Nella storia della musica, come spesso accade nella vita, può succedere che artisti messi ai margini del sistema, dimenticati, considerati finiti possano, per una serie di motivi imponderabili, rinascere dalle proprie ceneri e tornare inaspettatamente sulla cresta dell’onda.
Johnny Cash tornato in pista grazie all’intuito di Rick Rubin
Basta ricordare la storia di Johnny Cash, «the real american gangster», come lo ha definito Snoop Dogg nel pezzo celebrativo intitolato My Medicine in cui il rapper canta su una base musicale che ricorda vagamente le sonorità di Cash, citato nei primi versi. Per intenderci Johnny Cash è un tizio che nella sua carriera è stato uno dei pochissimi cantanti ad avere venduto più di 90 milioni di dischi, un’autentica icona del country e del folk americano che alla fine della sua carriera ha reinterpretato grandi successi di band rock contemporanee, come ad esempio Hurt dei Nine Inch Nails, Personal Jesus dei Depeche Mode, Rusty Cage dei Soundgarden o One degli U2. Bisogna tornare un po’ indietro nel tempo però per raccontare a dovere la sua storia. Siamo nel 1992, Cash è malconcio e abbandonato da tutti. Afflitto da una serie di problemi fisici che andavano da fratture sparse per il corpo ad attacchi cardiaci fino agli strascichi di una lunga tossicodipendenza. A 60 anni compiuti, tutto lasciava presagire che fosse pronto solamente per essere messo in un museo. Poi succede che Rick Rubin, il produttore musicale più influente di tutti i tempi, il 16 dicembre del 1992 assiste al concerto che celebra i 30 anni di carriera di Bob Dylan al Madison Square Garden di New York. Sul palco si alternano mostri sacri del rock come Stevie Wonder e Willie Nelson, Lou Reed e Eric Clapton, Neil Young e Eddie Vedder, ma Rubin rimane totalmente folgorato dall’esibizione di Johnny Cash che insieme alla moglie June Carter canta It Ain’t Me Babe.
«Mi sono reso conto che era un artista ancora pieno di energia creativa che era stato ingiustamente messo da parte dall’industria discografica», dichiarò in seguito. Pochi mesi dopo convinse Cash a entrare nella sua etichetta, la American Recordings, e rilanciò la sua carriera con una serie di album straordinari come American Recordings del 1994, Unchained del 1996, American III: Solitary Man fino ad arrivare all’ultimo, il numero 67 della sua carriera, American IV: The Man Comes Around uscito il 5 novembre 2002, 10 mesi prima della sua morte avvenuta il 12 settembre 2003. La ‘resurrezione’ di Cash è ancora oggi considerato all’unanimità il più grande capolavoro di Rubin, uno che per intenderci oltre ad aver inventato i Beastie Boys e aver lavorato, tra gli altri, con i Run DMC e gli Aerosmith, Adele e i Red Hot Chili Peppers, Jay Z e Kanye West.
La rinascita di Moroder grazie ai Daft Punk
Una storia simile si è ripetuta anni dopo con Giorgio Moroder, leggenda, paladino e pioniere della dance mondiale, colui che più di chiunque altro ha influenzato la musica elettronica essendone stato al tempo stesso innovatore e fondatore. Nel 2013 è stato platealmente omaggiato dai Daft Punk nel brano Giorgio by Moroder.
Moroder arrivava da una carriera di successi strepitosi che in ordine sparso comprendevano I feel love e Love To Love You Baby di Donna Summer, Cat People (Putting Out Fire) di David Bowie o celebri pezzi di colonne sonore come American Gigolò e Flashdance. Grazie ai Daft Punk dopo più di 20 anni di latitanza, è tornato prepotentemente di moda: «Mi ero semi-ritirato e avevo avuto una vita piuttosto tranquilla, finché loro non mi hanno tirato dentro di nuovo», ha raccontato Moroder dopo l’uscita del pezzo. «Quell’esperienza ha cambiato molte cose nella mia vita, ho cominciato ad avere un manager e ho ricevuto un sacco di offerte per fare dischi». Oggi Giorgio Moroder è un signore di oltre 80 anni che suona ancora nei più importanti club europei ed è molto apprezzato dai giovanissimi che affollano le sue serate confermando la visionaria premonizione di David Bowie che, dopo aver ascoltato I feel love di Donna Summer, disse a Brian Eno: «Ho appena sentito il suono del futuro».

