Montenegro, secondo governo “vittima” della Chiesa ortodossa serba

Matteo Innocenti
22/08/2022

Il governo del premier Abazović è caduto dopo una mozione di sfiducia. Prima era toccato all'esecutivo di Krivokapic. Il Paese balcanico sta attraversando mesi di forti tensioni, dovute al discusso concordato con la Chiesa ortodossa serba: potrebbe approfittarne il suo strenuo oppositore Djukanovic, deciso a tornare al potere.

Montenegro, secondo governo “vittima” della Chiesa ortodossa serba

Una mozione di sfiducia è stata approvata sabato dal parlamento di Podgorica, facendo perdere la maggioranza al governo del primo ministro montenegrino Dritan Abazović, in carica da aprile. La mozione ha ricevuto 50 voti, mentre il resto dell’assemblea, composta da 81 membri, ha scelto di boicottare il testo, tranne uno che ha votato contro. Tutto questo a pochi mesi da un’altra mozione di sfiducia, che a febbraio aveva fatto cadere il precedente governo di coalizione

Abazovic, il suo governo è durato meno di quattro mesi

Il Montenegro sta attraversando un periodo caratterizzato da forti tensioni politiche. Dovute, in particolare, al controverso accordo firmato il 3 agosto tra il governo di Abazović e la Chiesa ortodossa serba, i cui fedeli rappresentano la maggioritaria nel Paese balcanico: il concordato, che secondo molti non protegge sufficientemente gli interessi dello Stato, prevede la regolamentazione della proprietà di centinaia di monasteri e chiese in Montenegro.

Montenegro, secondo governo "vittima" della Chiesa ortodossa serba: mozione di sfiducia per l'esecutivo di Abazović. Il ruolo di Djukanovic.
Dritan Abazovic (SAVO PRELEVIC/AFP via Getty Images)

Djukanovic, il piano per tornare al potere 

Ad aprile, la formazione di un nuovo esecutivo di minoranza guidato da Dritan Abazović, leader della coalizione Crno na bijelo (“Nero su bianco)”, ovvero una delle tre forze politiche uscite vincitrici dalle elezioni del 2020, è stata possibile grazie all’appoggio esterno del Partito democratico dei socialisti (DPS), guidato dall’attuale presidente del Montenegro, Milo Djukanovic, che è stato in passato primo ministro per quattro mandati. Secondo diversi analisti politici, Djukanovic avrebbe sfruttato questo periodo di transizione per massimizzare le possibilità di vincere alle elezioni anticipate previste per il 2023, a tre anni da una sconfitta elettorale che ha posto fine a tre decenni di potere ininterrotto del DPS (all’epoca il premier era Dusko Markovic). E così è stato: per settimane Djukanovic, all’opposizione, ha usato l’accordo con la Chiesa ortodossa serba per destabilizzare il governo e premere per elezioni anticipate.

Montenegro, secondo governo "vittima" della Chiesa ortodossa serba: mozione di sfiducia per l'esecutivo di Abazović. Il ruolo di Djukanovic.
Milo Djukanovic (Filip Filipovic/Getty Images)

Artefice dell’indipendenza dalla Serbia avvenuta nel 2006, Djukanovic è da tempo strenuo oppositore della Chiesa ortodossa serba, della quale è determinato a ridurre l’influenza nel Paese (e a nazionalizzarne le proprietà), intento a cementare un’identità nazionale distinta. Anche a costo di provocare uno scisma, che porterebbe alla creazione di un’altra Chiesa ortodossa indipendente. O, almeno, di una la cui autocefalia sia riconosciuta. Perché una Chiesa ortodossa montenegrina, in realtà, c’è già. Complicato, vero, ma d’altra parte nei Balcani le questioni religiose sono estremamente delicate, come insegna la storia.

Montenegro, secondo governo "vittima" della Chiesa ortodossa serba: mozione di sfiducia per l'esecutivo di Abazović. Il ruolo di Djukanovic.
Porfirije, Patriarca della Chiesa ortodossa serba (SAVO PRELEVIC/AFP via Getty Images)

Montenegro, cosa prevede il concordato con la Chiesa ortodossa serba

In Montenegro, un terzo dei 620 mila abitanti si identifica come serbo. Nel Paese l’istituzione religiosa dominante è la Chiesa ortodossa serba (SPC), mentre la Chiesa ortodossa montenegrina, rifondata nel 1993 e nella quale si identifica il 30 per cento dei credenti, non è riconosciuta da nessun’altra Chiesa ortodossa e trae legittimità dal riconoscimento da parte dello Stato (che la inquadra come organizzazione non governativa dal 1999). L’accordo al centro delle tensioni, destinato per il Patriarca ortodosso serbo Porfirije a sancire «il coronamento della normalizzazione dei rapporti tra il Montenegro e la sua Chiesa», prevede l’obbligo di registrare tutte le chiese ortodosse e i monasteri come appartenenti alla SPC, così come la restituzione alla Chiesa delle proprietà che sono state nazionalizzate o confiscate dalle autorità comuniste durante e dopo la Seconda guerra mondiale. Inoltre, lo Stato non potrebbe concedere permessi di costruzione di altre chiese ortodosse senza l’approvazione della SPC: un duro colpo per la Chiesa ortodossa montenegrina, che tramite il metropolita Mihailo ha chiesto un equo trattamento in quanto i suoi luoghi di culto «sono di proprietà dello Stato del Montenegro, non della Chiesa ortodossa serba».

Montenegro, secondo governo "vittima" della Chiesa ortodossa serba: mozione di sfiducia per l'esecutivo di Abazović. Il ruolo di Djukanovic.
Zdravko Krivokapic (Filip Filipovic/Getty Images)

In attesa di capire come si evolverà la situazione, che la Serbia osserva con interesse (così come la Russia), quello di Abazović è il secondo governo consecutivo caduto sulla questione ecclesiastica, già costata la sfiducia all’esecutivo guidato dall’indipendente Zdravko Krivokapic, tra l’altro vicinissimo alla SPC. A farlo cadere lo scorso febbraio era stato il partito Ura di Abazovic, anche lui “vittima” della Chiesa ortodossa serba.