C‘è chi la paragona ad Angela Merkel, ma la donna forte della Moldavia deve ancora dimostrare di essere davvero potente e soprattutto longeva come la cancelliera tedesca: Maia Sandu è presidente dell’ex repubblica sovietica soltanto da alcuni mesi – è stata eletta nel novembre del 2020 – ma ormai da qualche anno è una delle protagoniste del teatro politico di Chisinau. L’economista ha già ricoperto incarichi istituzionali: prima come ministra della Pubblica istruzione dal 2012 al 2015 e poi come premier, da giugno a novembre 2019. Filoeuropeista e storica rivale di Igor Dodon, pro Cremlino, ora Sandu ha l’occasione di dare una scossa alla Moldavia, una delle delle nazioni più arretrate e povere d’Europa. L’11 luglio infatti si tengono le elezioni anticipate e Sandu mira a ottenere con il suo partito Pas, (Partito di azione e solidarietà) la maggioranza parlamentare sconfiggendo il Blocco elettorale dei Comunisti e dei Socialisti (BECS) con a capo gli ex presidenti Dodon e Vladimir Voronin.

Sandu e la rete di relazioni in Occidente
I sondaggi le sono favorevoli, il clima in Moldavia anche, dopo le crisi politiche ed economiche che hanno segnato il Paese sin dalla sua indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991. Trent’anni dopo il distacco da Mosca, Chisinau si trova di fronte alla possibilità di avere una presidente e un governo pronti a tagliare i ponti con la Russia. Maia Sandu ha appunto il compito di farlo, con il sostegno aperto di Bruxelles e Washington. Nata nel 1972, quando la Cortina di ferro è caduta Sandu frequentava ancora l’università. Economista di formazione, è entrata presto nei circoli filoccidentali che contano, facendo carriera all’interno del ministero dell’Economia dove si occupava delle relazioni con le organizzazioni internazionali. Così ha cominciato a costruire la sua rete di contatti e relazioni. Nel 1998 ha lavorato presso la sede della Banca mondiale della capitale moldava. Dai primi Anni Duemila ha fatto un po’ l’altalena tra varie istituzioni e ministeri fino a che non è sbarcata ad Harvard con una borsa di studio. Per un paio d’anni si è fermata a Washington, sempre alla Banca Mondiale, e nel 2012 è ritornata in patria come ministro dell’Istruzione. Cominciando la sua vera scalata.

In ballo il futuro economico della Moldavia
Sullo sfondo della sfida elettorale, la guerra fredda in corso tra Russia e Occidente. La Moldavia è solo l’ultimo teatro, in ordine di tempo. E ora il rischio per la nuova presidente e del Pas è quello di ripetere gli stessi errori di Dodon e compagni: adottare uno strabismo politico incapace di tenere unito il Paese. Cose già viste, in altre dimensioni e con altri esiti, in Ucraina. La situazione è diversa, ma non meno pericolosa, a partire dal fatto che a un’ottantina di km da Chisinau si trova Tiraspol, capitale della Transnistria, repubblica non riconosciuta dalla comunità internazionale, legata però a doppio filo con la Russia. Resta da vedere se Sandu, ammesso e non concesso che il Pas riesca a costruire un solido asse tra presidenza e governo, deciderà di adottare una strategia dura con il Cremlino, come sta facendo il suo collega a Kiev Volodymyr Zelensky, o sceglierà un approccio più moderato, dialogante e pragmatico, sul modello di Angela Merkel. Non solo: in ballo c’è il futuro economico a breve e lungo periodo della Moldavia. La commissione Ue lo scorso primo giugno ha dato l’ok a un piano da 600 milioni di euro spalmati su tre anni per il sostegno all’economia nazionale da destinare soprattutto a infrastrutture e alle piccole e medie imprese. Sicuramente una boccata d’ossigeno necessaria per Chisinau ma condizionata all’attuazione delle riforme chieste da Bruxelles, su tutte quella della giustizia. E non è difficile credere che con il Pas al governo sarebbe tutto più semplice.