Da Murgia a Galeazzi e Di Cioccio: la malattia nei libri

Da Michela Murgia a Chiara Galeazzi, fino a Laura Boldrini, Daria Bignardi, Andrea Vianello, Elena Di Cioccio e Jonathan Bazzi. Quando la malattia diventa letteratura. E occasione di liberazione.

Da Murgia a Galeazzi e Di Cioccio: la malattia nei libri

«Io sto vivendo il tempo della mia vita adesso. Dico tutto, faccio tutto, tanto che mi fanno? Mi licenziano?», ha spiegato Michela Murgia al Salone del Libro di Torino per presentare il suo Tre ciotole, Rituali per un anno di crisi. «Ho chiesto a Vogue di poter fare un viaggio sull’Orient Express. Posso andare alle sfilate di moda, farò un sacco di cose. Ma voi non aspettate di avere un cancro per fare così», ha aggiunto l’autrice accolta da una affettuosa standing ovation. «Lei ha una nuova formazione di cellule sul rene. Il medico parlava con tono così lieve che per un istante lei pensò che l’annuncio fosse qualcosa di cui rallegrarsi». È questo l’incipit del romanzo, uscito a 10 giorni di distanza dall’intervista al Corriere della Sera in cui Murgia aveva parlato per la prima volta della sua malattia. Composto da 12 storie che si intrecciano, Tre ciotole, scritto durante l’emergenza Covid accende la luce su quell’esatto momento in cui la vita cambia radicalmente e in cui i protagonisti si trovano, loro malgrado, a fare i conti con una sorta di sopravvivenza emotiva per provare ad andare avanti. Vuoi per una malattia, per un lutto, per un abbandono. «Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita».

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Poverina di Chiara Galeazzi e Ogni parola che sapevo di Andrea Vianello

La malattia è il tema centrale di un un altro libro uscito da poco, Poverina (Blackie Edizioni) di Chiara Galeazzi, che in chiave tragicomica parla dell’ictus che l’ha colpita nel 2021, a soli 34 anni. «Gli ictus, come i figli, è meglio averli da giovani», scrive, ricordando la sera durante la quale, seduta comoda sul divano di casa davanti alla tv, improvvisamente metà del suo corpo si era paralizzato. «Odio sentirmi una vittima, è una sensazione che non solo non mi dà alcun piacere, ma mi procura anche molto disagio». Ed è proprio questa frase, tratta da Odio sentirmi vittima di Susan Sontag, che troviamo in esergo, il senso dell’intero lavoro di Galeazzi che da quel momento in poi, per tutti, e diventata semplicemente “poverina”. Leggendo si ride molto ma si riflette anche. L’emorragia cerebrale scambiata inizialmente per un attacco di panico, la diagnosi totalmente inaspettata, la descrizione dei mesi della lunga riabilitazione, con l’aggiunta dei No Vax che in quello stesso periodo le auguravano la morte, convinti che la colpa di quello che le era accaduto fosse totalmente da attribuire al vaccino anti Covid. E di ischemia cerebrale, e del «buco nero» nel quale si precipita, parla Ogni parola che sapevo di Andrea Vianello pubblicato nel 2020. «Mia moglie arriva trafelata. Mi sembra un gigante sopra di me, un gigante buono che mi aiuterà, io sono inciampato in un buco nero del bosco ma lei mi tirerà fuori da lì», scrive il giornalista. «Ha gli occhi sgranati. ‘Che succede? Che succede?’ mi chiede. La mia risposta è chiara: ‘Megpdeiigrhiaa!’ le dico concitato, ‘mrlaiofoourhdka uhfe giumhu’. Non si capisce niente, lei non capisce niente, nemmeno io capisco niente, parlo una lingua nuova, eppure lo so cosa voglio dire, ma un demone si è intrufolato nella mia bocca».

Da Murgia a Galeazzi e Di Cioccio:la malattia nei libri
Poverina di Chiara Galeazzi.

