Mentre in Israele migliaia di manifestanti si riversano nelle strade delle città, da Gerusalemme a Haifa contro la contestata riforma della giustizia, stamani la Knesset ha approvato con 61 voti favorevoli contro 47 (la maggioranza minima richiesta per approvare un emendamento a una Legge fondamentale sul governo) una legge voluta dal Likud che limita i modi in cui il primo ministro può essere dichiarato non idoneo alla carica. Secondo l’opposizione una «legge vergognosa» e «ad personam» visto che Benjamin Netanyahu sta affrontando processi per corruzione, frode e abuso di fiducia con l’accusa di aver accettato regali costosi da benefattori e aver tentato di stringere accordi segreti con società di media per una copertura più positiva nei suoi confronti. Un conflitto di interessi in piena regola. Nel 2020, infatti, Netanyahu aveva firmato un accordo in cui assicurava che avrebbe evitato «qualsiasi coinvolgimento in questioni riguardanti le attività del Comitato per le nomine giudiziarie e in tutte le questioni riguardanti i giudici della Corte suprema e della Corte distrettuale di Gerusalemme», proprio perché imputato.

Solo il primo ministro o i due terzi del suo gabinetto possono dichiararlo non idoneo alla carica
La nuova legge salva Bibi, la prima della contestata riforma della Giustizia, prevede infatti che un primo ministro può essere ritenuto inadatto a governare solo per motivi di salute o mentali e che solo lui stesso o il suo governo, con maggioranza di due terzi, possono prendere questa decisione. Il voto del gabinetto dovvrà successivamente essere ratificato da una super maggioranza in parlamento. In questo modo la Corte Suprema sarà tagliata completamente fuori dall’iter. Dura la reazione dell’opposizione che ha già annunciato che impugnerà la legge presso la Corte Suprema. L’ex primo ministro Yair Lapid l’ha definita una «ad personam, vergognosa e corrotta». «Come ladri nella notte», ha aggiunto Lapid, «la coalizione ha appena approvato una legge vergognosa. Ogni cittadino di Israele dovrebbe sapere che pochi giorni prima della Pasqua ebraica, mentre il costo della vita è alle stelle, Netanyahu ancora una volta si prende cura solo di se stesso». Stessi toni usati dal leader del partito laburista Merav Michaeli che ha parlato di «golpe di regime». Secondo Michaeli l’unico scopo della legge «è impedire che Netanyahu venga mandato in prigione». «Non permetteremo allo Stato di Israele di diventare una monarchia di Netanyahu», ha dichiarato il deputato Avigdor Liberman del partito Yisrael Beytenu.
Proteste e sit-in: nuova giornata di paralisi in Israele
Intanto si preannuncia una nuova giornata di paralisi in tutto il Paese. Ancora una volta i manifestanti si preparano a bloccare la strada per l’aeroporto in vista della partenza di Netanyhau questo pomeriggio per Londra. Secondo le stime, almeno mezzo milione di persone scenderanno nelle strade, con sit in davanti alle case dei ministri e picchetti davanti alle scuole. A Herzliya un gruppo di riservisti ha posto una scritta sulla statua di Thedore Herzl con una famosa frase del fondatore del sionismo: «Se lo vuoi, la democrazia vincerà», e «non è un sogno, ma un golpe», in riferimento alla contestata riforma. Questa sera è prevista a Tel Aviv una marcia che arriverà fino a Bnei Brak, con il rischio di tensioni con gli abitanti di questo quartiere ultraortodosso, in gran parte sostenitori del governo.

La riforma intende limitare i poteri della Corte Suprema
Malgrado i tentativi di mediazione del presidente Isaac Herzog, finora non è stato possibile raggiungere nessun compromesso sul testo che intende limitare i poteri della Corte Sprema. Se passasse l’intero pacchetto, la Corte non avrà più il potere di esaminare nuove leggi fondamentali o emendamenti a quelle esistenti (compresa la riforma stessa). Manterrà invece il potere di annullare le leggi semplici ma non più a maggioranza semplice: occorreranno almeno 12 voti su 15 magistrati. Tuttavia, la Knesset potrà ri-promulgare le leggi bocciate, con una semplice maggioranza di 61 deputati su 120. Un altro punto contestato della riforma è la modifica della modalità con cui si nominano i giudici. Se attualmente la commissione è composta da nove membri (avvocati, giudici e politici) in futuro dovrebbe passare a 11, sette dei quali di nomina governativa. Non solo. La Corte non potrà più usare il criterio di “ragionevolezza” per annullare atti amministrativi e decisioni delle autorità locali e nazionali. Criterio, sostiene il governo, usato in modo soggettivo in assenza di una precisa legislazione. Infine i ministri potranno nominare i propri consulenti legali invece di impiegare i professionisti del ministero della Giustizia.