La polizia penitenziaria di Messina si è trovata di fronte a una richiesta alquanto fuori dal comune. Nella notte tra venerdì e sabato, un uomo di 38 anni si è presentato per ben due volte alle porte della casa circondariale di Gazzi per chiedere il permesso di poter ritornare in carcere. Una storia che può sembrare bizzarra ma che non lo è, quella raccontata da Repubblica, con un uomo libero, senza alcuna pena da scontare, a voler tornare lì, in quella che per anni è stata la sua casa.

Messina, uomo libero chiede di poter tornare in carcere
Il 38enne si è presentato venerdì sera, intorno alle 23.30, ai cancelli della casa circondariale di Gazzi, a Messina. La richiesta è stata di essere arrestato, ma non si trattava in realtà di una persona che voleva costituirsi. L’agente di guardia, spiega Repubblica, ha capito cosa intendesse l’uomo e gli ha risposto, sorpreso, che non poteva acconsentire alla sua volontà. E ciò che ha ulteriormente spiazzato la guardia è stata la contro-risposta del 38enne, che ha spiegato come fuori, da uomo libero, non poteva permettersi né da mangiare né un luogo in cui vivere. Non avendo un punto di riferimento stabile, tentava solo di tornare dove era stato trattato bene: in carcere. Qualche ora dopo è tornato chiedendo anche di parlare con Angela Sciavicco, direttrice del carcere.
Da Gazzi ammettono: «Episodi frequenti»
La vicenda, grave, si è conclusa con il no all’uomo. Dalla casa circondariale, però, dichiarano a Repubblica che non si tratta della prima volta: «Purtroppo frequentemente, abbiamo assistito a questi episodi. Con tantissime persone, che, una volta libere, preferirebbero privarsi della libertà conquistata per tornare in carcere. Per paura del mondo esterno, ma soprattutto per mancanza di punti di riferimento, e più in generale per paura della vita. Una vicenda tristissima, una sconfitta della società». Lancia l’allarme anche l’associazione Antigone, che si occupa di tutela dei diritti e garanzie nel sistema penale: «Una terribile storia di miseria sociale di una persona che trova conforto in un universo privativo della libertà. Perché proprio lì, in carcere, vengono soddisfatti bisogni primari, quali il diritto all’alimentazione, che fuori, purtroppo, non sempre vengono soddisfatti».
