È diventata mamma la donna che ha ricevuto il primo trapianto di utero in Italia
Il parto all’ospedale Cannizzaro di Catania. La donna aveva ricevuto l’organo da una donatrice ad agosto 2020. Si tratta del sesto caso al mondo.
All’ospedale Cannizzaro di Catania è nata Alessandra, figlia della donna che aveva ricevuto il primo trapianto di utero realizzato in Italia. Si tratta del sesto caso al mondo (e del primo ovviamente nel nostro Paese) di gravidanza portata a termine con successo dopo un trapianto di utero da donatrice deceduta. La neo mamma paziente è stata sottoposta a parto cesareo per attacchi febbrili da positività al Covid: la piccola Alessandra è nata prematura alla 34esima settimana di gravidanza e pesa 1,7 chilogrammi. Madre e figlia sono ancora ricoverate in ospedale, in condizioni definite «stabili» dai medici che le stanno seguendo.
Il trapianto dell’utero è avvenuto nell’estate 2020
La madre, oggi 31enne, era nata priva di utero a causa della sindrome di Rokitansky, rata patologia congenita. Il trapianto di utero è stato effettuato nell’agosto del 2020, dunque in piena pandemia, al centro Trapianti dell’Azienda ospedaliero universitaria Policlinico di Catania da un’equipe multidisciplinare composta dai professori Pierfrancesco e Massimiliano Veroux, Paolo Scollo e Giuseppe Scibilia, nell’ambito di un programma sperimentale coordinato dal Centro nazionale trapianti. «È stato un trapianto estremamente complesso, che ha presentato sin dall’inizio le difficoltà tecniche che ne limitano l’uso estensivo nel mondo. In questo caso l’utero, sin dal declampaggio dei vasi, ha mostrato una grande vitalità che ha poi permesso grazie a una perfusione ottimale di “vivere” nella paziente e di portare a termine una gravidanza quanto mai attesa», ha spiegato Pierfrancesco Veroux.
A donare l’utero è stata una 37enne morta per arresto cardiaco
La donatrice che ha permesso tutto questo è una 37enne, già madre, deceduta per un improvviso arresto cardiaco: in vita aveva espresso il consenso alla donazione degli organi al momento del rinnovo della carta d’identità. Dopo il trapianto, la paziente e il marito hanno poi iniziato il percorso di fecondazione assistita omologa, grazie agli ovociti prelevati e conservati, prima dell’intervento, nella biobanca per la preservazione della fertilità dello stesso ospedale.
