Migranti e questione Tunisia: se anche l’Italia non è un porto sicuro

Giulio Cavalli
29/04/2023

Il Consiglio di Stato olandese ha stabilito che non si possono rispedire verso il nostro Paese i richiedenti asilo, perché ci mancano i requisiti minimi di accoglienza. Come se non bastasse, stringiamo accordi con la "nuova Libia", e cioè la Tunisia del presidente autoritario Kais Saied. Un bubbone politico e umanitario.

Migranti e questione Tunisia: se anche l’Italia non è un porto sicuro

Nemmeno l’Italia è un porto sicuro. Il principale tribunale amministrativo olandese ha stabilito mercoledì che le locali autorità per l’immigrazione non possono permettersi di rispedire migranti in Italia. La causa riguardava due uomini, un nigeriano e un migrante che afferma di provenire dall’Eritrea. Per le regole dell’Unione europea – l’hanno capito quasi tutti, tranne qualche ministro – i due avrebbero dovuto presentare domanda di asilo nel Paese in cui sono sbarcati. L’Italia, appunto. Il nigeriano ha raccontato di avere presentato la domanda per tre volte, l’altro ha confessato di avere provato subito a entrare in Europa.

Non soddisfiamo i bisogni: alloggio, cibo e acqua corrente

Dice il tribunale olandese che poiché il governo italiano ha affermato di voler sospendere la possibilità di presentare domande d’asilo per mancanza di strutture di accoglienza non esistono i requisiti minimi perché venga rispettato un diritto sancito dai trattati internazionali. Non è un’osservazione da poco. «Al momento i richiedenti asilo in Italia rischiano di trovarsi in una situazione in cui non sono soddisfatti i loro bisogni primari più importanti, come l’alloggio, il cibo e l’acqua corrente», ha detto il Consiglio di Stato, che ha dunque concluso che i due richiedenti non possano essere trasferiti in territorio italiano.

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Migranti, sbarco a Catania. (Getty Images)

I Paesi di frontiera sono spinti a violare le leggi

I meccanismi stabiliti dal Regolamento di Dublino sottintendono che il Paese di sbarco che deve farsi carico dell’identificazione dei migranti e della valutazione della loro regolarizzazione abbia gli strumenti e la volontà di prendersi questa responsabilità. Nel traballante meccanismo di solidarietà europea questo non accade. Accade di peggio: i Paesi di frontiera spesso sono spinti (e lautamente pagati) per riuscire nel modo più compìto possibile a violare le leggi. Appaltare le frontiere a Stati che abbiano lo stomaco di respingere fregandosene del diritto e dei diritti è una pratica europea da anni, nonostante la strategia non compaia in nessun documento ufficiale.

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Migranti pronti a sbarcare in Italia. (Getty Images)

La redistribuzione rimane sempre promessa inevasa

La sentenza olandese però ha una valenza politica e umanitaria. La politica, innanzitutto: dal punto di vista del rispetto dei diritti umani l’Europa (Italia compresa) è un reticolo di illegalità che vorrebbe trovare una sintesi che stia dentro le regole che l’Europa stessa s’è data. Il tilt europeo è nella decisione del tribunale olandese che crea evidenti problemi al suo governo («questo non aiuta», ha commentato il ministro dell’Immigrazione olandese Eric van der Burg, spiegando che le conseguenze della sentenza potrebbe peggiorare i problemi già esistenti nei centri di accoglienza olandesi), il tilt europeo è nella Francia che aggiunge poliziotti al confine con l’Italia (senza maggioranza in parlamento per fare passare il “pacchetto immigrazione” che vorrebbe il presidente Emmanuel Macron) o nella ridistribuzione dei migranti che rimane sempre promessa inevasa. Uno stallo a Bruxelles causato soprattutto dalla mancanza di coraggio di chi, come l’Italia, dovrebbe dire ai suoi amici sovranisti di smetterla di gigioneggiare sulla difesa dei confini e di cominciare a progettare una reale solidarietà europea che difende i confini di più e meglio.

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Emmanuel Macron. (Getty Images)

Occhio, perché presto la Tunisia diventerà una nuova Libia

Anche perché nei prossimi mesi accadrà – segnatevelo – una prevedibile novità e tutti si fingeranno impreparati. Qualche tribunale o qualche organizzazione scriverà nero su bianco che la Tunisia con cui l’Italia si sta affannando per trovare accordi non è un porto sicuro e non è un Paese di origine sicuro. Ci si accorgerà che diverse organizzazioni tunisine e internazionali per la tutela dei diritti umani hanno espresso preoccupazione per «l’indebolimento dell’indipendenza della magistratura, gli arresti di critici e oppositori politici, i processi militari contro i civili, la continua repressione della libertà di espressione e le minacce contro la società civile».

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Kais Saied. (Getty Images).

Si dovrà fare i conti con l’atteggiamento discriminatorio contro i migranti provenienti dall’Africa subsahariana e le persone nere (andatevi a riascoltare il discorso pronunciato dal presidente tunisino Kais Saied il 21 febbraio). Sarà una nuova Libia. E ancora una volta l’Italia dirà che sì, che è vero che ci sono episodi di violenza, ma che ormai l’accordo con la Tunisia è imprescindibile e non possiamo permetterci di farne a meno. Nemmeno l’Italia è un porto sicuro, vedendo come sceglie i suoi partner.