Lo scontro sarà programmato. Una navicella spaziale verrà lanciata in orbita con il solo scopo di schiantarsi contro un’asteroide. La missione della Nasa si chiama Dart, acronimo di Double Asteroid Redirection Test, e prenderà il via il prossimo 23 novembre alle 22.20. Allora, il razzo Space X Falcon 9 decollerà dalla Vandenberg Space Force Base, in California. Una ricognizione, in vista del lancio principale previsto per il 2022. L’obiettivo è studiare la direzione dei frammenti dopo lo schianto, in particolare di quelli più vicini alla Terra e capire come possano essere deviati, nell’ambito di un progetto di difesa globale. La navicella punterà contro Dimorphos, una piccola luna nell’orbita dell’asteroide Didymos, non lontanissimo dalla Terra. Con una simile espressione, ci si riferisce a corpi collocabili entro trenta milioni di miglia dal nostro pianeta. D’altronde, rilevare e prevenire pericoli simili rientra tra gli obiettivi principali della Nasa e delle altre principali agenzie spaziali del mondo.
Leggi anche: Alla conquista dell’ospizio
Vent’anni fa la scoperta di Didymos e Dimorphos
La scoperta di Didymos, asteroide dal diametro circa mezzo miglio, risale a due decenni fa. Il nome deriva dal greco e significa gemello. Attorno a questo ci si è accorti presto ruotasse una luna più piccola, circa 160 metri, ribattezzata Didymos b. Fu Kleomenis Tsiganis, scienziato presso l’università di Salonicco e membro del Dart a cambiarne il nome in Dimorphos, due forme. A spiegare perché è lui stesso alla Cnn: «Sarà il primo oggetto spaziale a mutare la forma a causa dell’opera umana, quindi ci sarà un prima e un dopo l’impatto». Nel settembre 2022 i corpi saranno relativamente vicini alla Terra, circa undici milioni di chilometri. La distanza perfetta per la missione Dart.
La cui collisione sarà registrata da LICIACube, satellite fornito dall’agenzia spaziale italiana. Questo viaggerà su Dart, salvo staccarsi poco prima dell’impatto. «Gli scienziati potranno misurare con i telescopi terrestri e le immagini dallo spazio quanto sia mutata l’orbita di Dimorphos in seguito allo schianto, valutando l’effettivo impatto dell’attività di deflessione», ha affermato Tom Statler, membro della missione Dart. Dei calcoli sul punto, per quanto ipotetici, però ci sono già. Considerando che Dart viaggerà a 14.763,8 miglia all’ora e l’obiettivo è stato scelto perché di dimensioni tali da poter costituire una minaccia dalla Terra, la velocità di orbita dovrebbe mutare dell’uno per cento in seguito allo schianto. Una manciata di minuti, tali da poter essere osservati dai telescopi terrestri. Su Dart saranno inoltre installati una telecamera e un software di navigazione autonoma, che consentiranno al veicolo di evitare di schiantarsi su Didymos.
☄️ Reporters & producers: Apply now for media credentials for the planned November launch of our DART asteroid-redirect mission: https://t.co/I4IfSSo2IL pic.twitter.com/UjZ01r40Ci
— NASA (@NASA) October 4, 2021
Tre anni più tardi verrà quindi organizzata una spedizione di controllo ad opera dell’agenzia spaziale europea. Il periodo, apparentemente lungo fra le due missioni, è considerato ideale alla luce di accurati studi. Chiamata Hera si svolgerà in stretto contatto con la Nasa, che a sua volta opera in collaborazione con il laboratorio di fisica applicata dell’Università Johns Hopkins. «Gli asteroidi potenzialmente pericolosi sono una minaccia globale, per questo siamo orgogliosi di lavorare fianco a fianco con i colleghi italiani ed europei, per raccogliere sull’argomento dati più accurati possibili», ha detto Andrea Riley dirigente del programma Dart.
Leggi anche: La storia dei progetti di colonizzazione dello spazio
Lo schianto contro la cometa Tempel 1
Eppure scorrendo gli annali, un precedente si trova. Nel 2005 la navicella Deep Impact della Nasa ha rilasciato un corpo di rame dal peso di 370 chili contro la cometa Tempel 1. Le conseguenze tuttavia sono rimaste a lungo un mistero, in quanto era stata rilasciata anche una quantità di polvere e ghiaccio tale da rendere impossibile ogni valutazione. Solo nel 2011 la missione Stardust ha valutato sul corpo celeste uno squarcio di 126 metri.