Chi avrebbe pensato di vedere accostati un giorno i Nirvana e Dante Alighieri? Eppure è accaduto. Naturalmente stiamo parlando di merchandising e non di versi. Come riporta Dazed&Confused, una erede dell’artista britannico C.W Scott Giles ha accusato il gruppo di Seattle di aver utilizzato impropriamente su tazze, portachiavi e magliette – il riferimento più immediato è alla famosa Vestibule shirt – l’illustrazione della mappa dell’Inferno di Dante contenuta in una traduzione del 1949. «I Nirvana e tutti i loro difensori hanno sostenuto con fermezza la tesi secondo cui il disegno sarebbe opera di Kurt Cobain nonostante le prove di plagio e le continue richieste di giustificare e mettere un punto a un comportamento scorretto già replicato in passato», ha sostenuto Jocelyn Bundy, nipote di Giles, «L’immagine è virtualmente identica all’illustrazione di mio nonno, è evidente». A giudicare da quanto dichiarano le due parti, pare proprio che la causa non finirà velocemente. L’Inferno, così tanto presente nei pezzi della band, continua a tormentarli anche a distanza di decenni. Ma non è la prima volta che il gruppo ha avuto a che fare con storie di plagio. Nel 2018 erano stati i rappresentanti della band ad accusare lo stilista Marc Jacobs di aver indebitamente utilizzato l’iconica emoticon sorridente con le X al posto degli occhi (sostituite dal designer con M e J, iniziali del suo nome). Nella querelle si inserì il designer Robert Fisher che rivendicò, a sua volta, la paternità della faccina sorridente. La causa è ancora in corso.