La trasmissione «Quante Storie» condotta da Giorgio Zanchini ha fatto da sfondo all’intervista rivolta alla scrittrice Michela Murgia, sul suo ultimo libro «Tre ciotole, rituali per un anno di crisi». Un lavoro scaturito dal periodo pandemico, quello stesso periodo in cui «l’assenza della socialità ci ha costretto ad avere a che fare più con noi stessi che con gli altri. Ho scritto questi 12 racconti ripensando a quell’anno e sapendo che prima o poi tutti gli scrittori faranno i conti con quell’anno cercando di rielaborarlo».

Michela Murgia e le parole di Burioni
Dopo il recente annuncio della scrittrice con il quale ha raccontato lo stadio della sua malattia, Michela Murgia ha parlato dell’importanza della fiducia nei confronti di chi ti ha in cura, nel suo caso l’oncologo Fabio Calabrò. Sua la frase che da il via alle prime pagine del libro: «lei ha una nuova formazione di cellule sul rene» e suo anche il merito di aver contribuito a dare la giusta fiducia necessaria alla donna per affrontare un percorso così delicato, tanto che lei stessa lo ha definito a suo parere «il migliore che mi potesse capitare». Questa malattia, ha affermato la scrittrice: «non è una cosa che arriva da fuori, è un cambiamento che accade all’interno del nostro corpo: il cancro siamo noi». Un approccio alla malattia guidato e non esente da critiche, come raccontato dalla Murgia: «Burioni per esempio mi ha deluso molto. Ma come fa un medico serio a dare giudizi a parlare di me senza aver visto la mia cartella clinica?».
La scelta della Murgia di guadagnare tempo in qualità
Ma a cosa sono legate le parole del dott. Roberto Burioni? Il medico si è espresso sulla scelta della Murgia: «Io non voglio alzarmi la mattina sapendo che devo andare a combattere una guerra, come dice il mio medico la guerra presuppone un vincitore e un vinto, invece qui non c’è una vittoria o una sconfitta, è uno degli eventi della vita». La scrittrice infatti ha fatto una richiesta esplicita al suo medico: «Gli ho detto che non volevo guadagnare un mese di vita costretta in ospedale, gli ho spiegato che preferivo privilegiare la qualità del tempo che mi rimaneva, continuare a fare vita sociale, vedere i miei affetti, i miei amici: e lui ha capito». Di qui la delusione della Murgia nel leggere di medici importanti che l’accusavano di avere un atteggiamento sbagliato, troppo poco combattivo, perché anche al quarto stadio c’è speranza. La scrittrice ha anche affrontato il tema della libertà di scelta durante la malattia: «Sono libera di scegliere quanto curarmi, se prendere meno o più medicine, perché nel mio corpo ci sono io. Insomma, ha rispettato completamente la mia volontà».