Da ormai più di due mesi è in corso in Nicaragua una durissima ondata di arresti nei confronti degli oppositori politici del Presidente Daniel Ortega. Ultimo in ordine di tempo è stato l’ex ministro degli Esteri Francisco Aguirre Sacasa, diplomatico che ha ricoperto anche il ruolo di ambasciatore negli Stati Uniti tra il 1997 e il 2002. Il suo partito, la formazione di opposizione Unità nazionale azzurra e bianca ne ha denunciato l’arresto, scrivendo sui social che Aguirre Sacasa è stato «rapito» ed è «ingiustificatamente detenuto dalla Polizia, in applicazione della incostituzionale legge 1055». Il fermo del politico, accusato genericamente di «tradimento della patria», è stato confermato dai suoi parenti, a fronte del silenzio delle forze dell’ordine.
Denunciamos el secuestro del ex canciller Francisco Aguirre Sacasa, detenido injustificadamente por la policía al aplicar la inconstitucional ley 1055.
No más presos políticos en Nicaragua, libertad para él y las más de 140 personas secuestradas.#SOSNicaragua pic.twitter.com/7xe5uMyTZp
— Unidad Nacional Azul y Blanco (@UnidadNic) July 29, 2021
La legge in questione, approvata d’urgenza lo scorso dicembre, consente alle forze dell’ordine di arrestare sommariamente qualsiasi persona accusata di aver «tradito la patria». Chi viene fermato in base alla “Legge per la Difesa dei Diritti del Popolo all’Indipendenza, alla Sovranità e all’Autodeterminazione per la Pace” non può più candidarsi per le cariche pubbliche. Come ha sottolineato il quotidiano ecuadoriano El Universo, la 1055 ha «facilitato con soli due articoli la detenzione di aspiranti alla presidenza e altri oppositori politici». Poco dopo l’arresto di Aguirre Sacasa, la polizia ha fermato anche Maria Oviedo, avvocatessa per i diritti umani e difensore degli oppositori politici nicaraguensi. A meno di quattro mesi dalle elezioni, quindi, Ortega sta facendo piazza pulita attorno a sé. Grazie alla 1055 ha arrestato ben sette candidati alla presidenza (Cristiana Chamorro, Arturo Cruz, Félix Maradiaga, Juan Sebastián Chamorro, Miguel Mora, Medardo Mairena e Noel Vidaurre), altri sei esponenti dell’opposizione, un giornalista, due ex vice cancellieri e due ex guerriglieri sandinisti dissidenti, due leader studenteschi e due leader contadini. In sostanza, Daniel Ortega non ha più ostacoli davanti alla sua terza elezione consecutiva, che gli permetterebbe di raggiungere venti anni di fila al governo, dopo averne già fatti 11 tra il 1979 e il 1990.
Chi è Daniel Ortega, il Presidente del Nicaragua
Nato nel 1945 ed educatosi nel collegio gesuita della capitale Managua, Daniel Ortega è figlio di due dissidenti politici, incarcerati per attività sovversiva dall’allora dittatore Anastasio Somoza. Dopo che anche il fratello Camilo fu ucciso in uno scontro a fuoco con i militari, al primo anno di università abbracciò la causa della rivoluzione e nel 1962 diventò dirigente del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (Fsnl), movimento marxista ispirato al guerrigliero Augusto Cesar Sandino, oppositore dell’occupazione statunitense in Nicaragua (1927-33) e dello stesso Somoza. Nel 1966 passò sei mesi a Cuba per addestrarsi alla guerriglia ma un anno dopo, tornato in patria, fu arrestato e condannato a 30 anni di galera per una tentata rapina in banca. Uscì nel 1974 grazie a uno scambio di prigionieri e tornò a Cuba per migliorarsi ancora nella guerriglia, fino a quando nel 1979 non mise fine alla dittatura di Samoza e il Fsnl prese il potere dopo 25 anni di lotta.
Vicino a Fidel Castro ma anche alla Chiesa cattolica (che tolse l’appoggio dopo l’avvicinamento all’Urss), Ortega divenne Presidente del Nicaragua e varò una importante serie di riforme per il Paese, da quella agraria a quella sanitaria, fino a una imponente campagna di alfabetizzazione. Nel corso del suo mandato fece più volte visita in Italia, incontrò il Papa e l’allora Presidente del consiglio Bettino Craxi e fu anche intervistato da Gianni Minoli nella nota trasmissione Mixer di Rai 2. Ortega rifiutò di estradare a Roma parecchi ex brigatisti rossi fuggiti in Nicaragua, e uno di loro (Manlio Grillo) fu l’insegnante di tutti i suoi figli. Dopo aver vinto le elezioni nel 1984, dal 1990 al 2006 passò un periodo all’opposizione.
Tornato al potere 15 anni fa, il suo secondo mandato si è caratterizzato da una svolta sempre più autoritaria. Con lui fu approvata una contestatissima legge che vietava l’aborto in tutte le forme, anche in caso di rischio per la vita della madre. Ha cambiato la Costituzione abolendo il limite di due mandati presidenziali, e la sua famiglia ha preso possesso di quattro dei principali nove canali televisivi pubblici del Paese. Nel 2010 Wikileaks pubblicò dei documenti dell’ambasciata Usa in Nicaragua in cui si sosteneva che Ortega avesse legami con i narcotrafficanti, voci che alcuni collaboratori di giustizia hanno poi confermato. Nel 2018 ha violentemente represso i manifestanti che protestavano contro una contestata riforma delle pensioni, causando oltre 300 morti e quasi 600 arresti. Al termine delle proteste migliaia di nicaraguensi lasciarono il Paese o furono espulsi.
Il Nicaragua, l’ennesima polveriera sudamericana
Il Paese centroamericano non è l’unico della zona a vivere un periodo turbolento. A inizio luglio a Cuba ci sono state le più importanti manifestazioni contro il governo in più di 25 anni, subito bollate dal Presidente Diaz-Canel come «propaganda controrivoluzionaria». Haiti, lo Stato più povero del continente, sta invece attraversando l’ennesima crisi politica dopo l’assassinio del Presidente della Repubblica Jovenel Moïse. In Venezuela, invece, il governo di Nicolas Maduro è impegnato in sanguinosissime lotte contro la gang di “Koki” Revete, il narcotrafficante più potente di Caracas.