Una Tax Force al Cremlino
Da 20 mesi premier, l'ex capo del Fisco scelto da Putin sta conquistando punti nei sondaggi, nonostante le accuse di corruzione e la difficile gestione dell'emergenza Covid. Chi è Mikhail Mishustin.
Quando il 15 gennaio del 2020 Vladimir Putin ha tirato fuori dal cilindro il nome di Mikhail Mishustin come sostituto di Dmitri Medvedev, molti dentro e fuori la Russia hanno reagito chiedendosi chi fosse davvero il nuovo primo ministro della Federazione e cosa ci si dovesse attendere dopo la fine del tandem tra Vladimir Vladimirovich e Dmitri Anatolevich iniziato nel 2008. Dopo la staffetta al Cremlino fino al 2012 e gli otto anni alla Casa Bianca, la sede del governo a Mosca, Medvedev, figura tutt’altro che brillante e poco amata dall’elettorato, è stato parcheggiato come vice al Consiglio di sicurezza e al suo posto cooptato Mishustin, per 10 anni (2010-2020) a capo del Servizio fiscale, tecnocrate non proprio conosciuto al grande pubblico, una sorta di soggetto misterioso al timone al governo. Quasi 20 mesi dopo la sua nomina, il premier russo si sta dimostrando una scelta azzeccata.

Mishustin e la generazione dei civiliki
Mikhail Mishustin appartiene a quella categoria di uomini dello Stato che è stata definita con il neologismo di “civiliki”, in contrapposizione ai “siloviki”, coloro che provengono dalle forze dell’apparato statale, militari, di sicurezza e d’intelligence. Sono insomma i civili che si sono fatti strada nel sistema putiniano nel corso degli ultimi 20 anni, come appunto Medvedev, dalla formazione giuridica e rappresentante del sottogruppo dei pietroburghesi. Mishustin invece è un economista specializzato in materie fiscali, la sua carriera politica è iniziata nel 1999 come viceministro quando Putin era premier. Poi è passato a dirigere il Servizio federale per il catasto (2004-2006) e quello per le Zone economiche speciali (2006-2008). Dopo una parentesi come presidente del fondo istituzionale Ufg Invest Group è giunto al vertice del Fisco russo. Sotto la sua supervisione il servizio è stato riformato e digitalizzato, cosa che ha permesso una maggiore efficienza con relativa riduzione dell’economia sommersa. Successi che non hanno impedito però al blogger anticorruzione Alexey Navalny di prenderlo di mira con accuse di corruzione appena dopo il suo passaggio alla guida del governo.
Il gradimento del primo ministro è stabile al 50 per cento
Il problema per l’opposizione extraparlamentare è che accusare qualcuno di essere un ladro – questo lo slogan storico contro Putin e anche il titolo di un video di Navalny contro Mishustin – in Russia funziona in maniera relativa, anche con prove (o presunte prove) alla mano. Il Paese è uno dei più corrotti al mondo, nella classifica di Transparency del 2020 si trova al 129esimo posto, grandi tangenti e piccoli regali sono all’ordine del giorno, dai ministeri alle scuole elementari. I russi stessi non ne fanno una tragedia. Anche così si spiega il fatto che nei sondaggi il premier abbia invertito comunque i valori negativi costanti di Medvedev e si sia costruito un’immagine positiva nonostante le ombre e le difficoltà nella gestione dell’emergenza Covid. Secondo i dati del Levada Center il rating di approvazione del primo ministro è stabile oltre il 50 per cento, 10 punti in meno di Putin, ma ricordando che Medvedev navigava intorno al 30 per cento e il governo russo non ha mai brillato nemmeno della luce riflessa dal presidente, si tratta di risultati di tutto rispetto.

Il nodo della successione a Putin nel 2024
Mikhail Mishustin, nato nel 1966, rappresenta quella generazione di mezzo che si colloca tra la vecchia guardia putiniana, come il ministro degli Esteri Sergei Lavrov (1950) e quello della Difesa Sergei Shoigu (1955), e i nuovi rampanti come Anton Vaino (1972), già da un paio d’anni a capo dell’Amministrazione presidenziale, la potente macchina al servizio del Cremlino. È oggi un po’ presto per dire se Mishustin o altri “civiliki” più giovani potranno vincere la lotta interna con i “siloviki” e gli altri variegati gruppi che ruotano intorno ai poteri forti dell’oligarchia politica ed economica. Le prossime elezioni parlamentari del 19 settembre sono solo un tappa intermedia e poco significante in attesa di quella del 2024, quando scadrà il prossimo mandato di Putin e dovrà essere eletto un nuovo presidente. Il nodo della successione è lungi dall’essere sciolto e Vladimir Vladimirovich può prolungare comunque la sua permanenza al Cremlino. Per adesso Mikhail Mishustin guadagna punti, poi si vedrà.