Per Nexi allo studio l’ipotesi di uscita dalla Borsa

Marco Zini
13/05/2022

La continua caduta del titolo, l'alto indebitamento e gli azionisti scontenti. Così, a tre anni dalla quotazione, per il colosso dei pagamenti elettronici guidato da Paolo Bertoluzzo si fa strada l'ipotesi di un delisting dalla Borsa.

Per Nexi allo studio l’ipotesi di uscita dalla Borsa

Non c’è pace per Nexi, il colosso dei pagamenti nato nel 2021 con la fusione di Sia e Nets, a dispetto di numeri che invece dovrebbero tranquillizzare manager e azionisti. Giovedì 12 maggio l’ennesima débâcle in Borsa, con il titolo che a metà giornata ha toccato gli 8,6 euro, un prezzo al di sotto di quello della quotazione avvenuta nell’aprile del 2019. E questo proprio nel giorno della comunicazione al mercato dei risultati del primo trimestre 2022 e del completamento dell’acquisizione di una società in Germania attraverso la controllata danese Nets.

Risultati del trimestre positivi ma titolo in caduta libera

I risultati sono infatti tutti positivi: ebitda in crescita del 17,4 per cento a 307,5 milioni di euro e fatturato a 712,6 milioni, cioè il 7,1 per cento in più rispetto al primo trimestre 2021. Come non bastasse sono state confermate le previsioni per tutto il 2022 (+7-9 per cento per il primo valore, +13-16 per cento per il secondo). Insomma, dovrebbe andare tutto bene. Quindi a molti analisti risulta difficile capire come sia possibile che, appena comunicati al mercato i dati trimestrali, il titolo abbia preso l’ascensore e sia sceso del 7 per cento in meno di due ore, per poi risalire poco sopra i 9 euro a fine giornata. I due supermanager che guidano Nexi, l’amministratore delegato Paolo Bertoluzzo, e il direttore finanziario Bernardo Mingrone, non sanno come spiegarlo e soprattutto non sanno più che pesci pigliare per dar fiato al titolo (anche se qualche azionista sarcasticamente fa notare che Bertoluzzo, ex ad di Vodafone, dovrebbe saperlo essendo un appassionato di pesca subacquea).

Per Nexi allo studio l'ipotesi di uscita dalla Borsa
Paolo Bertoluzzo, ad Nexi (dal sito).

I fondi internazionali spingono per togliere Nexi dalla Borsa

Nel gruppo il nervosismo cresce, insieme a un’ipotesi che si fa strada ai piani alti. E quella che sin dal marzo scorso circolava come voce col passare delle settimane è diventata qualcosa di più concreto. Ovvero che i principali azionisti stiano studiando, assieme al cfo della società, un delisting del titolo. Che in nove mesi ha subito un calo di oltre il oltre 50 per cento, passando dai 19,5 euro dei primi di luglio del 2021 al valore minimo di 8,65 registrato giovedì 12. Secondo il progetto che si sta studiando, dopo essere stata tolta dal listino Nexi dovrebbe essere nuovamente fusa con qualche altra società del settore, e non per forza europea. Sarebbe una replica di un’operazione finanziaria già fatta dai fondi internazionali, attuali soci di Nexi, quando quotarono Nets, la società dei pagamenti delle banche dei paesi nordici, che poi fu delistata e successivamente fusa con la tedesca Concardis. Per poi, infine, farla sposare con l’attuale Nexi. Chiaramente i fondi internazionali spingerebbero per questa soluzione cercando probabilmente di pagare il meno possibile il delisting. Invece l’altro grande socio, Cdp, sarebbe decisamente contraria perché una simile eventualità significherebbe disconoscere quanto costruito faticosamente nei precedenti due anni da Fabrizio Palermo, ex amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti, da Pierpaolo Di Stefano, il capo degli investimenti in equity di Cdp, e da Riccardo Fraccaro, ex sottosegretario del precedente governo guidato dai 5 stelle, uno dei supporter dell’operazione assieme all’attuale ministro Luigi Di Maio.

l'andamento di Nexi delude mercato e azionisti
dal sito Nexi.

Un indebitamento al limite della sostenibilità

Come già scritto da Tag43, le motivazioni del tracollo del titolo possono essere anche ricondotte dalla vendita di pacchetti che alcuni soci stavano portando avanti, come ad esempio ha fatto Deutsche Bank alla fine dello scorso marzo cedendo 3,5 milioni di azioni. E anche dal desiderio di alcuni fondi internazionali, come Bain e Advent, soci della prima ora di Nexi (prima della fusione con Sia e Nets), di diminuire fortemente la loro quota. Altra motivazione del tonfo del titolo potrebbe essere quella legata all’importante esposizione debitoria di Nexi, derivante sia dalle ultime acquisizioni di Nets e Sia, ma anche da altre fatte inizialmente dalla società per lo sviluppo del business in Italia, come quella del merchant acquiring di Intesa San Paolo per 1 miliardo di euro e di Ubi banca per 170 milioni di euro. In totale il debito netto della società ammonta a 5,06 miliardi di euro, con una leva finanziaria che è di 3,5 volte l’ebitda. Una cifra al limite della sostenibilità, soprattutto adesso che la curva dei tassi sta inesorabilmente crescendo.

Una integrazione che ha deluso le aspettative

Ancora, alcuni esperti di business bancario sottolineano che, vista la performance del titolo, sia stato un errore fondere Sia e la vecchia Nexi integrando verticalmente la filiera. Infatti Nexi, quotata nel 2018 a 9 euro, era attiva principalmente nella vendita di servizi di pagamento ai negozianti (transazioni e apparati Pos) mentre Sia gestiva e sviluppava infrastrutture di pagamento. La fusione a tre – Nexi, Sia e Nets – non ha portato molto valore agli azionisti, rispetto a quanto già avevano in tasca, viste le performance del titolo e visto che anche quest’anno, come nel 2021, la società non distribuirà dividendi. Insomma una Paytech, come Bertoluzzo ama definire Nexi, per ora molto poco pay.