Dalla magia della musica alla paura del silenzio. Per più di 10 anni, Ahmad Sarmast ha recuperato dalle strade i bambini afghani più bisognosi e ha riempito le loro giornate di note. Alcuni dei piccoli lo hanno vissuto come un semplice passatempo, altri, invece, hanno trasformato quell’hobby nella professione di una vita, arrivando a tagliare traguardi che sembravano impensabili. Ora, con il ritorno al potere dei talebani, tutto ciò che ha costruito rischia di essere cancellato.
A rischio l’Istituto nazionale della musica
Fondatore e direttore dell’istituto nazionale della musica, Sarmast non si trovava a Kabul quando il presidente Ashraf Ghani è fuggito negli Emirati Arabi Uniti e i talebani hanno preso possesso del palazzo del governo. Poco prima dell’inizio dell’estate, infatti, aveva deciso di trascorrere le vacanze a Melbourne, in Australia, con la famiglia e approfittarne per sottoporsi a una serie di cure mediche. Non immaginava di dover assistere, da lontano, al completo collasso della sua nazione. «Ora, quello che mi preoccupa di più è la sicurezza dei miei studenti e, soprattutto, il futuro che li aspetta», ha spiegato al Guardian. «Data la visibilità della mia scuola, nessuno è davvero al sicuro. Non ho idea se i talebani ci faranno proseguire l’attività, mi sembra poco probabile come ipotesi». Un’incertezza giustificata, quella di Sarmast, perché trova riscontro nella storia. L’ultima volta che gli “studenti di dio” erano al potere, infatti, avevano trasformato l’Afghanistan in una nazione silenziosa. «La gente non poteva né ascoltare la musica né suonare alcun tipo di strumento, nessuno aveva il diritto di godere di tutta quella bellezza», ha raccontato. «Spero davvero non si ripeta il film a cui abbiamo assistito negli Anni 90. Mi auguro che, stavolta, rispettino i diritti culturali dei cittadini».

Dalle aule della scuola di musica alla Carnegie Hall
L’attività di Sarmast nella didattica musicale è iniziata nel 2010, quando è nato l’istituto che, oggi, ospita 350 allievi. «La nostra missione è quella di trasformare la vita dei ragazzini più svantaggiati con l’aiuto della musica. La scuola ha sempre spalancato le sue porte a chiunque, indipendentemente dall’estrazione sociale, dall’etnia o dal genere». In una realtà in cui le donne sono riuscite a fatica a ritagliarsi piccoli spazi di libertà e a conquistare dei diritti (oggi nuovamente a repentaglio), Sarmast non si è limitato agli slogan ma ha operato concretamente in nome della parità di genere e dell’emancipazione femminile. «Abbiamo iniziato con una sola bambina, oggi le ragazze rappresentano un terzo del corpo studenti». La rete di orchestre che è riuscito a costruire (National Symphony Orchestra, Afghan Youth Orchestra e Zohra, la prima orchestra tutta al femminile del Paese) non produce musica solo a livello locale ma, negli anni, ha conquistato una reputazione internazionale di tutto rispetto, con performance alla Carnegie Hall di New York, al British Museum e al Royal Festival Hall di Londra. «Abbiamo sfruttato il potere della musica per costruire ponti tra l’Afghanistan e gli altri Paesi», ha sottolineato Sarmast, «credo che non si tratti solo di intrattenimento ma di una forza così potente da cambiare la vita di interi popoli».
La paura di un futuro senza sogni e senza musica
Sebbene l’iniziativa, finora, abbia goduto del supporto di buona parte della popolazione, non sono mancati i tentativi di sabotaggio. «Molti conservatori sostengono che l’Islam vieti categoricamente la musica, soprattutto alle donne». Nel 2014, durante uno spettacolo al centro culturale francese di Kabul, l’orchestra dell’istituto è stata vittima di un attentato. Una bomba ha distrutto l’edificio, Sarmast è riuscito a sopravvivere ma ne è uscito con entrambi i timpani perforati. Ci sono voluti mesi di trattamenti in Australia per riuscire a recuperare completamente l’udito. A seguito di quell’attacco, è entrato nella lista nera dei talebani, che lo hanno accusato di corrompere la gioventù locale. Dopo tutto quello che è riuscito a ottenere coi suoi ragazzi, la prospettiva di un domani senza la scuola lo spaventa: «I miei alunni rischiano di perdere tutti i loro sogni. E l’impatto di questo disastro non riguarderebbe solo loro ma l’intera nazione», ha aggiunto. «Non si può pensare a una società senza musica, non so come riuscirebbe a sopravvivere. Le note devono continuare a colmare i cuori della gente».