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Dai Maneskin a Fedez, i top e i flop musicali del 2022

L’anno che sta per finire ha incoronato i Maneskin, gli italiani più famosi al mondo. Ma ha consacrato pure Blanco e Dr Dre, titolare dell’intermezzo musicale del Super Bowl. Inascoltabili invece Tiziano Ferro, Ramazzotti e Fedez. E per il 2023 fa già capolino l’incubo Pausini.

1 Gennaio 2023 18:05 Michele Monina
Dai Maneskin a Fedez, i top e i flop musicali del 2022

Facciamo il giochino dei tre In e dei tre Out del 2022, in ambito musicale, chi cioè ha segnato l’anno in modo positivo e chi in modo negativo. Del resto si sta chiudendo quello che ci eravamo tutti augurati sarebbe stato l’anno della ripartenza, quello post-Covid, di nuovo tutti liberi e felici dopo un paio d’anni fermi: se le cose fossero andate davvero così chissà chi saremmo stati ora a tirare in ballo come personaggi più rilevanti del 2022. Invece giusto il tempo di celebrare il secondo anniversario dei primi caduti sulla via della pandemia che Vladimir Putin ha deciso che era arrivato il momento di riprendersi l’Ucraina, ecco che a spettro è subebtrato altro spettro, se possibile ancora più spaventoso, e la faccenda ha ovviamente preso tutta altra piega. Perché nel dover indicare chi, a imprescindibile parere di chi scrive, ha segnato maggiormente questo infausto anno, non può certo essere annoverato semplicemente chi ha venduto di più, o chi ci ha tormentato coi suoi tormentoni, in nomen omen, perché tutto ciò sarebbe poco sintomatico di un anno che è tutto fuorché omologato. Così la ricerca di nomi iconici di questo periodo si è fatta decisamente più complicata.

I top: i Maneskin hanno portato avanti il buon nome della nazione

Certo, da una parte è impossibile non partire, qui stiamo parlando degli In, dai Maneskin, che dopo aver portato a casa nel 2021 un po’ tutto quel che si poteva portare a casa, dalla vittoria al Festival di Sanreno a quella dell’Eurovision, con relativa esplosione sul piano mondiale – quella più grazie a TikTok che ha reso viralissima la vecchia cover della vecchia Beggin’ -, hanno portato avanti il buon nome della nazione in tutto il mondo in questo 2022, suonando ovunque, e per ovunque intendo in ogni Festival rock del Pianeta, a fianco di mostri sacri che sono davvero sacri, praticamente tutti quelli che vi vengono in mente, a partire dalla tanto celebrata, forse a sproposito, apertura per i Rolling Stones, fatto quello in realtà che li ha visti in buona compagnia di quasi 50 altri opener più o meno famosi. Quindi, ok, i Maneskin vanno assolutamente citati, meritatamente: al momento sono loro gli italiani più famosi al mondo, se ne faccia una ragione un Achille Lauro qualsiasi che parla di voler portare la sua musica negli stadi, lui che per ora si è beccato solo i palasport e che a Eurovision ha provato a andarci passando dalla finestra, vedi alla voce San Marino, portando a casa una figura barbina, ma non abbastanza barbina dai finire nella Top 3 degli Out, quella tocca proprio meritarsela.

Tour estivi: il boom di Vasco Rossi e Jovanotti, male la Amoroso

Volessimo vincere facile, come in quella famosa pubblicità, ora toccherebbe spostare la faccenda sui live – parlo dei live di casa nostra – andando a discutere dei concerti estivi, che vedevano un sovrapporsi di tour nuovi, pochi, coi tanti tour vecchi che durante la pandemia erano stati rimandati e rimandati e rimandati. Davvero l’imbarazzo della scelta, a partire dai soliti noti: Vasco Rossi e il suo tour che ha venduto più biglietti negli stadi e le grandi arene, oltre 700 mila (del resto è così da anni), ma anche Jovanotti, con il suo Jova Beach Party 2 che è stato un successone, di pubblico come di polemiche, le solite, tra gente che balla e si diverte, gli animali in via d’estinzione sfrattati per far largo alla festa invece meno.

