Nagorno-Karabakh, la situazione nel territorio conteso da Armenia e Azerbaigian

Matteo Innocenti
20/08/2022

Le truppe russe, impegnate nella missione di peacekeeping nel Nagorno-Karabakh, stanno abbassando la guardia. I timori della maggioranza armena, mentre Baku strizza l'occhio a Mosca. Cosa sta succedendo.

Nagorno-Karabakh, la situazione nel territorio conteso da Armenia e Azerbaigian

«Dove ci sono russi, c’è pace». Recitano così i cartelloni eretti lungo le principali strade del Nagorno-Karabakh: non si tratta di una battuta di cattivo gusto, anche perché sono lì da prima del 24 febbraio. Dalla fine della guerra nell’Artsakh del 2020, a garantire la pace nella Repubblica autoproclamatasi indipendente nel 1992 (ma che ancora oggi per il diritto internazionale fa parte dell’Azerbaigian) è infatti un piccolo contingente russo. Che, soprattutto da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina, a detta della popolazione armena presente nel territorio non sta esattamente facendo il proprio dovere.

Nagorno-Karabakh, la situazione nel territorio conteso da Armenia e Azerbaigian, dove la Russia è in missione di pace.
Donne armene in visita al cimitero di Aghdam, città fantasma del Nagorno-Karabakh (TOFIK BABAYEV/AFP via Getty Images)

Armenia e Azerbaigian, i recenti scontri e le accuse reciproche

All’inizio di agosto, due soldati armeni e uno azero sono rimasti uccisi nella regione contesa da Yerevan e Baku, in scontri di cui Armenia e Azerbaigian si rimpallano le responsabilità. In risposta alle «azioni terroristiche di alcuni gruppi armati armeni», l’Azerbaigian ha preso il controllo di diverse alture strategiche, mentre il governo del Nagorno-Karabakh annunciava una mobilitazione parziale. Mosca, da parte sua, ha accusato le forze armate di aver violato il cessate il fuoco sancito il 9 novembre 2020, al termine dei 44 giorni della seconda guerra nel Nagorno-Karabakh. La situazione è tornata ad essere tesa nel Caucaso, mentre la Russia sembra avere la testa da un’altra parte.

Nagorno-Karabakh, le critiche degli armeni alle forze russe

«Gli armeni sono tornati perché i russi hanno garantito loro la sicurezza. Ma se sono qui, devono adempiere a tutti i loro obblighi», ha detto a Eurasianet un residente di Stepanakert, che con 53 mila abitanti è a capitale dell’autoproclamata repubblica. «Il loro compito è proteggere le nostre vite nelle nostre case, cosa che non stanno facendo. Se continuano così, possono far intervenire altre forze di pace internazionali». In una riunione di gabinetto subito dopo le violenze di inizio agosto, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha ricordato altri episodi in cui le forze di peacekeeping russe sono rimaste a guardare, in occasioni di violazioni della tregua da parte dell’Azerbaigian.

Nagorno-Karabakh, la situazione nel territorio conteso da Armenia e Azerbaigian, dove la Russia è in missione di pace.
Un checkpoint lungo le strade del Nagorno-Karabakh (KAREN MINASYAN/AFP via Getty Images)

Le proteste nella capitale Stepanakert

La maggior parte dei soldati armeni feriti recentemente sono stati feriti da droni armati (di fabbricazione turca, secondo Mosca), il che ha portato i funzionari del governo de facto del Karabakh a mettere in discussione la capacità della Russia di controllare lo spazio aereo del territorio. Il comandante delle truppe del mantenimento di pace, il generale Andrey Volkov, avrebbe assicurato nel corso di una riunione che la Federazione Russa adotterà tutte le misure per prevenire un’ulteriore escalation. Arthur Osipyan, capo del Partito Rivoluzionario dell’Artsakh, ha riferito invece che i russi avrebbero detto di non avere al momento risorse e potere sufficienti per resistere agli attacchi dell’Azerbaigian. Vero o no, il giorno successivo un gruppo di karabakhi ha organizzato una protesta davanti alla sede del governo de facto di Stepanakert. Più fonti sembrano confermare che la presenza russa nella regione non sia solo scarna numericamente, ma anche “evanescente”: la maggior parte degli abitanti ha pochi contatti con le forze di pace, che presidiano essenzialmente con posti di blocco il corridoio di Laçın, ovvero l’unica strada che collega il Karabakh al mondo esterno.

