Viaggio nella musica elettronica colta, tra libri e dischi

Ex Machina di Valerio Mattioli, Scegli le tue armi di Mark Fisher e Antidawn, il nuovo Ep di Burial. Parole, riflessioni e note che ridisegnano un genere-non-genere musicale troppo spesso snobbato dalla critica.

Viaggio nella musica elettronica colta, tra libri e dischi

La musica elettronica suscita nei confronti della critica da sempre sentimenti contrastanti, quasi fosse vittima di un pregiudizio legato al mondo delle sale da ballo, dei rave e delle discoteche più in generale, da cui l’opinione pubblica difficilmente riesce a staccarsi. L’occasione dell’uscita di EXMACHINA, Storia musicale della nostra estinzione di Valerio Mattioli, appena pubblicato dai tipi di Minimum Fax, è l’occasione per fare chiarezza e rivalutare l’intero sistema, partendo dall’analisi del fenomeno dai primi Anni 90 arrivando fino a oggi.

Viaggio nella musica elettronica tra libri e dischi
Valerio Mattioli, Ex Machina.

La musica elettronica come spinta utopica

Mattioli descrive all’interno del suo libro la musica elettronica come una specie di spinta utopica che attraversa le epoche, più che un puro e semplice genere musicale favorito dalle innovazioni tecnologiche, infarcendo il racconto di riferimenti storici, filosofici, sociologici e politico-sociali. Come scrive Simon Reynolds, uno dei più importanti critici musicali contemporanei, nell’introduzione del testo: «La sua è un’impresa iper-esegetica che individua le declinazioni dello Zeitgeist nelle discografie di soli tre nomi, artisti di punta di un filone relativamente marginale della musica popolare, il già citato genere-non-genere noto come IDM». E i tre nomi di cui si parla sono artisti considerati dai cultori del genere quasi delle divinità e rispondono ai nomi di Aphex Twin, Autechre e Boards of Canada, ovverosia la santissima trinità della musica elettronica inglese.

Viaggio nella musica elettronica tra libri e dischi
Mark Fisher, Scegli le tue armi.

Scegli le tue armi, la raccolta del Fisher pensiero

Ultracitato tra le pagine di EXMACHINA, tra gli altri, è il nome di Mark Fisher, celebre scrittore e critico culturale inglese di cui, sempre Minimum Fax, ha appena pubblicato Scegli le tue armi, scritti sulla musica, all’interno del quale vengono raccolti i pensieri che l’autore aveva pubblicato sul proprio famosissimo blog K-punk, e che spaziano dal post-punk alla musica jungle tracciando uno scenario che collega i Joy Division agli Scritti Politti. Personaggio di culto Mark Fisher, morto suicida nel gennaio del 2017 a soli 48 anni, è considerato ancora oggi una delle menti più affilate e influenti della propria generazione tanto da aver ridefinito completamente il concetto di critica musicale di questi primi 20 anni del XXI secolo. Il filo rosso che collega i due lavori è ancora una volta Simon Reynolds, la cui affettuosa prefazione a Scegli le tue armi appare simile a una sorta di partnership implicita tra i due colleghi e amici che per un lungo periodo hanno offerto un sostegno militante alle novità radicali in ambito musicale con un atteggiamento quasi profetico che rendeva la loro visione tanto ambiziosa quanto rivoluzionaria. «Leggere Mark era una sballo. Una droga», scrive Reynolds nei riguardi del collega, un tipo capace di scovare le verità psicanalitiche nascoste in una canzone dei Joy Division, le risonanze politiche nel tessuto di un film di Stanley Kubrick o in un album di Burial.

Burial torna dopo anni di silenzio con Antidawn

«La musica di Burial è un vivido ritratto sonoro di una South London ferita, un dipinto semi astratto della delusione e delle angosce di una città», scriveva Mark Fisher in un articolo pubblicato nel 2007 sulla rivista The Wire, e proprio Burial, acclamato Producer dell’underground londinese, dopo anni di silenzio è tornato sulla scena da poco con un EP intitolato Antidawn, l’equivalente sonoro di una passeggiata attraverso un terreno sconosciuto dopo una tempesta che riflette perfettamente l’epoca controversa nella quale stavamo vivendo. Voci struggenti e desolanti fluttuano attraverso Antidawn come il vento; un vento che dà vita a vasti passaggi di palpabile quasi-silenzio e frammentato sound design che racconta la condizione esistenziale di una certa umanità rimasta ai margini della società, sola e abbandonata. Tutto è perfettamente progettato per catturare l’orecchio, strofinare sulla liscissima superficie di un vinile per poi svanire. Un lavoro sicuramente esplicativo per capire al meglio cosa significhi fare musica elettronica oggi, lontano dai club dai rave anfetaminici e dalle piste da ballo.