Ogni volta accade qualcosa di tragico, la prima cosa che sentiamo dire è: si poteva evitare. Oppure i processi e le indagini che partono in concomitanza al fatto, si sviluppano per capire se sarebbe stato possibile evitare l’incidente se solo qualcuno avesse detto o avesse fatto qualcosa. È esattamente quello che sta accadendo oggi nel mondo della micromobilità. A Sesto San Giovanni un ragazzo di appena 13 anni è morto a seguito della caduta da un monopattino privato, prestatogli da un suo amico, più grande, per farglielo provare. Erano sulla pista ciclabile, minorenne senza casco e senza la giusta conoscenza del mezzo, ha percorso pochi metri e poi è caduto, battendo il viso a terra e morendo poco dopo l’arrivo in ospedale. Un fatto tragico, una perdita immane, che subito vede il sentimento dell’opinione, specie politica, urlare a leggi più severe, a regolamentazioni, a restrizioni e quanto altro.
Le leggi per i monopattini e la micromobilità esistono già
Ma quello che sfugge o che piace nascondere, è che queste leggi esistono già, ma non vengono rispettate. Quindi invece di fare qualcosa per incoraggiare al rispetto delle leggi, al rispetto delle regole quando si guida qualunque mezzo, anche un monopattino, si rimprovera lo Stato incapace di fare leggi che impediscano questi fatti tragici. Però se guardiamo all’incidente dell’altro ieri, la vittima aveva appena 13 anni: e la legge vieta l’uso del monopattino a chi ha un’età inferiore ai 14 anni. La vittima non indossava il casco: la legge impone l’uso del casco sul monopattino fino ai 18 anni. La vittima non era un guidatore di monopattini esperto, e anche qui il buon senso avrebbe voluto che prima avesse fatto pratica in un luogo sicuro e non sperimentare il mezzo direttamente su pista ciclabile, in un luogo pubblico, per di più non completamente sicuro con i cordoli così sporgenti. Quindi la legge che regolamenta l’uso del monopattino, esiste, ha regole ben chiare: inasprirla non ha alcun senso, se non quello di ritardare e cercare di impedire il progresso e le nuove tecnologie.

La differenza tra monopattini in sharing e privati
Questo accade sempre e accade a maggior ragione per l’innovazione. Quando si deve disciplinare l’innovazione, ovvero un prodotto o un servizio che cambiano la vita delle persone, occorre fare in modo di non imbrigliarla, di non impedire l’arrivo di cose nuove solo per difendere posizioni precostituite come invece accade spesso, un po’ per paura delle novità, un po’ perché è più facile vedere e quindi difendere quel che si rischia di perdere piuttosto che valutare gli impatti positivi del cambiamento immaginato. Tutto questo per dire che approvare nuove norme sull’onda dell’emozione rischia di farci sbagliare. E poi bisogna sottolineare la differenza tra monopattino in sharing e monopattino privato. Per quanto riguarda i monopattini in sharing, questi sono costantemente monitorati, non sono in nessun modo manomissibili, sono assicurati e le velocità sono prestabilite e non alterabili: massimo 25 km/h e 6 km/h nelle aree pedonali. Particolarmente diverso è il discorso legato ai monopattini privati, di cui il proprietario è gestore totale del mezzo, impedendo di fatto il controllo da parte di enti terzi.
A settembre al via la campagna di educazione stradale promossa da Helbiz
In Francia, Spagna e Germania come nella maggior parte dei Paesi europei non è previsto l’obbligo del casco per i minorenni: in Italia questo obbligo invece è già presente. A luglio la commissione Trasporti ha audito il settore della micromobilità in sharing, che ha proposto attività di informazione nelle scuole e tutorial obbligatori in App per incentivare il corretto utilizzo del mezzo da parte degli utenti. A settembre partirà una campagna nazionale di educazione civica stradale dedicata alla micromobilità promossa da Helbiz nelle scuole, con l’obiettivo di dare la giusta informazione e gli strumenti e regole sul corretto utilizzo del mezzo alle giovani generazioni. Helbiz da anni porta avanti attività e progetti per disincentivare l’uso scorretto del mezzo, e per divulgare le norme stradali da rispettare. Lo fa insieme alle Forze dell’ordine attraverso giornate di formazione nei quali fa provare in sicurezza il monopattino a chi non conosce il mezzo, attraverso un test drive guidato. Anche sulla app e sul sito ci sono video e sezioni dedicate alla sicurezza, nelle quali in maniera semplice vengono spiegate tutte le regole da seguire, e sta lavorando a progetti scolastici, per arrivare a parlare direttamente ai ragazzi più giovani. Inasprire una legge che già parla chiaro non ha senso. Bisognerebbe fare come sta facendo Helbiz: parlare ai diretti interessati attraverso attività specifiche, sviluppando una sensibilità civile reale, e non giocare sulle emozioni a caldo, come si è soliti fare, che non porterebbe a nulla se non a creare leggi proibitive che determinerebbero ad un rallentamento di una settore che sta dimostrando essere il futuro.