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Anche la Nba pensi agli uiguri

La commissione sulla Cina del Congresso Usa chiede alle star del basket di chiudere le sponsorizzazioni con i brand del Dragone che sfruttano il lavoro forzato nello Xianjiang.

2 Giugno 2021 11:242 Giugno 2021 12:14 Redazione
basta sponsor che sfruttano gli uiguri in Nba

Il Congresso Usa scende in campo per gli uiguri, la minoranza etnica che vive nella regione cinese dello Xianjiang e perseguitata da Pechino. Il primo giugno una commissione bipartisan ha fatto pressione sulla Nba affinché venisse chiuso ogni tipo di sponsorizzazione da parte di marchi cinesi accusati di sfruttare gli uiguri. Deportati in campi di rieducazione, così li definisce il Partito comunista cinese, gli uiguri vengono di fatto venduti a blocchi alle aziende manifatturiere specializzate soprattutto nella lavorazione del cotone. Gli accordi nel mirino sarebbero più di una dozzina e, secondo la commissione del Congresso sulla Cina, mettono a rischio la reputazione della Nba e dei campioni.

Nel mirino della commissione del Congresso Usa anche l’ex giocatore Dwyane Wade e Klay Thompson

I presidenti della Commissione, il senatore Jeff Merkley dell’Oregon e il rappresentante James McGovern del Massachussets, hanno ricordato a Chris Paul, numero uno della National Basketball Players Association (Nbpa) come molti marchi globali stiano bloccando l’approvigionamento di articoli in cotone realizzati nello Xinjiang. «Alla luce di ciò», continuano Merkley e McGovern, «esortiamo la Nbpa a impegnarsi per aumentare la consapevolezza sul genocidio in corso nello Xinjiang e sul ruolo del lavoro forzato nella produzione di prodotti realizzati da marchi che la stessa Nbpa ha approvato». La speranza è che «giocatori sfruttino i loro contratti con Anta, Li Ning e Peak per spingere queste società a porre fine all’uso del cotone dello Xinjiang». L’avvertimento della Commissione si rivolge ad attuali ed ex stelle della Nba tra cui il giocatore in pensione dei Miami Heat Dwyane Wade che ha una linea di abbigliamento sponsorizzata da Li Ning e Klay Thompson dei Golden State Warriors che avrebbe un accordo con Anta dal valore di 80 milioni di dollari. Pretendere che le aziende con cui si collabora non sfruttino il lavoro forzato degli uiguri non sarebbe una novità. Le accuse di violazioni dei diritti umani e di genocidio hanno infatti già spinto molti marchi occidentali, tra cui Nike, Adidas e H&M, a rilasciare dichiarazioni in cui si impegnano a non utilizzare il cotone dello Xinjiang nei loro prodotti.

Il precedente del 2019: il tweet di Morey in favore di Hong Kong

Le pressioni del Congresso sulla Nba potrebbero portare nuovamente il gelo tra la lega e la Cina che, va ricordato, nel campionato Usa investe miliardi di dollari. Nel 2019 a scatenare il terremoto fu un semplice tweet dell’ex general manager dei Rockets. Daryl Morey condivise sul social un’immagine con la scritta “Lotta per la libertà. Schierati con Hong Kong” attirando su di sé le ire dei cittadini cinesi e soprattutto dei brand del Dragone. A poco valse cancellare il tweet e chiedere scusa. I Rockets e la stessa Nba presero le distanze dal manager mentre l’azienda di calzature Li Ning e la Shanghai Pudong Development Bank minacciarono la fine dei rapporti commerciali con i Rockets.

 

1/ I did not intend my tweet to cause any offense to Rockets fans and friends of mine in China. I was merely voicing one thought, based on one interpretation, of one complicated event. I have had a lot of opportunity since that tweet to hear and consider other perspectives.

— Daryl MorΞy 🗽🏀 (@dmorey) October 7, 2019

 

 

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