Il tribunale di Roma ha dato ragione a Meta in una battaglia legale che si protraeva da anni contro Casapound. La sentenza ha riconosciuto il diritto di Meta, società proprietaria di Facebook, Instagram e Whatsapp, di rimuovere la pagina dell’associazione perché non rispetta i diritti fondamentali della persona, soprattutto la dignità umana. La vicenda risale al 2019, quando il colosso di Zuckerberg ha eliminato da Facebook e Instagram le pagine di Casapound e Forza Nuova, oltre a quelle di Gianluca Iannone, Simone Di Stefano e Roberto Fiore.

Per il tribunale «i discorsi d’odio non rientrano nella tutela della libertà di pensiero»
Nella sentenza del tribunale di Roma si legge che «i discorsi d’odio, poiché in grado di negare il valore stesso della persona così come garantito agli articoli 2 e 3 della Costituzione, non rientrano nell’ambito della tutela della libertà di manifestazione del pensiero che non può spingersi fino a negare i principi fondamentali e inviolabili del nostro ordinamento». Si legge che poiché il regolamento di Facebook viene accettato dagli utenti al momento dell’iscrizione, il social può considerare Casapound un’associazione che istiga all’odio e «poteva risolvere il contratto grazie alle clausole contrattuali accettate al momento della sua conclusione». Non solo un diritto ma praticamente un «dovere di rimuovere i contenuti».

La sentenza del 2 dicembre
La decisione definitiva del tribunale arriva dopo un iniziale dietrofront di appena 21 giorni fa. Il 2 dicembre, infatti, il tribunale di Roma aveva ordinato ai vertici di Meta di riaprire la pagina di Casapound. Se non l’avesse fatto, sarebbe scattato il risarcimento per il danno procurato all’associazione. Oggi invece, la nuova sentenza che ribalta ancora una volta tutto. Il portavoce di Facebook nel 2019 aveva detto: «Chi diffonde odio non trova posto nelle nostre pagine, gli account che abbiamo rimosso violano la nostra policy a tutela della libertà individuali».