Un anno fa ne aveva parlato Boris Johnson e l’idea era la stessa: inviare in Ruanda tutti i richiedenti asilo arrivati nel Regno Unito irregolarmente. Oggi a parlarne è Giorgia Meloni nel secondo dei due giorni in visita a Londra dal premier Rishi Sunak. «Non è una iniziativa che stiamo prevedendo noi», ha spiegato ai giornalisti presenti all’ambasciata italiana la presidente del Consiglio. «Però sicuramente anche nei Paesi africani o in atri Paesi, se si trovano soluzioni per evitare che la congestione avvenga tutta negli stessi luoghi… questo aiuta. Il fatto che sia un Pese terzo non vuol dire, più soluzioni si trovano per alleggerire la pressione e meglio è».

Meloni appoggia Sunak: «Vuole collaborare con l’Ue»
L’intento di Meloni è soprattutto di rinsaldare i rapporti con il premier britannico Sunak. E infatti lo difende, quando un giornalista chiede se rischiasse di spaccare l’Unione Europea con le sue politiche migratorie: «No, al contrario. Quello che Sunak sta cercando di fare è collaborare con la Ue e con l’Italia, ma l’ha fatto anche con la Francia di Macron, con cui hanno fatto un partenariato. Non è un tentativo di dividere l’Europa è un tentativo di collaborare». E insiste, spiegando che la Gran Bretagna «è disponibile a collaborare con Frontex, per esempio. Perché come sempre se non si difendono le frontiere esterne e non si lavora sulla dimensione esterna hai voglia a cercare di risolvere il problema internamente tra le singole nazioni. Chi arriva in Italia poi va in Francia, in Germania, in alcuni casi, per il tramite della Manica, arriva in Gran Bretagna».
La premier: «Immigrazione illegale, così non stai deportando nessuno»
Poi si parla di diritti umani violati e non: «Non so quali siano i principi che vengono violati. Questo racconto per cui il Ruanda come qualsiasi nazione africana è una nazione impresentabile, quello sì che è razzismo. Non è una questione di deportazione, di fronte all’immigrazione illegale non stai deportando nessuno. Quando queste persone arrivano tu processi le loro richieste, c’è un tempo nel quale quella richiesta va processata per capire se c’è il diritto ad avere la protezione internazionale o no. Nel qual caso, per tutte le Corti del mondo, se non hai diritto alla copertura devi tornare a casa. Dove queste richieste vengano processate, e la stessa Ue prevede dei centri dove trattenere queste persone durante la richiesta, dove questo accade, è assolutamente secondario. Il punto che dobbiamo considerare è che la materia diventa molto più difficile da gestire se tu pensi di poter concentrare la pressione solo su alcune nazioni».
