Secondo l’ultimo report compilato da Global Drug Survey, durante la pandemia i consumatori di droghe ricreative, sparsi per il mondo, avrebbero iniziato ad assumere microdosaggi di sostanze psichedeliche per tenere sotto controllo il proprio benessere psicofisico.
Microdosaggi di psichedelici come alternativa agli psicofarmaci
Generalmente adoperati in dosi da 10 a 20 microgrammi, soprattutto nella Silicon Valley, per stimolare creatività e produttività, LSD e funghetti allucinogeni sarebbero diventati parte integrante di vere e proprie terapie di automedicazione. Che, per almeno la metà degli intervistati che si sono sottoposti ai sondaggi, avrebbero sostituito parzialmente o del tutto le medicine prescritte dal medico curante. «La nostra ricerca evidenzia come le persone abbiano iniziato a sperimentare l’efficacia delle dosi minime durante il lockdown», ha spiegato al Guardian il professor Adam Winstock, fondatore e direttore del Global Drug Survey, «probabilmente a causa dei lunghi tempi d’attesa per accedere ai servizi sanitari che si occupano di salute mentale». Ma non solo. Lo studio ha rivelato che un terzo dei soggetti che hanno fatto ricorso a piccole quantità di psichedelici ha riferito di averne provato anche varianti meno tradizionali come MDMA, ketamina e ayahuasca, una decotto consigliato dai guaritori indigeni.

I risultati della ricerca del Global Drug Survey
«In passato, si ricorreva a queste droghe per incrementare la propria performance professionale», ha sottolineato Winstock, «negli ultimi 12 mesi, invece, pare che i dosaggi minimi si siano affiancati agli psicofarmaci». Del campione di ‘microdosatori’ che erano abituati ad assumere medicinali specifici per il trattamento di disturbi mentali, un quarto ha dichiarato di aver smesso di prenderli e un altro quarto di averne ridotto la posologia a favore degli allucinogeni. Mentre la maggioranza non ha dovuto fare i conti con gli effetti collaterali, una minima percentuale (tra l’8 e il 10 per cento) si è ritrovata ad accusare conseguenze più o meno fastidiose.
Legalizzare i dosaggi minimi come presidio medico
Per quanto si debba procedere con estrema cautela, Winstock spera che questi numeri spingano il servizio sanitario, gli psichiatri e la politica a impegnarsi nella costruzione di una campagna positiva a favore delle microdosi a fini medici. Aggiungendo anche come, mantenendo la pratica illegale e non facendo informazione corretta, gli elementi più vulnerabili rischino di assumerne quantità spropositate e letali. Sulla scorta di un hype che, nel tempo, ha portato alla nascita di una narrazione gonfiata sugli effetti positivi delle sostanze psichedeliche, assecondata dalle mode e spinta dallo scetticismo della gente nei confronti dell’onestà degli scienziati e delle case farmaceutiche.

L’effetto del Covid e le nuove abitudini
Oltre a questi risultati, il lavoro degli studiosi (che, tra dicembre 2020 e marzo 2021, hanno vagliato le risposte di più di 32mila persone provenienti da 20 paesi) ha messo in luce anche l’impatto del Covid sul fenomeno. Nel range temporale considerato, l’uso degli psichedelici è diminuito ma, rispetto al set di dati raccolti nei sei anni precedenti, è decisamente cresciuto. Così come sono cambiati i metodi di assunzione di stupefacenti in contesti pubblici. Ad esempio, su 14 mila fruitori di cannabis, il 42 per cento ha smesso di condividere pipe o bong e poco meno del 24 per cento ha ammesso di non essere propenso ad accettare spinelli preparati da altri. Molti, in generale, sono stati anche quelli che, fumando, hanno osservato attentamente le norme del distanziamento sociale.