Boldrini e Bignardi, a tu per tu con il male

Anche Laura BoldriniDaria Bignardi hanno deciso di affidare la loro storia di malattia a un libro. L’ex Presidente della Camera lo aveva fatto nel 2022 in Meglio di ieri  in cui raccontava come un banale dolore alla gamba a lungo ignorato si era trasformato in uno tsunami con la diagnosi di un condrosarcoma, tumore osseo raro e maligno che l’aveva colpita in pieno lockdown. Nel 2018, era stata la volta di Bignardi con Storia della mia ansia, romanzo in cui la protagonista, al centro di una storia d’amore tempestosa, si ritrova a fare i conti con la propria malattia. All’epoca Bignardi, come raccontò a Vanity Fair, veniva fuori da un tumore al seno. Ricordò anche le critiche ricevute quando, appena nominata direttrice di Rai3, si presentò improvvisamente con i capelli grigi tagliati cortissimi: «Il giorno della nomina, quando c’è stata la conferenza stampa a Roma, avevo la parrucca. L’ho portata per diversi mesi, era molto carina, capelli identici ai miei, anzi più belli. Poi andando avanti e indietro in continuazione tra Milano e Roma, a gestire ’sta parrucca, a un tratto, non ce l’ho fatta più». Una sensazione simile l’ha provata la settimana scorsa Concita De Gregorio che è apparsa in onda con un nuovo look dopo la battaglia al tumore degli ultimi mesi. «È un sollievo», ha ammesso al collega David Parenzo. La giornalista lo scorso marzo aveva parlato per la prima volta della della sua malattia a Belve, bacchettando Libero che in un articolo di qualche giorno prima aveva commentato il suo nuovo taglio “alla Giorgia Meloni”. «Sono stata quasi sul punto di telefonare al direttore», aveva raccontato a Francesca Fagnani. «Io preferirei avere i miei capelli, invece porto una parrucca. Ma se per curarti devi perderli, va bene. Morire è peggio. Io ho avuto un anno molto impegnativo: ho avuto un cancro e mi sono operata ad agosto».

Da Murgia a Galeazzi e Di Cioccio:la malattia nei libri
Laura Boldrini, Meglio di ieri.

Di Cioccio e Bazzi, una strada di liberazione

Anche la malattia stigma per eccellenza, l’Hiv, è stata raccontata in due libri che possono essere considerati coming out. Il più recente è Cattivo sangue di Elena di Cioccio. «Ero giovane, abitavo con il mio fidanzato in una piccola casa sul Naviglio di Milano, avevo mille sogni nel cassetto e tutta una vita davanti. Ma una mattina mi sono svegliata senza sapere che da lì a poche ore la mia vita sarebbe cambiata per sempre». Comincia così il viaggio della Iena che al Corsera ha raccontato: «Dopo anni passati divisa tra la paura e la rabbia, non mi sento più in difetto di niente. Io sono questa cosa qui e non voglio più nascondermi. Quando incontro ogni singola persona mi domando se, come e quando dire che sono sieropositiva: lasciando la mia parola scritta ora lo do per fatto, una volta per tutte». Un percorso di salvezza e accettazione intrapreso qualche anno fa anche da Jonathan Bazzi con il suo Febbre. Nel 2016, un giorno di gennaio si accorge di avere qualche linea. Una febbre insistente che lo spossa. Che non se ne va. Che lo fa sudare di notte. Dopo qualche mese in cui pensa di essere affetto da una malattia incurabile, arriva il responso della sieropositività. Da quel momento quella febbre ha un nome. Da lì Bazzi ripercorre la sua adolescenza a Rozzano – Rozzangeles – periferia milanese dalla quale per molti è impossibile uscire. Lo stesso “Bronx meneghino” da cui proviene Fedez. Per chiudere il cerchio, anche il rapper e produttore è tornato a raccontare la sua malattia, un tumore al pancreas, nella seconda stagione dei Ferragnez, ora sui Prime Video. «Quando vi succede qualcosa di fortemente traumatico nella vita (come una grave malattia o un grande lutto) abbiate cura della vostra salute mentale ed emotiva e non trascurate le vostre emozioni ne quelle delle persone che vi stanno accanto», aveva scritto su Instagram dando ai suoi follower la notizia.

Da Murgia a Galeazzi e Di Cioccio:la malattia nei libri
Elena Di Cioccio, Cattivo sangue.