L’ambigua posizione di Mosca

Non è stato sempre così: nel corso del 2021, i russi hanno fornito vari servizi agli abitanti della Repubblica dell’Artsakh, che è largamente a maggioranza armena: hanno distribuito aiuti umanitari, sostenuto la ricostruzione delle infrastrutture distrutte, aiutato nella protezione dei terreni agricoli nelle aree vicine alla linea di contatto con le forze azere. Ma l’efficacia delle truppe russe sembra essere diminuita dall’inizio della guerra in Ucraina. Ci sarebbe anche altro: «Con la crescente importanza di Baku per la Russia, l’Azerbaigian sente che in realtà i suoi confini sono ora più ampi rispetto a prima del conflitto russo-ucraino», ha detto l’analista politico Tigran Grigoryan a RFE/RL. Oltre alla missione di pace russa, il cessate il fuoco firmato alla fine del 2020 prevedeva anche il ritiro delle forze armate armene dal territorio, che è stato in effetti quasi del tutto completato. E questo potrebbe lasciare il via libera a Baku, soprattutto se Mosca continuerà a dimenticarsi del Nagorno-Karabakh, come teme Yerevan. E a chiudere un occhio: se da una parte condanna gli attacchi azeri, dall’altra i due Paesi si stanno riavvicinando, come il presidente azero Ilham Aliyev e Vladimir Putin hanno infatti siglato recentemente un accordo per ampliare la cooperazione militare e diplomatica. Per gli analisti, riprendendo le ostilità, Baku starebbe tra l’altro imitando la strategia russa in Ucraina (che non è scontata funzioni, va detto): mangiare porzioni di territorio per poi procedere con l’annessione.

Nagorno-Karabakh, la situazione nel territorio conteso da Armenia e Azerbaigian, dove la Russia è in missione di pace.
Gennaio 2021, Vladimir Putin tra il presidente azero Ilham Aliyev e il primo ministro armeno Nikol Pashinyan (MIKHAIL KLIMENTYEV/SPUTNIK/AFP via Getty Images)

Nagorno-Karabakh, storia di un territorio conteso

La seconda guerra del Nagorno-Karabakh si è conclusa, dopo 44 giorni di combattimenti, la sera del 9 novembre 2020, quando i rappresentanti dell’Armenia e dell’Azerbaigian, tramite la mediazione del presidente russo Vladimir Putin, firmarono un cessate il fuoco. Da allora l’equilibrio è precario, come lo era stato già in precedenza. Le vere, grosse tensioni, in un territorio che prima faceva parte dell’Unione Sovietica, iniziarono alla fine degli Anni 80, quando la maggioranza armena avallò con un referendum la decisione di entrare nell’orbita di Yerevan. Ed erano sfociate in una guerra nel 1992, dopo il crollo dell’Urss e la nascita repubbliche indipendenti dell’Armenia e dell’Azerbaigian. Il conflitto si concluse con gli accordi per il cessate il fuoco firmati a Bishkek (Kirgizistan) nel 1994: da quel momento il territorio, perso dall’Azerbaigian, rimase sotto l’occupazione militare dell’Armenia. Poi il 27 settembre 2020 l’inizio di un nuovo e violento capitolo del conflitto, con centinaia tra morti e feriti, terminato con al riconquista da parte dell’Azerbaigian dei territori perduti in precedenza.