Ci sono ex Nar ed esponenti di Forza Nuova, immortalati dalle telecamere sul palco di Roma e durante l’assalto alla Cigl. Ma anche uomini e donne di opposta ideologia, con un passato e un presente di sinistra. In certi casi persino radicale. I ristoratori di #IoApro, come ha detto Momi El Hawi a Non è l’Arena «ormai diventati manifestanti di professione», magistrati, agenti di polizia, portuali e autotrasportatori. L’universo no Green pass è variegato e trasversale. Lo si è visto sabato 9 ottobre, quando al netto della folle degenerazione, in piazza del Popolo erano in tanti. E con buona probabilità lo si vedrà nei prossimi giorni. A partire da domani 15 ottobre quando il Green pass sarà obbligatorio per recarsi sul posto di lavoro.
Nella maggior parte dei casi i manifestanti agiscono da privati cittadini, si mettono d’accordo sui social, Telegram – dove si contano oltre 40 canali dedicati – in testa, poi si radunano in piazza. Si autodefiniscono gli ambasciatori di una battaglia per difendere il diritto al lavoro e per questo non hanno alcuna intenzione di fermarsi.
I portuali di Trieste, in piazza attesi in 30 mila
Si fanno scudo uno con l’altro, anche a distanza, come hanno dimostrato i portuali di Trieste nei giorni scorsi, quando si era parlato per loro di un ammorbidimento delle disposizioni governative. «No, grazie», è stata la risposta. «O tutti, o nessuno». Di fronte a un gesto del genere, la solidarietà è stata immediata, la conseguenza, invece, è che domani nel capoluogo del Friuli Venezia-Giuli si ritroveranno in molti, da ogni parte d’Italia. E blocchi totali dell’attività si temono anche a Genova e Gioia Tauro. Tra gli impiegati nel porto triestino circa il 40 per cento non è vaccinato e chi lo è non è disposto ad abbandonare i colleghi e la lotta: «Non tracciateci come no vax, io sono vaccinato e credo negli effetti», ha detto a L’Espresso Stefano Puzzer, il portavoce del Coordinamento dei lavoratori portuali Trieste (Clpt), che per venerdì prevede 30 mila persone in strada. Il doppio rispetto a quelle viste a inizio settimana. Nonostante ciò fare marcia indietro, anche all’ultimo, si può: «Siamo disposti a discutere. Se il Governo prorogasse l’obbligo di Green pass al 30 ottobre, farebbe una mossa intelligente», ha affermato Alessandro Volk, componente del direttivo del Coordinamento lavoratori portuali Trieste. «Sarebbe un modo per prendere tempo e rivedere la questione, a quel punto non avrebbe senso bloccare il porto». Attività in relazione alla quale, i lavoratori comunque non verrebbero precettati, in quanto ha dichiarato il prefetto triestino Valerio Valenti all’agenzia Dire, «Non ci sono i presupposti. Non è uno sciopero, solo una protesta. Garantire l’ordine pubblico e il diritto a manifestare pacificamente, evitare che succedano disordini, visto che la partecipazione a quanto pare sarà notevole. Questo può fare la prefettura».
In piazza anche tassiti e camionisti
Con i portuali ci sono stati anche i tassisti e ci saranno i camionisti. Questi ultimi furono i primi, lo scorso 27 settembre, a lamentare l’ingiustizia del provvedimento. La protesta, marciare con le frecce accese in autostrada a trenta chilometri orari, fu giudicata un mezzo flop. Ma in poco meno di tre settimane le cose sono radicalmente mutate. E con le norme pronte a entrare in vigore, pure il loro grido ha ripreso forza. «Lamentano la disparità di trattamento con gli autotrasportatori stranieri, non sottoposti ad alcun obbligo e per questo ritenuti privilegiati», diceva a Tag43 Sergio Lo Monte, segretario nazionale di Confartigianato trasporti. Nel comparto oscillerebbe tra i 20 e i 35 mila addetti la quota di coloro che non si sono sottoposti al vaccino.
I professori, i filosofi e i magistrati no Green pass
C’è poi, la parte intellettuale, chi vede nel Green pass il tassello di un disegno più ampio, finalizzato ad eliminare di pensiero contrario a quello dominante. Lo ha scritto su Facebook Marco Rizzo, segretario del Partito comunista, commentando gli scontri di sabato: «Un dominio incontrollato verso qualunque parte del Paese manifesti dissenso si sta consolidando rapidamente. Ieri una grossa manifestazione a Roma è stata infiltrata da provocatori fascisti che hanno assaltato la sede nazionale della Cgil dove c’erano quattro (4) poliziotti a presidio di difesa».
Alessandro Barbero in relazione agli atenei aveva parlato di «obbligo assurdo», Massimo Cacciari ha definito un’ipocrisia discutere ancora di volontarietà. Quindi, il filosofo Giorgio Agamben che ha così commentato la situazione: «È possibile che i cittadini di una società che si pretende democratica si trovino in una situazione peggiore di quella dei cittadini dell’Unione sovietica». E se sulla vicequestore Nunzia Schilirò – «che non ha partecipato alla manifestazione perché ne aveva intuito la possibile degenerazione», ma non indietreggia di un centimetro rispetto sue posizioni – si è detto tutto, il nuovo uomo copertina è Angelo Giorgianni, magistrato della Corte d’appello di Messina, salito sul palco di Roma e sulle cui parole è in corso un’analisi del Csm: «Sono disposto a lasciare la toga e scegliere il popolo, pur di essere libero di parlare». Condizione in cui non si è sentito evidentemente Marco Liccione, portavoce di La variante torinese, associazione di cittadini e lavoratori anti- Green pass, che ha abbandonato in diretta la trasmissione Non è l’arena. Il giovane, chiamato a raccontare la sua esperienza in piazza sabato scorso, ha lamentato l’impossibilità di esprimere la propria opinione. Qualche minuto prima aveva accennato che entro la fine del mese dovrà lasciare l’impiego facendo intendere si trattasse di un provvedimento legato alle sue posizioni su vaccino e Green pass.
#nonelarena Il manifestante no #greenpass, Marco Liccione, protesta contro #Giletti: “Non ho potuto parlare!”. E poi abbandona la diretta.#Castellino #ForzaNuovahttps://t.co/AW7M53GnAh
— Non è l’Arena (@nonelarena) October 13, 2021