Perché il successo dei mega concerti non fa resuscitare il settore del live
Il Jova beach party (da Fb).

Poi c’è Ultimo, 11 stadi, Cremonini, stadi e per la prima volta Imola, Ligabue, all’arena di Campovolo, con le new entry di Salmo e Max Pezzali, quest’ultimo con due San Siro sold out di fila, quando si dice entrare col botto. I Pinguini Tattici Nucleari hanno fatto il botto durante l’estate e poi hanno lanciato un prossimo tour negli stadi, due San Siro già sold out, con un’altra decina a seguire; new entry negli stadi anche Alessandra Amoroso, con un San Siro non esattamente pieno, anzi, decisamente non pieno. Ecco, lei potrebbe ambire a un posto in Top 3 degli Out, non fosse che la stanno tirando in mezzo con una faccenda che, in assenza totale di senso dell’umorismo, lei vive come una sorta di cyberbullismo: abbiamo sorriso tutti con la cover parodia di Mi sveglio ancora cacata, e infierire su chi è già a terra di suo sembra brutto, comunque il suo San Siro è stato puro marketing, e zero senso logico.

Blanco: un giovanissimo che ha fatto il pieno ovunque

Allora, siccome troppi sono stati i tour nelle grandi arene che hanno avuto grande successo, il 2022 è stato la santificazione dei mega eventi, a discapito dei medi e piccoli, andati quasi tutti malissimo, ma siccome vincere facile non fa per noi, ecco che tiro fuori il nome di Blanco, un giovanissimo che ha fatto il pieno ovunque, lui, 19 anni, che ha vinto Sanremo, in compagnia con Mahmood, che invece ha fatto un tour che contava più gli spazi vuoti che quelli pieni, e che con un tour rivolto ai giovanissimi ha in qualche modo celebrato l’affacciarsi al mondo di una generazione che proprio la pandemia aveva lasciato chiusa a chiave in cameretta, per la prima volta a cantare, ballare, commuoversi e divertirsi insieme, i genitori a attenderli in fondo alle arene, o fuori dai cancelli.

Capodanno, a Milano niente evento in Piazza Duomo. Il sindaco Beppe Sala annuncia che a causa della crisi si eviteranno concerti e festa
Blanco. (Getty)

Dr Dre: la riscossa dei boomer, alla faccia delle musichette

Ultimo In di tre non può che essere Dr Dre, titolare dell’Half Time 2022, l’intermezzo musicale che da sempre occupa lo spazio tra i due tempi del Super Bowl, e che quest’anno è stato interamente affidato all’ex Nwa, in ottima compagina di Eminem, Kendrick Lamar, Snoop Dogg, Mary J Blige e, last but not least, 50 Cent e Anderson Paak. Uno spettacolo eccezionale, politico (il rap in fondo per tanti anni lo è stato), con Eminem a inginocchiarsi alla maniera del Black Lives Matter, la musica a imporsi come reale colonna sonora di questo millennio. Musica fatta in parte da boomer – Dr Dre lo è – o comunque da artisti in buona parte in zona 50, alla faccia delle musichette che girano oggi (il motivo per cui in questa Top 3 non trova spazio un fenomeno anche interessante, almeno sotto il profilo dei numeri, come Lazza, 17 settimane di fila in testa alla classifica Fimi, e ancora oggi in vetta, dopo mesi dall’uscita, è proprio il confronto col passato, ahinoi, che non regge affatto). Qualcosa da guardarsi e riguardarsi, provando poi un senso di disagio per quel che circola dalle nostre parti.

