Enrico Laghi, ceo di Edizione Holding, Giampiero Massolo, presidente di Mundys, e ora Andrea Mangoni, scelto dopo una lunga selezione come amministratore delegato della nuova Atlantia. Sono loro che, insieme con Alessandro Benetton, secondogenito del fondatore Luciano, gestiranno i destini del gruppo di Ponzano Veneto. Sono il volto del cambiamento, ma al tempo stesso con la loro rete di relazioni nel mondo della politica e della finanza garantiscono la continuità. A cambiare completamente è stata la ragione sociale. Adesso Atlantia si chiama Mundys (uno gli investitori pubblicitari di questo giornale, ndr). E il riferimento va al motto latino Omnia munda mundis. Si tratta dell’incipit della lettera di San Paolo al discepolo Tito, citato nei Promessi Sposi da frate Cristoforo per rabbonire il portinaio del convento, turbato per l’arrivo di Agnese e Lucia. Ma cosa intende esattamente San Paolo con questa frase? E perché è citata da Alessandro Manzoni? Semplice: ogni cosa appare pura a chi è puro nell’animo.
La progettualità dei Benetton dopo la vendita di Autostrade
La famiglia Benetton sembra dunque aver mandato un messaggio preciso quando ha deciso che Atlantia dovesse cambiare nome. Una scelta maturata a metà marzo dai soci durante un’assemblea straordinaria. Certo Mundys (rispetto a mundis) è una parola che richiama alla globalità e il suo simbolo racchiude il dinamismo di chi viaggia. Gli analisti ora si interrogano sulla filosofia che anima l’operazione di rebranding: davvero rottura col passato o solo un maquillage per chiudere un periodo per la dinastia trevigiana molto travagliato? Un fatto è certo. I Benetton hanno dovuto darsi una nuova progettualità dopo la tragedia del ponte Morandi, e la conseguente vendita miliardaria di Autostrade per l’Italia (Aspi) a Cassa depositi e prestiti (Cdp) che ha diviso il mondo politico. Il Consorzio composto da Cdp Equity, Blackstone Infrastructure Partners e Macquarie Asset Management ha acquistato l’88 per cento del pacchetto azionario di Aspi per 9 miliardi.

Il nuovo assetto presentato come atto di discontinuità
La cerimonia che ha varato il rebranding Benetton ha riunito tutti gli amministratori delegati e le prime linee di manager delle sei controllate: José Aljaro Navarro (ceo Abertis), Anne Bonet (Elizabeth River Crossing), Gabriele Benedetto (Telepass), Frank Goldnadel (Aéroports de la Côte d’Azur), Diego Savino (Grupo Costanera), Marco Troncone (Aeroporti di Roma), Jan Willwock (cfo Yunex Traffic). All’incontro hanno preso parte anche Benetton, Laghi, Andrea Valeri, chairman di Blackstone Italy, e il segretario generale della fondazione Crt Massimo Lapucci. Ossia i tre azionisti principali (rispettivamente con il 57, il 37,8 e il 5,2 per cento del capitale) della holding nel nuovo assetto post-delisting. «Apriamo un nuovo capitolo della nostra storia imprenditoriale. Voglio sottolineare che non si tratta di un vestito nuovo su un corpo vecchio, ma sancire un progetto studiato per più di un anno», ha dichiarato Alessandro Benetton. Un piano che «è fatto di discontinuità».

Gli obiettivi: ammodernare le infrastrutture e spingere sull’innovazione
Edizione, una cassaforte che vale circa 12 miliardi e amministra il patrimonio di famiglia, punta a fare di Mundys «il primo gruppo mondiale delle infrastrutture». Un gruppo che ha chiuso il 2022 con un fatturato consolidato di 7,4 miliardi. Il presidente Massolo ha detto che la potenza da fuoco è rappresentata da 10 miliardi di investimenti, risorse che verranno impiegate nel prossimo quinquennio per ammodernare le infrastrutture e spingere sull’innovazione. Mundys si presenta infatti come una piattaforma che offre mobilità sempre più integrata. Il gruppo gestisce ogni anno tre miliardi di transiti di automezzi leggeri e pesanti, 60 milioni di transiti passeggeri aeroportuali (negli scali italiani di Fiumicino e Ciampino e francesi di Nizza, Cannes e Saint Tropez), 7,5 milioni di clienti Telepass oltre a sistemi intelligenti di traffico di 600 città fra cui Londra, Miami, Singapore e Bogotà. A queste risorse si aggiungeranno gli eventuali aumenti di capitale che gli azionisti, Edizione e Blackstone, sono pronti a sostenere per la crescita.
Diventare entro cinque anni leader mondiale della mobilità sostenibile
«Il fondo americano si è impegnato ad apportare nuovo capitale in Mundys, assieme a Edizione, in caso di nuove acquisizioni. C’è completa sintonia dal punto di vista strategico», ha confermato Valeri. La holding infrastrutturale della famiglia Benetton promette di investire in innovazione e qualità dei servizi, con l’obiettivo di diventare entro cinque anni il leader mondiale nel campo delle infrastrutture e della mobilità sostenibile. Mundys è il primo concessionario autostradale al mondo, attraverso Abertis e Costanera, con 9.400 chilometri di reti in 11 Paesi, e oltre al controllo dei sopracitati aeroporti offre a 7,5 milioni di clienti i servizi di Telepass, a cui si aggiungono, grazie a Yunex Traffic, piattaforme di mobilità urbana in oltre 600 città al mondo, tra cui Londra, Miami e Singapore.

