Ma perché il ministro Gilberto Pichetto Fratin ha scelto proprio Maria Rosaria Mesiano, dirigente della Regione Calabria, per l’incarico dirigenziale di seconda fascia di direttore della divisione IV “Infrastrutture energetiche”? Un posto mica da poco all’interno del dicastero dell’Ambiente. La divisione, infatti, rientra sotto la direzione generale infrastrutture e sicurezza e nello specifico si occupa di temi rilevanti, soprattutto con una crisi energetica non ancora alle spalle.
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Tra i suoi compiti: analizzare i sistemi infrastrutturali energetici europei nei settori elettrico e del gas naturale, dando impulso alle dinamiche di integrazione del sistema infrastrutturale energetico nazionale a livello regionale e con i Paesi terzi; adottare provvedimenti di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di elettrodotti di competenza statale; rilasciare concessioni per la trasmissione e la distribuzione di energia elettrica e monitoraggio dell’attività dei concessionari; lavorare i procedimenti di autorizzazione alla costruzione, modifica e dismissione di impianti per la produzione di energia elettrica di competenza statale e monitoraggio dello stato delle realizzazioni; occuparsi delle direttive alle imprese di trasporto di distribuzione, di rigassificazione e di stoccaggio di gas naturale.

Come mai è stata preferita all’altra concorrente Marina Petri?
A guida di tutto questo il ministro ha voluto la Mesiano e a chiedersi il perché, come si diceva, non sono le classifiche voci di corridoio, ma la Corte dei conti. In merito al decreto di incarico, infatti, la Corte chiede al ministero dell’Ambiente di fornire «dettagliati chiarimenti» su tre aspetti. Il primo, forse il principale: «Le ragioni per le quali si è ritenuto di preferire la dott.ssa Mesiano nell’attribuzione dell’incarico in questione rispetto all’altra concorrente esaminata, la dott.ssa Marina Petri». Per i giudici contabili, infatti, dal decreto di incarico e dall’allegato “verbale” «non emergono le motivazioni per il conferimento di incarichi dirigenziali di livello non generale, relativamente alla valutazione comparativa effettuata», visto che nelle premesse del decreto di incarico «risulta soltanto che […] alla luce della valutazione comparativa delle istanze pervenute, è emerso che la dott.ssa Maria Rosaria Mesiano risulta avere un profilo professionale più adeguato all’incarico».

Dallo stesso verbale emerge poi che il curriculum di Mesiano è stato ritenuto «in linea con la posizione relativa alla Divisione III (rimasta poi vacante all’esito della procedura di interpello), ma “più consona alla Divisione IV” (per la quale risulta essere stata effettuata la valutazione comparativa)». E proprio per questo la Corte chiede di trasmettere l’istanza di partecipazione alla procedura di interpello dell’altra candidata, Marina Petri (comprensiva degli stessi documenti inviati in relazione all’istanza di Mesiano), e anche le istanze relative alle altre due candidature valutate «irricevibili» dalla direzione generale Risorse umane e acquisti.
Fari accessi sull’eccessiva assunzione di personale esterno
Un secondo aspetto su cui la Corte vuole vederci più chiaro riguarda «le ragioni per le quali non risulta dagli atti trasmessi a questo Ufficio che i dirigenti interessati a ricoprire le posizioni dirigenziali siano stati “sentiti” dal dirigente generale competente», così come richiesto dalla normativa. C’è poi un ultimo aspetto. I giudici chiedono lumi sull’accertamento della sussistenza delle condizioni previste dal decreto ministeriale sul conferimento degli incarichi e in particolare il rispetto dei limiti della dotazione organica per il personale dirigenziale esterno al dicastero. Un problema, questo, che il ministero guidato da Pichetto non si trova ad affrontare per la prima volta. Nei giorni scorsi, infatti, era arrivato lo stop del Mef alla nomina di Laura D’Aprile a dirigente di livello generale come capo del dipartimento dello Sviluppo sostenibile. Il motivo era proprio la nomina di troppi dirigenti e il conseguente superamento del tetto posto dalla normativa.