Paola e Chiara, il ritorno più atteso del 2023

Siccome però siamo a fine anno, e come detto per i Pinguini Tattici Nucleari, da poco usciti con un gioiello pop come Fake News e destinati a un tour baciato dal pubblico, il 2023 è dietro l’angolo, mi sento di lanciare indicazioni per un futuro prossimo, guardando proprio alla band di Bergamo, come al ritorno di Paola e Chiara, come a quello di chi è destinato a dominare l’anno che verrà. Riguardo le sorelle Iezzi, peraltro, ritorno che veramente attendevo da tempo, il fatto che siano riapparse durante l’estate sul palco prima di Max Pezzali a San Siro, poi in quello del Jova Beach Party, il fatto che durante l’estate Tribale di Elodie abbia spopolato, certo, ma che fosse in sostanza una cover non dichiarata della loro Festival, il fatto che le troveremo insieme al Festival della Canzone Italiana di Sanremo, in gara, outsider che potrebbero ambire alla vittoria nonostante ci siano cavalli di razza quali Giorgia, Mengoni e Ultimo, beh, tutto questo mi sembra un dare a Cesare quel che è di Cesare, a Paola e Chiara quel che è di Paola e Chiara, quindi, due popstar che hanno prodotto lavori di tiro internazionale, facendo tutte da sole, in un’epoca nella quale era ancora possibile ambire a conquistare il mondo facendo del proprio, senza dover parlare la lingua, musicale, di altri.

I flop: Tiziano Ferro e il bagno di sangue del suo album

E arriviamo alla Top 3 degli Out. Parto da chi, sulla carta, sembrava destinato a fare sfaceli, atteso manco fosse il Messia, atteso anche perché è andato ovunque a annunciare il suo arrivo, mica si è limitato a una stella cometa e qualche pastore: è Tiziano Ferro, artista che nel 2023 dovrebbe riempire stadi, nel brano che apre il suo nuovo album se ne vanta pure, anche se a flexare non è che sia un fenomeno, ma che in classifica ha preso sberle da chiunque, toccando fugacemente la vetta per grazia ricevuta, dalle altre case discografiche che gli hanno lasciato l’onore delle armi, ma che poi è scivolato presto fuori dalla Top 10, sancendo quello che tecnicamente si chiama un bagno di sangue. E dire che, come al solito, aveva usato i suoi fatti personali per promuovere il tutto: lo fa sempre. Stavolta a usare i suoi due figli, le unioni civili, il marito Victor e via discorrendo. Come si dice in questi casi: ritenta, sarai più fortunato (per ora lo siamo stati noi, che ci siamo scampati le solite lagne ferriane).

Tiziano Ferro e il passaporto italiano ai figli: «Non lo farò, esclude mio marito». L'artista: «I miei diritti non tolgono nulla a quelli degli altri»
Tiziano Ferro. (Getty)

Eros Ramazzotti: un manto ormai persistente di irrilevanza

Al secondo posto in Top 3 Out, ad honorem, Eros Ramazzotti, tornato a sfornare musica dopo un po’ di tempo, e prestissimo uscito di scena, avvolto in un manto ormai persistente di irrilevanza. E dire che glielo si dice da tempo, lascia stare gli improvvisati, torna da Piero Cassano e rimettiti a fare musica come facevi un tempo, che poi è quella che quando vai in giro per il mondo coi tuoi tour la gente ti chiede, i cosiddetti classici.

Eros Ramazzotti ha difeso la collega Laura Pausini dicendo che la cantante «ha fatto bene a non cantare Bella Ciao» in tv.
Eros Ramazzotti.

Fedez: canzoni leggerissime che non lasciano tracce

Terzo in questa Top 3 degli Out un nome che, volendo, avremmo potuto inserire, per i medesimi motivi, tra gli In, quello di Fedez. È stato suo, anche quest’anno, il tormentone estivo più tormentone e tormentoso, La dolce vita in compagnia di Tananai, graziato dall’ultimo Festival di Sanremo, e Mara Sattei: l’anno scorso era stato Mille con Orietta Berti e Achille Lauro, canzoni leggerissime che però non vanno a tirare in ballo Calvino, sono leggere e basta, le senti e dopo che sono finite, grazie a un Dio buono o quantomeno dotato di un ottimo senso estetico, non lasciano traccia, sorte che tocca anche ai brani nei quali ci prova da solo, come l’ultimo Crisi di stato, o in quelli che vorrebbero non potendo flirtare col punk, come l’orrida Viola in compagnia di un Salmo inspiegabile.

