Riorganizzare, riorganizzare e ancora riorganizzare. Se si dovesse trovare una parola d’ordine per il ministero dell’Ambiente sicuramente ‘riorganizzare’ sarebbe quella giusta. Dal 2019 si sono avute ben quattro riorganizzazioni, tutte con l’obiettivo dichiarato di migliorare la struttura del dicastero, ma che di fatto hanno portato a ingrossare le fila delle posizioni di vertice. Una tendenza che, sebbene non prerogativa di quest’ultimo governo, l’esecutivo Meloni e il ministro Gilberto Pichetto Fratin non hanno frenato, anzi, alimentato.
Da Costa a Cingolani, l’aumento di direttori generali e dipartimenti
Nel 2019, sotto la guida del ministro Sergio Costa in quota M5s due riorganizzazioni portarono da otto a 10 il numero dei direttori generali; nel 2021, con Roberto Cingolani, e con l’arrivo delle competenze sull’energia, il ministero si articolò in tre dipartimenti e 10 direzioni generali. Ma non finisce qui. Bisogna aggiungere l’Unità di missione per il Pnrr, sotto la quale rientravano altre due direzioni generali. «Abbiamo aggiunto un nuovo tassello alla strategia del Green New Deal», annunciò ai tempi il ministro Costa. «Il provvedimento approvato dal Consiglio dei ministri rinnova totalmente il ministero dell’Ambiente permettendoci di adeguare la struttura amministrativa alle sfide del futuro. Ora saremo più forti e organizzati per affrontare le sfide ambientali sia a livello nazionale sia a livello internazionale, attraverso un maggiore presidio del territorio e una maggiore capacità di monitoraggio su tutti gli enti e amministrazioni che attuano le politiche ambientali». E non era stato da meno Cingolani che aveva parlato di «passo fondamentale per dare piena operatività alla transizione ecologica attraverso l’impiego degli strumenti e delle risorse del Pnrr. Sarà una vera e propria rigenerazione che consentirà di superare quegli ostacoli di origine burocratica, tecnologica e strutturale e rendere la pubblica amministrazione efficacemente al servizio dei cittadini e dell’ambiente». A conti fatti, però, dal 2019 alla riorganizzazione del 2021, per i posti di funzione dirigenziale di livello generale si è passati da 10 a 13 unità, per quelle di livello non generale da 48 a 67.

Il decreto Ministeri ha consentito di aumentare il personale degli uffici di diretta collaborazione del ministro
Ma non è ancora finita. Il cosiddetto decreto Ministeri dello scorso novembre ha consentito al ministero di allargare il contingente di personale degli uffici di diretta collaborazione del ministro fino a 30 unità. E così, è notizia della scorsa settimana, è arrivato il conferimento dell’incarico di vice capo legislativo a Fabrizio Fedeli, Carlotta Maggioni, Massimo Nardini, Davide Ponte, Massimiliano Umile, Marco Vasile D’Agostino. Tutte figure interne il cui ruolo non era ancora formalizzato. Voci interne dal ministero dicono che il gabinetto, soprattutto sul fronte legislativo, fosse ampiamente sotto organico; altri addetti ai lavori parlano di unicum. La crescita del numero dei dirigenti non ha portato però a performance gratificanti. Il ministero, infatti, risulta in testa tra le amministrazioni che hanno in carico provvedimenti attuativi relativi alla scorsa legislatura: su un totale di 347 provvedimenti, 58 sono in capo proprio all’Ambiente (cui seguono Salute con 57 e Infrastrutture con 37).

Paolo D’Aprile, l’incarico da 100 mila euro e il faro della Corte dei conti
C’è poi un altro caso a via Cristoforo Colombo. E riguarda Paolo D’Aprile. Ex manager della società McKinsey e già coordinatore dell’Unità per il Pnrr con Cingolani, è rimasto all’interno del ministero come esperto in materia di energia e relazioni Ue e internazionali. Incarico da 100 mila euro l’anno. Su cui però la Corte dei conti ha acceso un faro. Molti i dubbi dei giudici contabili. La Corte, infatti, ha chiesto al ministero se non ci fossero altre figure già interne alla Pa che potessero ricoprire tale incarico e i motivi di uno stipendio così alto, visto che la legge consente compensi sopra i 100 mila euro solo in casi eccezionali che non vengono individuati nel dm di nomina che si limita a sottolineare la “particolare e pluriennale esperienza nelle materie oggetto dell’incarico”. Infine, la Corte ha chiesto anche chiarimenti sull’identità di D’Aprile visto che nella “documentazione trasmessa” dal ministero “risulta indicato il nominativo di tale Luigi D’Aprile”.
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