Ciak d’Africa

Camilla Curcio
14/10/2021

Trasformare i racconti del folklore subsahariano in film. Questo l'obiettivo della partnership tra Unesco e Netflix che lanciano un concorso per produrre sei cortometraggi di giovani registi.

Ciak d’Africa

Dare nuova vita ai racconti del folklore africano e trasformarli in soggetti da film. Questo l’obiettivo della partnership tra Unesco e Netflix. Attraverso un concorso che parte giovedì 14 ottobre l’inedita joint venture punta a mettere in piedi una squadra di giovani registi (tutti originari dell’Africa subsahariana) per avviare la produzione di sei cortometraggi che vedranno la luce nel 2022 e proporranno una rivisitazione moderna di miti e leggende della tradizione locale.

Dare voce a storie antiche e a talenti emergenti

«Abbiamo intenzione di finanziare e produrre le trasposizioni più audaci e sorprendenti e condividerle con un pubblico sparso in oltre 190 paesi», ha dichiarato l’Unesco in un comunicato stampa. I vincitori prenderanno parte a un programma di training e a una serie di workshop preparatori tenuti da addetti ai lavori. E, soprattutto, riceveranno un budget di 75 mila dollari (circa 65 mila euro) da utilizzare per la realizzazione dei loro progetti che entreranno di diritto nel catalogo Netflix. Ovviamente, per poter partecipare, è necessario rispettare alcuni requisiti: è obbligatorio essere provvisti di certificato di cittadinanza e residenza in uno dei Paesi dell’Africa subsahariana e avere un’età compresa tra i 18 e i 35 anni. A far partire l’iniziativa è stato un report delle Nazioni Unite, pubblicato la scorsa settimana, che metteva in evidenza come l’industria creativa africana, nonostante sia spesso poco considerata, abbia dimostrato di avere tutte le carte in regola per poter quadruplicare i suoi guadagni e creare 20 milioni di posti di lavoro. Il monitoraggio del settore audiovisivo e cinematografico del continente e la prospettiva di ampliarne l’orizzonte hanno spinto l’organizzazione ad approcciarsi al gigante dello streaming per tentare un’avventura coraggiosa. «Quel che vogliamo ottenere assieme a Netflix è trovare un modo per coinvolgere i film-maker della nuova generazione e incoraggiarli a trovare una chiave moderna e fresca per reinterpretare storie antiche e garantirne la sopravvivenza nel tempo», ha spiegato al Guardian Ernesto Ottone, direttore per la Cultura dell’Unesco. «Per farlo, la visibilità garantita da una piattaforma come Netflix è essenziale».

L’Africa raccontata da chi la conosce e la vive

Non si tratta, va precisato, del tentativo di cooptare autori emergenti e modellarli secondo i canoni del mainstream. «Come è già ben chiaro, tutto questo nasce per dare loro modo e spazio per dare forma ai loro racconti», ha ribadito Ottone. «Non ci interessa dare la nostra versione dei fatti, non ci arroghiamo il diritto di dire cosa dovrebbe e cosa non dovrebbe rappresentare l’Africa. A parlare ci penseranno persone nate lì, che vivono lì e che lavorano lì». Ancora oggi, molti cineasti africani sono costretti a fare i conti con una censura che ne limita la libertà d’espressione e con ostacoli pratici: dalla connessione internet che funziona a singhiozzo alla totale assenza di supporto finanziario da parte dei governi. «L’Africa ha un patrimonio culturale ricchissimo e un repertorio folkloristico straordinario. Quando unisci questo al talento emergente, il risultato non può che essere positivo», ha sottolineato Ben Amadasun, direttore dei contenuti per Netflix in Africa. «Questi nuovi film daranno risalto a una cultura che pochi considerano nel resto del mondo e aiuteranno ancor di più ad abbattere barriere e pregiudizi».