Le tre vite di Gianni Morandi
L’ultima resurrezione artistico-musicale in ordine cronologico degna di nota vede come protagonista Gianni Morandi. A dire il vero già resuscitato a metà degli Anni 80. Dopo i grandi successi degli Anni 50 e 60 l’aria cambia, in Italia e nel mondo: il bel canto viene rottamato dai cantautori impegnati. Per Morandi e per la sua leggerezza da Boom economico le cose si mettono male. «Intorno al ‘74-’75 ero già in crisi con mia moglie, le cose non andavano. Sembrava ci fosse solo buio», ha ricordato in un’intervista a Veltroni sul Corriere. «Mi chiedevo: “Io adesso cosa faccio?”. Perché non sapevo fare niente, sapevo fare il ciabattino. Ma potevo rimettermi a fare il ciabattino? Quattro soldi ce li avevo perché mio padre mi aveva insegnato a metterli da parte. Sia per pagare le tasse, sia per il futuro, “perché tanto questa cosa finisce”. Queste parole un po’ mi aiutarono, mi avevano fatto comunque stare con i piedi per terra, quando tutto sembrava in rosa. Aveva ragione mio padre, doveva arrivare quel momento». Quando la carriera sembra finita, decide di iscriversi al Conservatorio. «Avevo solo la quinta elementare, così sostenni l’esame serale per prendere la terza media. Scrissi un tema su Beethoven, che mi ero studiato bene. Quegli anni difficili io li ho presi sul serio. Era un momento delicato per me, perché mio padre era morto, proprio nel ‘71». Un buio durato «dal ‘75-’76 fino all’ ‘81-’82 quando incontrai Mogol che, in realtà, mi cercò perché era appassionato di calcio e voleva fare una squadra. Ma poi scrisse una canzone per me e tutto ripartì». Di lì a poco per l’eterno ragazzo torna la luce: prima con Uno su mille ce la fa e poi con Si può dare di più.
La seconda rinascita invece si deve a Jovanotti, con cui continua il sodalizio dopo L’Allegria, di cui Lorenzo Cherubini è autore e produttore insieme a Rick Rubin (sempre lui). Canzone che è arrivata in un momento difficile per Morandi, reduce da un brutto incidente domestico. Jovanotti dopo aver duettato con lui a Sanremo nel 2022, lo ha voluto come presenza fissa al Jova Beach Party. Per Morandi è così iniziata una seconda, o meglio terza giovinezza. Lo dimostrano l’uscita di un nuovo disco, un tour e la recente co-conduzione al fianco di Amadeus di uno dei Festival più seguiti degli ultimi anni. «Gianni Morandi è il nostro Elvis», ha detto Jovanotti annunciando la sua partecipazione al tour dell’amico. Nel disco Evviva! sono presenti otto tracce (tra cui anche Fatti Rimandare dalla mamma), cinque delle quali portano la firma di Lorenzo Cherubini: la title track Evviva! (dove Jovanotti compare non solo come autore ma anche come featuring), Apri tutte le porte, LA OLA, L’Allegria, Anna della porta accanto. «Questo disco nasce proprio nel giorno dell’incidente alla mano, l’11 marzo 2021», ha ricordato Morandi sempre al Corriere. «Ero in ospedale a Cesena quando Jovanotti mi chiamò dicendomi, tra l’altro, che mi avrebbe mandato una canzone per ridarmi allegria e che se mi fosse piaciuta avrei potuto cantarla. Se ho fatto questo disco lo devo soprattutto a lui».