Adieu Bebel. In questo 2021 ci lascia anche Jean Paul Belmondo. Se ne va uno dei monumenti del cinema francese. Ottantotto anni, l’attore è sempre stato apprezzato per il suo stile brillante e scanzonato. Caratteristiche, insieme con i lineamenti pronunciati e un naso schiacciato da boxeur, che lo hanno contraddistinto in ruoli da duro ma con il cuore tenero o da giovane spericolato come nelle commedie di Philippe de Broca L’uomo di Rio (1964) e L’uomo di Hong Kong (1965). Ma che non gli hanno certo impedito di interpretare ruoli drammatici come in Fino all’ultimo respiro (1960), manifesto della Nouvelle Vague di Jean-Luc Godard che lo volle protagonista anche di Pierrot le fou (1965). Oppure in La mia droga si chiama Julie (1969) di François Truffaut. In Italia, Belmondo vestì i panni di Michele ne La Ciociara di Vittorio De Sica. Ma il maggiore successo, lui bel tenebroso, lo ottenne nei polizieschi, recitando con Claude Sautet in Asfalto che scotta (1960), Quello che spara per primo di Jean Becker (1961), fino a Lo spione di Jean Pierre Melville.
Storica la “rivalità” con l’altro divo del cinema francese, Alain Delon, di due anni più giovane, con cui nel 1970 recitò in Borsalino. Nato a Neuilly sur Seine, vicino a Parigi, Belmondo aveva lontane origini italiane. Nel 2001 l’attore era stato colpito da un ictus e per otto anni era scomparso dalla scena pubblica. Eppure riuscì a rimettersi in piedi per ritirare nel 2011 la Palma d’oro alla carriera al Festival di Cannes. Si sposò due volte: la prima fu nel 1952 con la ballerina Élodie Constantin, dalla quale ebbe tre figli. Dopo il divorzio, dal 1966 al 1972 ebbe una relazione con Ursula Andress e fino al 1980 fu legato sentimentalmente a Laura Antonelli. Nel 2002 portò all’altare Natty Tardivel da cui divorziò sei anni dopo.