Il fatto che le sue canzoni nulla abbiano apparentemente a che vedere con le sue tante, troppe, paraculissime campagne civili, dai diritti della comunità Lgbtqa+ a quelle a sostegno delle campagne vaccinali, a quelle per la libertà di espressione in Rai a chissà quali altro, come in una sorta di bipolarismo spinto – faccio l’impegnato in quanto artista molto visibile, ma poi quando vesto realmente i panni dell’artista divento una specie di buffone di corte che però si scorda di dire che il re è nudo, forse perché è in parte egli stesso re – stona più di quanto già non faccia lui ogni volta che impugna un microfono (ha stonato anche quando lo ha fatto durante il concerto organizzato con J Ax, Love Mi, da piazza Duomo, anche se tutte le esibizioni sono state fatte cantando o rappando su basi con già su la voce, roba che neanche al Festival vinto da Tiziana Rivale, quando Sanremo era meno considerato delle serate al pub con una cover band di Ligabue). Certo, lui, Fedez, ripete sempre che la musica non è il suo core business, e questo ci rasserena: resta una incoerenza di fondo, nella speranza che gli altri suoi business vadano così bene da non lasciargli più tempo per cantare; abbiamo già avuto la pandemia, la guerra, alluvioni, terremoti, il cambiamento climatico, almeno un’altra La dolce vita ce la vorremmo evitare per l’estate prossima.

Un incubo aleggia sul 2023: è Laura Pausini

Anche in questo caso, ma è un gioco, in fondo, mi sento di lanciare una ipotesi su uno dei tre Out che mi troverò a scrivere l’anno prossimo, di questi giorni. È infatti notizia di qualche tempo fa che Laura Pausini, colei che da sempre porta in giro per il mondo un marchio italiano che vagamente cozza con l’idea di eleganza che la nostra moda ha elevato all’ennesima potenza, sta lavorando a un nuovo album finalmente con produttore artistico esterno, non di famiglia, anche se proprio per questa incapacità di affidare a altri il timone in questo caso si parla inspiegabilmente di direttore artistico (il famoso direttore artistico degli album).

Laura Pausini difende la sua scelta di non cantare Bella Ciao spiegando che voleva evitare di essere strumentalizzata in campagna elettorale.
Laura Pausini. (Getty Images)

Un modo, forse, per fare i conti con un mercato che è del tutto cambiato, i singoli a sostituire l’idea di album, lo streaming che ha sostanzialmente accompagnato all’ospizio il fisico, i giovanissimi, quelli che ormai fanno il mercato, più interessati ai Paky o ai Rondodasosa che alla regina del canto strillato di Solarolo. Per questo, deve aver pensato, chi meglio di colui che questa musica, la trap, l’urban, ha imposto nel nostro mercato? Ecco quindi che il 2023 sarà l’anno dell’incontro artistico, Dio mi perdoni, tra Laura Pausini e Jacopo Pesce, ex capo della Island, con alle spalle i successi di Sfera Ebbasta, Ernia, Rkomi e tanti altri. Qualcosa che non lascia promettere niente di buono: già il singolo Scatola, scritto per lei da Madame, aveva rasentato l’imbarazzo, ma che dimostra, se ce ne fosse bisogno, come a volte l’aver avuto anche un ottimo successo italiano e internazionale non sia necessariamente la prova del felice incontro tra talento e capacità di lettura del mercato, ma semplicemente una incredibile botta di fortuna. Quindi no, non sarà neanche il 2023 l’anno in cui ci lasceremo l’oscurità alle spalle, almeno in musica. Teniamo però duro: la speranza è sempre l’ultima a morire.

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