Andrea Mangoni, un manager dal profilo industriale e finanziario
Ciliegina sulla torta, a guidare Mundys è stato chiamato Mangoni, amministratore delegato di doBank, società posseduta da fondi gestiti da Fortress Investment Group. Nato a Terni nel 1963, laurea in scienze economiche, il manager ha iniziato la sua carriera collaborando con l’InterAmerican Development Bank, occupandosi di progetti di ristrutturazione in Brasile e Argentina. Nel 1996 è entrato in Acea come responsabile della finanza straordinaria, coordinando le attività relative al collocamento in Borsa della società e quindi come cfo. Nel 2003 è stato nominato amministratore delegato. Nel 2009 ha lasciato Acea per approdare in Telecom Italia in qualità di presidente operativo di Telecom Italia Sparkle, società responsabile della gestione del traffico e della rete internazionale, e cfo del gruppo Telecom. Nel 2012 è stato nominato direttore generale international operations di Telecom Italia. In questo ruolo, ha fra l’altro gestito la crisi di Tim Brasil, diventandone chief executive officier. Da giugno 2013 a marzo 2015 è stato presidente e ceo di Sorgenia, gestendone la ristrutturazione finanziaria. Fino a novembre 2015 ha ricoperto la carica di direttore generale di Fincantieri. Un profilo industriale e finanziario, con esperienze lavorative in Spagna e il Brasile, che si lega con la sua mission in Mundys. Insomma, un manager di qualità chiamato a incarnare il nuovo corso.

Sulle orme di un’altra grande holding di partecipazioni, la Exor di Elkann
Nel frattempo Alessandro Benetton, il figlio di Luciano, ha messo la firma su tre operazioni che hanno ridisegnato l’assetto dell’impero di famiglia: la vendita di Autostrade alla cordata Cdp-Macquarie-Blackstone, l’Opa su Atlantia per 12,7 miliardi e la fusione di Autogrill con Dufry, operazione che darà vita a un gigante della ristorazione e del travel retail da oltre 13,5 miliardi di ricavi. Tre partite che delineano un percorso preciso. Mundys, seguendo in questo le orme di un’altra grande holding di partecipazioni, la Exor di John Elkann, sarà sempre più una holding di partecipazioni nel business infrastrutturale con focus internazionale: concessioni autostradali, aeroporti e mobilità sostenibile.

Fusione Autogrill-Dufry: un gigante della ristorazione e del travel retail
Appena insediato, per preservare il controllo e mettere al sicuro Atlantia dalle mire dei fondi Gip e Brookfield e dal socio spagnolo Florentino Perez, il presidente di Edizione ha stretto un patto d’acciaio con Blackstone. Il motivo? Il lancio della mega-Opa in cui gli americani hanno contribuito con 4,4 miliardi per mettere in portafoglio post-delisting il 37,8 per cento del capitale del gruppo. Il patto è stato suggellato con un accordo di consultazione in cui non esiste un’exit strategy per Blackstone. Un’anomalia per un fondo infrastrutturale che ha investito in un business concessorio di lunga durata. Certo, c’è un lock up di cinque anni, il patto (rinnovabile) scade dopo un quinquennio e all’orizzonte c’è il ritorno in borsa dell’ex Atlantia per consentire agli americani di monetizzare. Cambiamento, secondo Benetton, ha voluto dire anche la contemporanea accelerazione su altri dossier industriali. Oltre alla vendita di Autostrade, all’Opa su Atlantia per 12,7 miliardi, c’è la fusione di Autogrill con Dufry, che darà vita a un gigante della ristorazione e del travel retail da oltre 13,5 miliardi di ricavi. Così, quando a fine giugno il ceo Gianmario Tondato ha portato sul tavolo di Laghi i concambi possibili per l’opas di Dufry su Autogrill, i vertici di Edizione si sono subito attivati per stringere sul deal, arrivato qualche settimana dopo. Dufry ha depositato in Consob il documento di offerta pubblica di scambio obbligatoria che ha avuto il via libera. Nel luglio del 2022 Edizione e Dufry hanno stretto un accordo che ha portato alla nascita di nuovo player mondiale nel settore dei servizi di ristorazione e retail per chi viaggia.

Messi tutti d’accordo i rami della famiglia Benetton
Le visite di Benetton a Madrid, al quartier generale di Acs, hanno poi permesso alla holding di restaurare lo spirito di collaborazione con l’altro socio forte in Abertis. Il dialogo ha messo le basi anche per la cessione a Perez dell’intero 14,46 per cento nel capitale del costruttore tedesco Hochtief. Resta ora da capire quali potranno essere i prossimi colpi. L’operazione Mundys intanto sembra aver messo d’accordo tutti i rami della famiglia che dopo la morte di Gilberto Benetton, l’uomo della diversificazione, avevano manifestato pareri discordati sulle strategie da seguire. E ha portato al riconoscimento della leadership di Alessandro tra i numerosi eredi della seconda generazione.