una “medaglia” che avrebbe ampiamente meritato. Basti pensare che, da oltre 100 anni, i suoi libri sono ancora letti e tradotti in tutto il mondo, a differenza delle opere del poeta francese che gli sottrasse il primo Nobel della storia. Non deve essere un premio particolarmente indicato per gli scrittori di opere monumentali: nel 1913 Marcel Proust pubblicò il primo dei sette volumi di Alla ricerca del tempo perduto (tre dei quali usciranno dopo la sua morte, avvenuta nel 1922), lavoro biblico che però non impressionò gli accademici di Stoccolma. Discorso simile anche per James Joyce e il suo Ulisse, uscito nel 1922: arrivò in America solo negli Anni 60, ma l’irlandese morì molto prima, nel 1941. In tempo però per veder vincere due suoi conterranei: William Butler Yeats (1923) e George Bernard Shaw (1925). Nulla da fare anche per George Orwell con i suoi 1984 e La fattoria degli animali.

Virginia Woolf e le altre donne senza Nobel
A proposito dell’Ulisse. Virginia Woolf si rifiutò di pubblicare il libro con la sua casa editrice Hogarth perché «prima c’è un cane che piscia, poi c’è un uomo che caca: si può essere monotoni anche su questi argomenti». Anche la scrittrice inglese, però, non ha mai vinto il Premio, per quanto negli Anni 30 la sua vittoria sembrava quasi scontata. La prima donna a conquistarlo fu invece l’americana Pearl S. Buck nel 1938, già vincitrice del Pulitzer sei anni prima. L’autrice de La signora Dalloway non è stata però l’unica scrittrice a rimanere a bocca asciutta: l’Accademia svedese non ha mai preso in considerazione la candidatura di Simone De Beauvoir, preferendole invece il compagno di vita Jean-Paul Sartre. Che, polemicamente, rifiutò il premio assegnatogli nel 1964. Un posto in questa classifica lo merita anche l’italiana Elsa Morante, che con L’Isola di Arturo (1957) è diventata la prima donna a vincere lo Strega e con La storia (1974) ha scritto uno dei migliori 100 libri di tutti i tempi, secondo l’Accademia norvegese del libro. Premi non sufficienti però per aggiudicarsi il Nobel.

Da Murakami a Roth, gli autori contemporanei rimasti a bocca asciutta
Detto che stilare una classifica completa sarebbe praticamente impossibile, nel corso degli anni non lo hanno vinto José Luis Borges, Alberto Moravia (che sembrava in lizza nel 1958), Vladimir Nabokov e tanti altri. Come Giuseppe Ungaretti, che quando nel 1959 seppe dell’assegnazione a Salvatore Quasimodo commentò irritato: «Un vero e proprio affronto, un insulto alla cultura italiana». Tra i più famosi non-vincitori del Premio c’è sicuramente Philip Roth, uno dei più importanti autori americani della storia, scomparso nel maggio 2018. Uno che in vita ha vinto qualsiasi premio letterario, ma non quello più ambito, al punto anche da non nascondere una certa insofferenza: «Ho sempre corso con cavalli molto veloci: William Styron, E.L. Doctorow, John Updike e Joyce Carol Oates (che pure non hanno vinto il Premio, ndr). Ma il comitato del Nobel non è d’accordo con me. Ci giudicano provinciali. Beh, provinciali saranno loro», disse nel 2013, cinque anni prima della morte. Sempre nel 2018 scomparve Amos Oz, tra i più conosciuti scrittori israeliani: il monumentale Una storia di amore e di tenebra (2002), la sua straordinaria autobiografia, si pensava gli avrebbe potuto regalare il Premio: niente da fare.
Per un Roth che non lo può più vincere ce ne sono altri che, come lui, ogni anno entrano nel toto-nomi per poi rimanere puntualmente delusi. Uno su tutti è quello di Haruki Murakami, autore giapponese di Kafka sulla Spiaggia, 1Q84, Norwegian Wood, tra le opere più acclamate degli ultimi decenni. I suoi libri sono tradotti in 50 lingue, ma per il 72 enne non è arrivato ancora (arriverà?) il tempo del Nobel. E che non se ne faccia una questione geografica, visto che nel 2017 lo ha vinto il suo connazionale – ma cittadino britannico – Kazuo Hishiguro. Quotatissimi quest’anno anche due francesi, rimasti però all’asciutto: Michel Houellebecq, autore de Le particelle elementari (1998), e Annie Ernaux, premiatissima sia in patria che all’estero con L’evento (2000), Gli anni (2008) e Memorie di ragazza (2016, Premio Strega europeo). Tra gli altri papabili, ma rimasti puntualmente senza premio, sono da citare Don De Lillo, autore del meraviglioso Underworld, e soprattutto Milan Kundera, classe 1929 e “padre” di L’insostenibile leggerezza dell’essere, considerato uno dei capisaldi della letteratura contemporanea.