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Qualcuno volò sul nido del cucù

Non solo orologi da muro. Dalle teiere ai tagliaerba e ai barattoli di mostarda: sei storie di collezionisti che hanno trasformato la loro passione in un museo (e in un lavoro).

11 Ottobre 2021 14:03 Camilla Curcio
Micromusei sei collezioni insolite diventate vere e proprie esposizioni d'arte Tag43

Trasformare il proprio hobby in un lavoro non è un’impresa impossibile. Anche quando si parla di una passione ‘leggermente’ fuori dalle righe. Lo sanno bene sei collezionisti che, a partire da un passatempo di nicchia, sono riusciti a mettere in piedi veri e propri micromusei. Luoghi insoliti e affascinanti che, ogni giorno, attirano un gran numero di curiosi da tutto il mondo.

1. L’amore per i tagliaerba d’antan

L’idea di creare il British Lawnmower Museum di Southport è nata da un obiettivo ben preciso: conservare i primi esemplari di tagliaerba. Brian Radam fin da piccolo amava riparare i macchinari utilizzati per il giardinaggio. «Le faccende che hanno a che fare con la meccanica mi hanno sempre interessato», ha raccontato Radam in un’intervista al Guardian, «Nel 1940 mio padre decise di aprire un negozio di ferramenta e aveva quasi sempre il deposito colmo di roba da riparare. Un giorno, il nostro cortile si è riempito di tosaerba al punto da metterci davanti all’obbligo di decidere cosa farne». Proprio quel giorno è iniziata la lunga storia di Radam con le falciatrici automatiche. «Molti erano da buttare, diversi dovevano essere smontati perché malfunzionanti. Non ci andava di abbandonarle in una discarica e così abbiamo deciso di esporli in negozio», ha proseguito. «Da quel momento, sono stati diversi i clienti che ci hanno venduto i loro vecchi modelli per integrare la collezione». Oggi la collezione conta più di 1000 macchine, 100 delle quali accessibili al pubblico tra cui il primissimo modello lanciato sul mercato nel 1830. Per quanto si tratti di un’attrazione poco mainstream, i turisti non mancano: «Accogliamo visitatori provenienti da qualsiasi parte del mondo, perfino Giappone e America», ha aggiunto, «E non sapete quanti personaggi famosi ci offrono i loro scarti per dar loro una ‘fine felice’. Un nome per tutti: Brian May».

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2. Dal primo appuntamento al paradiso dei conigli

Dall’esterno, il Bunny Museum di Altadena, in California, sembra un comune edificio Una volta varcato l’ingresso, però, le cose cambiano radicalmente e si ha quasi l’impressione di trovarsi in un film d’animazione. Candace Frazee e il marito, negli anni, sono riusciti a raccogliere 44.700 articoli legati al mondo dei conigli. L’inizio dell’avventura ha coinciso con l’inizio della loro storia d’amore. «Quando io e Steve ci siamo fidanzati, ho preso l’abitudine di chiamarlo ‘dolce coniglietto’. E, per il nostro primo San Valentino, mi ha regalato un grosso peluche a forma di coniglio», ha spiegato Frazee. «Da quel momento ci siamo sempre scambiati doni e pensieri che richiamassero quell’animale. Non solo nelle feste comandate o nelle occasioni speciali ma quasi ogni giorno».

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3. Quando i cucù diventano un affare di famiglia

Nella contea inglese del Cheshire, Roman Piekarski e il fratello Maz hanno convertito la loro passione per i cucù nell’unico museo al mondo dedicato a questi orologi. Ne possiedono più di 700, tutti programmati su orari diversi. A Cuckooland il silenzio non è contemplato. «È partito tutto quando eravamo piccoli. Eravamo poveri e il cucù di famiglia era considerato un tesoro. Poi, da adolescenti, passavamo i pomeriggi a osservare il nostro vicino, un orologiaio, mentre lavorava», ha ricordato Piekarski. «Nel 1970, ho iniziato a ripararli come lavoretto dopo la scuola. Quando, a 28 anni, mi è stata diagnosticata la sclerosi, ho deciso di collezionarli per il tempo che mi era rimasto da vivere. Per fortuna, sono ancora qui».

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4. Chi trova una teiera trova un tesoro

«Teapot Island è una creatura dei miei genitori ma, adesso, lo gestisco io. Non ricordo un attimo della mia vita che non abbia avuto, come protagonista, un servizio da tè». Luke Blaze aveva solo due anni quando la madre ha riempito credenze e scaffali di teiere. Nei primi Anni 2000, la loro casa ne era invasa. La famiglia è stata così costretta ad affittare un locale per allestire un’esposizione permanente. Oggi ne contano oltre 8500. Escluse quelle messe in vendita nel negozio affiliato, sempre di proprietà dei Blaze. «Ne abbiamo davvero di qualsiasi tipo. Alcune da poche sterline, altre da più di un migliaio. Molte ricordano animali, strumenti musicali o, addirittura celebrità. Ce n’è davvero per tutti i gusti», ha commentato entusiasta Blaze.

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5. Sale e pepe d’artista

In Tennessee, c’è un posto dove è possibile trovare più di 20 mila pepiere e saliere. Si tratta del Museum of Salt and Pepper Shakers. «I miei genitori avevano una gioielleria e passavano i weekend nei mercatini e nelle fiere d’arte. Girando tra i banchetti, hanno iniziato ad appassionarsi ai contenitori di sale e pepe», ha raccontato Andrea Ludden. «L’intuizione di dedicare loro un museo è arrivata parecchio tempo dopo». Nel 2002 quel progetto è diventato realtà e oggi contribuisce a fare luce sulla storia del design. La creatività degli artigiani esposti è notevole: si passa dai dispenser a forma di balena a quelli che riproducono il principe Carlo. Il biglietto costa 3 dollari e le cose da vedere sono davvero tante. «Mia madre è scomparsa nel 2015 e questo luogo ci tiene ancora legati a lei, è un omaggio alla sua memoria. Ecco perché ci sta così a cuore».

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6. La mostarda ti cambia la vita

«È strano pensare che, quest’anno, il mio Mustard Museum compia 35 anni». Quando, nel 1986, Barry Levenson si è sentito oberato dal lavoro nello studio legale dov’era stato assunto, ha deciso che avrebbe avuto bisogno di un’attività parallela a cui dedicare il tempo libero. L’illuminazione è arrivata per caso mentre girovagava per il reparto salse del supermercato. L’occhio è caduto proprio sulle mostarde. Nei mesi a seguire, ha iniziato ad accumularne sempre di più. Fino ad arrivare a 900 barattoli. Un traguardo che lo ha spinto a licenziarsi e ad aprire il suo micromuseo. «Abbiamo aperto ad aprile 1992 e oggi vantiamo circa 6300 confezioni, provenienti da tutti gli Usa e dall’estero», ha commentato Levenson. «Ogni giorno, mi impegno a cercare novità e occasioni per ampliare la selezione. È stimolante». Prima del Covid, registrava un’affluenza da record: quasi 35 mila visitatori all’anno. «Sono felice di aver dato ascolto a quel che mi appassionava. Mi piaceva fare l’avvocato ma mi sentivo triste e affranto. Ora la vita mi sorride».

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