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Postare dal campo profughi

La fotografa spagnola Noemì e il 21 enne rifugiato Amir hanno creato un account Instagram che documenta la quotidianità dei migranti sull’isola di Lesbo. L’obiettivo è fornire una fotografia che sia specchio fedele della realtà.

19 Luglio 2021 16:5519 Luglio 2021 16:56 Camilla Curcio
L'account social @now_you_see_me_moria si occupa di raccontare la vita dei rifugiati nel campo profughi dell'isola greca

Documentare le vite dei rifugiati del campo di Moria, offrendone una fotografia il più possibile vicina alla realtà. Questo l’obiettivo di @now_you_see_me_moria, una collaborazione nata ad agosto del 2020 tra la photo editor spagnola Noemí e il profugo Amir. Alla base dell’idea proprio uno scatto. Colpita da un’immagine postata su Facebook dal 21enne, originario dell’Afghanistan e da tempo ormai rifugiato campo profughi sull’isola greca di Lesbo, la fotografa lo ha contattato. «Ho capito che, tramite quel gesto, stesse esternando la necessità di parlare di quel che accadeva lì dentro», ha spiegato Noemí in un’intervista a The Face, «Certe immagini hanno un potere straordinario. Non sono perfette, ma catturano immediatamente l’osservatore».

@now_you_see_me_moria, un account da 30 mila follower

Così, da uno scambio di messaggi, è nato l’account Instagram che attualmente conta oltre 30 mila follower. Uno spazio utile a documentare la quotidianità dei rifugiati di Moria attraverso il contributo di chi ci vive. Molti, pur postando, scelgono di rimanere anonimi. Altri, invece, come gli afgani Ali e Moustafa o il siriano Qutaiba, non hanno alcun problema a rivelare la loro identità. E sono tante le storie venute a galla attraverso il social. A settembre 2020, il campo è stato quasi interamente distrutto da un incendio e per una settimana, i rifugiati sono stati costretti a vivere per strada.

Dopo quel drammatico evento ,molti sono stati costretti a trasferirsi in un altro campo, Kara Tepe, in breve diventato una replica di Moria. Bagni ai limiti della decenza, poca acqua calda, accesso limitato al cibo, tende non in grado di resistere alla pioggia come al caldo, insufficienti a ospitare le famiglie. Sarebbe dovuta essere una soluzione temporanea, ma i lavori di rifacimento del vecchio campo non sono ancora iniziati, mentre già dai progetti si intuisce che non si tratterà esattamente di un bel posto. Idea confermata dall’intenzione di vietarne l’accesso, oltre che ai giornalisti (già impossibilitati anche solo ad avvicinarsi al vecchio campo), anche alle organizzazioni non-profit dietro la motivazione di dover tutelare la privacy degli ospiti.

 

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@now_you_see_me_moria, gli obiettivi del progetto

Indipendentemente dal contesto complicato, l’iniziativa si prefigge di rispondere a tre obiettivi. Il primo è proporre un’alternativa alla narrazione che, dal 2015 in poi, i media hanno dato dei migranti. «Nella maggior parte dei casi, vengono raffigurati non come persone senza sogni e speranze. Una massa anonima di uomini, donne e bambini arrivati su gommoni stipatissimi solo per fare numero», ha spiegato Noemí. «Noi vogliamo proporre un punto di vista completamente differente, rompendo gli stereotipi. Ovviamente, non censuriamo i momenti brutti ma ci teniamo a far vedere agli utenti anche sprazzi di quotidianità, ritraendo i migranti mentre ballano, giocano a calcio o a scacchi». Il secondo è sensibilizzare l’opinione pubblica sulla continua violazione dei diritti umani perpetrata nel campo, invitando i cittadini europei a mettere pressione sui singoli governi e velocizzare le pratiche burocratiche. Il terzo, infine, è convincere la Grecia a spostare i profughi in aree che permettano loro di vivere in sicurezza, senza lottare ogni giorno per la sopravvivenza.

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