La Nasa si prepara per la missione Chapea in cui simulerà la vita su Marte per un anno. Quattro scienziati fra medici e ingegneri trascorreranno intere giornate in un ambiente speciale, realizzato con la tecnica della costruzione 3D, adottando un programma stabilito di test fisici e psicologici in cui si metteranno alla prova con ogni imprevisto del caso. Acronimo di Crew Health and Performance Exploration Analog, la missione partirà a giugno 2023 e sarà seguita da altre due con equipaggio differente fino al 2026. Tutto sarà curato nei minimi dettagli, dal cibo alle apparecchiature fino al ritardo delle comunicazioni. L’obiettivo sarà infatti migliorare la conoscenza di un potenziale viaggio, soprattutto la risposta dell’organismo, prima di inviare realmente gli astronauti sul Pianeta rosso. Il progetto della Nasa è solo l’ultimo di una lunga serie che ha coinvolto, tra le altre, Emirati Arabi Uniti e Russia.
Dal cibo alla divisione degli spazi, così la Nasa simulerà la vita su Marte
La simulazione della Nasa coinvolgerà quattro scienziati, ciascuno con le proprie competenze. Kelly Haston, ricercatrice biomedica, sarà comandante della missione. Assieme a lei ci saranno l’ingegnere di volo Ross Brockwell, l’ufficiale medico Nathan Jones e l’infermiera Alyssa Shannon. I quattro vivranno per 378 giorni, la durata prevista per una missione su Marte, all’interno del Mars Dune Alpha presso il Johnson Space Center a Houston, in Texas. La struttura di 1.700 metri quadri è opera di Icon, azienda leader nella tecnica di stampa 3D che in futuro spera di costruire direttamente sul Pianeta rosso. All’interno ci saranno un’area di lavoro e una di soggiorno con cucina, camere da letto private e un bagno. «Separare zona giorno e lavoro è stato sin da subito fondamentale», ha sottolineato alla Cnn Scott Smith, fra i progettisti di Chapea. «Tanti astronauti della Iss lamentano la poca privacy».
All’interno della struttura della Nasa, i quattro scienziati mangeranno razioni di cibo simili a quelle presenti sulla Stazione spaziale internazionale. Nel frattempo avranno modo di coltivare ortaggi tramite idroponica, tecnica che non fa uso della terra, che sarà per loro anche «una spinta morale» per trascorrere le giornate. Costantemente inoltre l’equipaggio si sottoporrà a test medici del sangue, dell’urina e della saliva. La Nasa monitorerà la funzione del sistema immunitario, la massa corporea e la loro condizione mentale. I test proseguiranno anche per settimane dopo la conclusione della missione. «Serve una certa dedizione per trascorrere un anno con noi», ha scherzato Smith. Le comunicazioni esterne infine giungeranno con 22 minuti di ritardo, come avverrebbe in realtà, mentre alcuni altoparlanti riprodurranno il rumore ambientale.
Emirati Arabi Uniti e Russia, chi altro lavora nella stessa direzione
Per quanto importante, il progetto della Nasa non è né il primo né il più coraggioso al mondo. Nello Utah, presso la Mars Desert Research Station l’organizzazione no profit Mars Society ha simulato la vita su Marte per sette anni e mezzo nell’arco di due decenni. Molto più avveniristica la Mars Science City che gli Emirati Arabi Uniti stanno costruendo fra le sabbie di Dubai. Con una spesa di 136 milioni di dollari, sta nascendo un hub di 176 mila metri quadri realizzato, come la versione della Nasa, tramite la stampa 3D. La Cnn ha poi citato anche Mars-500, progetto che l’Esa (Agenzia speziale europea) ha portato avanti con la Russia fra il 2007 e il 2011. Ebbero luogo infatti tre simulazioni per un totale di 520 giorni in un finto habitat che tenne conto anche dei viaggi di andata e ritorno, compresi atterraggio e discesa.

La Nasa infine trae informazioni parallele anche dal nostro pianeta grazie alla Stazione Concordia, base di ricerca italo-francese in Antartide. Distante oltre 1.000 chilometri dalla costa, si trova in un ambiente isolato e ostile che presenta difficoltà simili allo spazio. Fondamentali per la conquista di Marte saranno gli sviluppi della missione Artemis-2 che punta a riportare l’uomo sulla Luna. La Nasa monitorerà l’esposizione degli astronauti alle radiazioni, il cui rischio rappresenta un’enorme incognita per i viaggi verso il Pianeta rosso.