Alle urne si sono recati in pochissimi, poco più del 40 per cento degli aventi diritto. Ma, nonostante un campione così risicato, le elezioni irachene del 10 ottobre hanno decretato un vincitore: è Muqtada al-Sadr, un religioso sciita già leader del principale gruppo parlamentare. Personaggio influente da tempo, il suo Movimento Sadrista è stato il partito più votato della coalizione Sairoon (di cui facevano parte anche i comunisti iracheni, che però questa volta non si sono presentati), e l’alleanza ha ottenuto 73 seggi su 329, in crescita rispetto ai 54 del 2018.

È ancora troppo presto, però, per abbozzare il nome del prossimo primo ministro. Anche nelle precedenti elezioni i sadristi erano stati i più votati, ma poi la carica era stata assegnata agli indipendenti Adel Abdul Mahdi e a Mustafa al-Kadhimi. Visti gli ottimi numeri, però, è certo che al-Sadr potrà influenzare in maniera decisiva le scelte del Presidente della Repubblica Bahram Salih, che ha il compito di nominare il capo dell’esecutivo.
Chi è Muqtada al-Sadr, il più influente politico iracheno
La figura di al-Sadr ha incominciato a emergere a livello internazionale nel periodo dell’invasione americana dell’Iraq. Fondatore della milizia Esercito dei Mahdi, i suoi uomini si resero protagonisti di una lunga serie di attentati contro le truppe statunitensi. All’epoca, al-Sadr aveva forti legami con l’Iran, il più grande Paese a maggioranza sciita al mondo e nemico storico di Washington. Con base nella Sadr city di Baghdad, quartiere rinominato così proprio in onore della famiglia al-Sadr dopo la caduta di Saddam Hussein, le sue milizie provocarono migliaia di morti si tra i soldati americani che tra quelli iracheni. E non solo, perché l’Esercito dei Mahdi organizzò omicidi, sequestri, torture e altre violenze a danni della minoranza sunnita. Che, durante la dittatura, aveva invece goduto dei privilegi concessi da Saddam, sunnita anche lui.
Quella della famiglia al-Sadr è una storia di resistenza e di politica attiva che inizia ben prima dell’arrivo di Muqtada. Suo padre, Mohammed Sadeq, è stato un religioso rispettato e influente in tutto il mondo islamico sciita, assassinato nel 1999 (insieme a due suoi figli) probabilmente su ordine di Saddam Hussein. Il suocero, l’ayatollah Muhammad Baqir al-Sadr, fu giustiziato dalle autorità irachene nel 1980. Suo cugino, l’Imam libanese Musa al-Sadr, fondò nel 1974 il movimento spirituale Lega dei diseredati, poi sfociato nel partito-milizia Amal, molto attivo durante la guerra civile libanese e ancora presente nel parlamento di Beirut. Nel 1978, quando Muqtada aveva 4 anni, Musa si recò in Libia per un viaggio ufficiale e scomparve: da allora di lui non si sono più avute notizie.

Muqtada al-Sadr, quindi, è a lungo stato considerato un personaggio pericoloso, sia dagli Stati Uniti (che lo hanno incluso nella lista dei terroristi) sia dalle autorità irachene, che iniziarono presto una dura repressione ai danni delle sue milizie. Le cose cambiarono nel 2014, con l’arrivo in Iraq e Siria dello Stato islamico. L’Esercito dei Mahdi cambiò nome in Brigata della Pace, e al-Sadri partecipò attivamente alla guerra contro l’Isis, pur rimanendo indipendente rispetto all’Iran (che invece finanziò diversi gruppi sciiti in entrambi i Paesi).
La carriera politica “istituzionale” di Muqtada al-Sadr
La sconfitta del Califfato servì ad al-Sadr e ai suoi per “pacificarsi” con le autorità irachene e per entrare gradualmente nella società civile. Molti suoi miliziani finirono nell’esercito regolare, Muqtada iniziò la sua carriera politica mutando radicalmente la sua posizione. Duramente critico nei confronti dell’Iran, compì una storica visita in Arabia Saudita (il primo nemico di Teheran) per incontrare Mohammed bin Salman, la massima autorità politica dell’islam sunnita wahabita. Ovvero, quella frangia più radicale che considera gli sciiti i principali nemici del mondo musulmano, infedeli per eccellenza.
Candidandosi con un’agenda populista fondata tutta sulla «distruzione della corruzione», al-Sadr si è presentato per la prima volta alle elezioni nel 2018, ottenendo un successo poi confermato – anzi, aumentato – anche domenica scorsa. La Reuters ha dedicato al Movimento sadrista un lungo reportage, spiegando come, sfruttando le debolezze istituzionali del governo, ha acquisito sempre più potere all’interno delle istituzioni irachene. Un governo indebolito dalle proteste di piazza del 2019 – su cui i sadristi hanno soffiato per montare ancora di più il malcontento – e in grossa difficoltà dopo l’uccisione, a Baghdad, del potentissimo generale iraniano Qasem Soleimani nel gennaio 2020. Così, al-Sadr ha potuto piazzare tutti i suoi uomini nelle posizioni che contano. Per questo, non è determinante che sia lui, o uno dei suoi, a ricoprire la carica di primo ministro: di fatto, al-Sadr governa il Paese senza governarlo. La posizione ideale per portare a termine tutti i propri obiettivi, rimanendo però nell’ombra.