Tra Milano e Roma sono molti gli ambienti imprenditoriali, politici e finanziari che seguono con attenzione la corsa alla rielezione del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, anche nei giorni in cui le voci su una possibile sfida da parte della vicepresidente Letizia Moratti si sono intensificate. Non è sfuggito però ai più attenti il fatto che le pressioni dell’Assessora al Welfare per una sua candidatura nel centrodestra siano aumentate nei giorni in cui, a Roma, Giorgia Meloni entrava in pressing per definire il quadro politico nazionale in vista del voto del 25 settembre. Candidature nei collegi e, soprattutto, il nodo della premiership hanno tenuto per settimane sul filo il centrodestra. Poi, nel vertice di mercoledì 27 luglio si è fatta chiarezza definendo la distribuzione dei collegi e chi dovrà andare a Palazzo Chigi in caso di vittoria: il premier sarà espresso dal partito della coalizione che prenderà più voti.

Così diverse, così reciprocamente utili
Che tra Meloni e Moratti ci sia un canale aperto lo segnalano in tanti. Apparentemente diverse in tutto, l’onorevole romana 45enne e la 72enne politica e manager milanese sono regolarmente in contatto e, secondo quanto risulta a Tag43, tutt’altro che distanti su visione e strategia per il prossimo futuro. Sanguigna e smaniosa di emergere Meloni, donna di potere e relazioni la Moratti; figlia della politica costruita all’interno del Gra la prima, legata agli ambienti economici e imprenditoriali meneghini la seconda; popolare e di piazza Giorgia, come è chiamata nel suo inner circle per marcarne la vicinanza, aristocratica come la Milano di un tempo la dottoressa Bricchetto coniugata Moratti. Ma la sintonia c’è e il piano inclinato che ha portato la politica italiana verso il voto anticipato ha favorito questa convergenza.
Obiettivi comuni sull’asse Milano-Roma
Primo punto chiave: Meloni e Moratti hanno condiviso, negli ultimi mesi, l’obiettivo di erodere la centralità della Lega nel centrodestra. Compito favorito dagli errori politici di Matteo Salvini, ma anche dal fisiologico ridimensionamento del Carroccio. Con la sua centralità nella coalizione Fratelli d’Italia e Meloni si sono affermati pivot della coalizione nei giorni in cui Moratti alzava la posta con Fontana, rivendicando di fatto i successi della Giunta nella seconda parte della battaglia contro la pandemia, in sintesi quando è entrata in campo al posto dell’assessore Giulio Gallera. Del resto Moratti non ha alcuna intenzione di scendere in campo contro la macchina da guerra elettorale del centrodestra lombardo, nonostante abbia apprezzato le parole di stima di Carlo Calenda che le assegnerebbe un ruolo di primo piano in Azione.

Secondo punto: il voto anticipato del 25 settembre ha separato i destini elettorali dapprima uniti di Palazzo Chigi e di Regione Lombardia, rendendoli però interdipendenti. Il voto anticipato permetterà di definire un chiaro rapporto di forza nel centrodestra che Fdi potrà far valere anche nella roccaforte del sistema di potere leghista e forzista. È irragionevole pensare che Fdi voglia, nel momento di massima ascesa, rinunciare al controllo dello “Stato nello Stato” lombardo rompendo con Moratti. Le cui sortite possono però essere lette attraverso la lente di un do ut des sull’asse Roma-Milano. In altre parole: non è a Milano che bisogna guardare per capire il futuro di Moratti, ma a Roma. Gli ambienti di Fdi lavorano per coinvolgere attorno al partito figure della società civile ascrivibili al centrodestra in vista di futuri impegni di governo. E il nome di Moratti è dato tra i più caldi per un ministero di alto rango. In quest’ottica, da un lato Moratti si intesterebbe una nuova centralità nella coalizione indipendentemente da Lega e Forza Italia. Dall’altro, Meloni si vedrebbe definitivamente sdoganata al centro.

Moratti a Palazzo Chigi: l’asso nella manica di Meloni
C’è poi da sottolineare un terzo punto. La vicinanza di Moratti può aiutare Meloni a proseguire quella strategia di inserimento su Milano che i leader locali del partito, Ignazio La Russa e Daniela Santanché in testa, chiedono con forza ma che il “cerchio magico” romano del partito non sta pienamente assecondando. Fdi avrà bisogno di figure di riferimento e di accreditamenti negli ambienti di potere in caso di exploit elettorale alle prossime Regionali. E l’alleanza con figure come Moratti può sicuramente aiutare. Inoltre, Meloni potrà rivendicare di aver “sminato” alla Lega il terreno qualora lo schema di convergenza con l’ex sindaca di Milano andasse in porto. Vi è, infine, un’ultima suggestione che Tag43 ha raccolto e che potrebbe prendere piede qualora Fdi avesse la maggioranza nella coalizione di centrodestra: Meloni starebbe pensando a Moratti come unica figura alternativa per Palazzo Chigi in caso di veti impliciti ma sostanziali da parte degli alleati, degli apparati dello Stato o di determinate cancellerie estere sul suo ingresso a Palazzo Chigi. Moratti non ha tessere di partito, è stimata nella coalizione di centrodestra, e soprattutto gode della fiducia della presidente di Fratelli d’Italia. Rapporto che, malgrado le apparenze, non è così solido invece con Salvini, vissuto come antagonista e le cui mosse sono guardate sempre con sospetto anche per via del rapporto privilegiato che il leader del Carroccio ha con Silvio Berlusconi. Sul filo rosso Meloni-Moratti, dunque, si può trovare la chiave di volta con cui il centrodestra unito può consolidarsi come forza di governo sull’asse Milano-Roma per la prima volta dal 2011. E consacrare Giorgia al suo centro.