I Navigator navigano a vista. Con un faticoso tentativo di sistemare la vicenda mese dopo mese. Ma anche con il rischio di restare senza un lavoro a partire da novembre. Una doppia beffa nei confronti di chi, secondo la legge istitutiva del Reddito di cittadinanza, avrebbe dovuto aiutare gli altri a trovare un’occupazione. Ma procediamo con ordine. L’esercito dei 3 mila navigator sta diventando sempre più esiguo, riducendosi a 1.800 unità. L’ultima mano tesa nei loro confronti è arrivata dal decreto Aiuti, appena approvato dalla Camera e che dovrà superare il passaggio al Senato entro la prossima settimana. Lo stanziamento di 13 milioni di euro ha messo una toppa per altri due mesi, giugno e luglio, salvandoli dalla scadenza contrattuale inizialmente fissata all’1 giugno.
Il destino dei Navigator passa nelle mani delle Regioni
Le cose sono comunque cambiate per loro. Oltre allo «svolgimento delle attività di assistenza tecnica connesse al Reddito di cittadinanza», si legge nella relazione che accompagna l’articolo del provvedimento, dovranno portare avanti anche mansioni «connesse all’attuazione del programma Garanzia occupabilità dei lavoratori (Gol), nell’ambito della Missione 5, Componente 1, del Pnrr». Dopodiché le Regioni potranno avvalersi delle prestazioni dei Navigator per ulteriori tre mesi, senza un aggravio dei costi. Le risorse saranno infatti attinte dal Fondo per le politiche attive del lavoro, arrivando così almeno fino al 31 ottobre 2022. Da quella data, poi, le Regioni saranno chiamate a prendersi in carico questi lavoratori, senza avere più l’ombrello delle casse statali. Così potrebbe spalancarsi la porta del licenziamento, o meglio del mancato rinnovo del contratto. Certo, esiste una scappatoia: partecipare e vincere i concorsi banditi dalle stesse Regioni, sfruttando il maggior numero di punti riconosciuti per l’esperienza maturata in questi anni da precari. Un iter che sancisce, in ogni caso, il fallimento di quella che era stata descritta come una grande novità voluta dall’allora presidente dell’Anpal, Domenico Parisi. Con la benedizione di Luigi Di Maio, che in quei mesi era ministro del Lavoro nel governo gialloverde.

In tre anni queste figure sono costate 270 milioni
Il bilancio ufficiale dei navigator non è stato certo straordinario. A fronte di un costo di 270 milioni di euro in tre anni (dal 2019 al 2021), la Corte dei Conti ha spiegato che «il supporto reso dai Navigator agli operatori dei Centri per l’impiego (Cpi) durante la fase di accoglienza dei beneficiari di RdC – convocazioni e/o colloqui – si è concretizzato a favore di 1.041.771 soggetti». Più di un milione di persone contattate, mentre i beneficiari del sussidio sono in totale 3,9 milioni di cittadini. Inoltre, sempre secondo i magistrati contabili, «nel periodo ottobre 2020-marzo 2021 i Navigator hanno individuato 29.610 opportunità occupazionali». La media è perciò di circa 5 mila al mese. Numeri che fanno emergere un altro problema, sempre connesso al cattivo funzionamento delle politiche attive: gli affanni dei Centri per l’impiego. La riforma che ha introdotto il Reddito prevedeva un notevole potenziamento del loro organico. La previsione era quella di assumere 11.535 unità entro il 2021. Un’operazione slegata dalla creazione del ruolo del Navigator. Ma gli ultimi dati riferiti dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, sono lontanissimi dall’obiettivo. Al 18 maggio 2022 le Regioni avevano assunto solo 3.440 persone, poco più di un terzo del totale. Cifre che «destano stupore», come ha dichiarato il deputato del Movimento 5 stelle, Davide Aiello, firmatario dell’interpellanza alla Camera che ha fatto emergere le nuove cifre sullo stato dell’arte. «Dal rafforzamento dei Cpi», ha aggiunto il parlamentare del M5s, «passa non solo la riuscita della ‘fase 2’ del Reddito ma anche la messa a terra delle riforme del mercato del lavoro previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), a iniziare dal piano Gol. Non possiamo sprecare un’occasione come questa per ritardi e inefficienze». Basti pensare, del resto, che a settembre 2021 alcune amministrazioni non avevano provveduto a rinforzare l’organico nemmeno con un nuovo ingresso, come nel caso di Calabria, Campania, Basilicata, Umbria e Sicilia. Anche altrove c’era poco da brindare, nessuno ha usufruito pienamente del potenziale messo a disposizione. Anche in quest’ottica va letto l’emendamento al decreto Aiuti che consente ai datori di lavori privati di presentare un’offerta direttamente al lavoro e conteggiare l’eventuale rifiuto ai fini della perdita del beneficio. L’attuazione, però, rischia di essere complicata: l’offerta deve rispettare i parametri della congruità, che riguarda la distanza del lavoro dal luogo di residenza e l’attinenza con le competenze professionali, acquisite anche durante i corsi di formazione. Una soluzione che rischia di tramutarsi in un pasticcio. L’ennesimo.