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Mercenari russi del gruppo Wagner accusati di crimini di guerra in Libia

Un rapporto dell’Onu conferma l’uso irregolare di mine e trappole esplosive in Libia da parte dei mercenari russi. Si tratterebbe di una violazione del diritto internazionale.

26 Maggio 2022 12:51 Fabrizio Grasso
Un rapporto dell’Onu conferma l’uso irregolare di mine e ordigni esplosivi in Libia da parte del gruppo Wagner, mercenari legati alla Russia.

I mercenari russi hanno sistematicamente violato il diritto internazionale in Libia. Lo rivela un rapporto delle Nazioni Unite oggi pubblicato dal Guardian. Secondo gli investigatori i combattenti del gruppo Wagner, compagnia militare attiva anche in Ucraina e che si sospetta abbia legami diretti con il Cremlino, si è macchiata di diversi crimine di guerra. Sotto accusa anche le attività del gruppo in Mali e Repubblica Centrafricana. I dati completi del rapporto saranno disponibili nelle prossime settimane.

LEGGI ANCHE: Il gruppo Rusich e la Legione Imperiale Russa, chi sono i neonazisti di Putin

I mercenari russi di Wagner hanno piazzato mine nel suolo e nei peluche

Il report dell’Onu, che il Guardian ha visionato in anteprima, copre le azioni del gruppo Wagner in Libia per 13 mesi, dal marzo 2021 all’aprile 2022. L’accusa però risale a un periodo ancora precedente. Gli investigatori ritengono infatti che la compagnia abbia usato indiscriminatamente mine in aree civili due anni fa, quando appoggiò l’offensiva del generale Khalifa Haftar nel Paese. Il gruppo piazzò mine antiuomo e anticarro, una delle quali all’interno di un orsacchiotto di peluche, senza segnalarne la posizione. Non solo. Non ha rimosso gli ordigni inesplosi quando ha lasciato le zone di conflitto. Un modus operandi che, secondo il diritto internazionale, costituisce un crimine di guerra.

Un rapporto dell’Onu conferma l’uso irregolare di mine e ordigni esplosivi in Libia da parte del gruppo Wagner, mercenari legati alla Russia.
Alcune delle trappole esplosive lasciate in Libia dal gruppo Wagner (Twitter)

Nel dettaglio, le precauzioni non vennero prese per 35 mine antiuomo ad Ain Zara, in Tripolitania. «Questa incapacità di evitare o almeno ridurre gli effetti accidentali sulla popolazione ha reso illegale il loro metodo di guerra», si legge nel report. Un ordigno, infatti, ha causato la morte di due sminatori civili poco dopo il ritiro del gruppo Wagner dalla città. «Il dispositivo non presentava alcuna segnalazione e si trovava all’interno di un oggetto innocuo in un’abitazione». Stesso discorso per le mine anticarro sulla strada a sud di Tripoli, molto frequentata dal traffico civile.

Il tablet che ha fornito le informazioni e la risposta del ministro russo Lavrov

L’Onu ha tratto numerose informazioni grazie a un tablet abbandonato dal gruppo Wagner e rinvenuto nel 2021. Nella memoria, gli investigatori hanno trovato un documento di 10 pagine risalente al gennaio 2020 con un elenco di armi ed equipaggiamenti destinati a diverse sottounità. Presenti nomi in codice di alcuni vertici della compagnia, tra cui un «direttore generale» che per gli esperti è «molto probabilmente Yevgeny Prigozhin», oligarca vicino a Vladimir Putin. Prigozhin ha però negato al Guardian, in un’intervista di inizio maggio, di avere legami con il gruppo Wagner.

Un rapporto dell’Onu conferma l’uso irregolare di mine e ordigni esplosivi in Libia da parte del gruppo Wagner, mercenari legati alla Russia.
Sminatori libici al lavoro per rimuovere gli ordigni del gruppo Wagner (Twitter)

La Libia è solo uno dei teatri che hanno visto il coinvolgimento di Wagner. Oltre all’Ucraina, dove si ritiene che i mercenari abbiano ucciso anche diversi civili, il Guardian cita Mali e Repubblica Centrafricana. Nel primo Paese, alcuni report militari interni parlano di massacri multipli, mentre nel secondo ci sono prove di violazioni dei diritti umani. Se il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha recentemente ammesso che il gruppo Wagner era presente sul suolo libico, ha però ribadito la posizione ufficiale di Mosca secondo cui la compagnia militare non avrebbe alcun legame con il Cremlino.

Le ripetute violazioni dei diritti in Libia

Il rapporto dell’Onu offre poi anche un quadro sulla situazione in Libia. Dipinge infatti un Paese in cui le violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno. Dal 2014, lo Stato nordafricano si trova diviso tra il governo occidentale riconosciuto a livello internazionale e le forze di Haftar sostenuto da Russia ed Emirati Arabi. Sebbene, come ricorda il Guardian, non vi siano combattimenti prolungati da circa due anni, dozzine di gruppi armati e reti criminali sono ancora attivi. «Ciadiani, sudanesi e siriani, oltre a compagnie militari private, rappresentano una serie minaccia per la sicurezza della Libia», conferma il report. La Russia ha dichiarato di aver inviato 10 mila tonnellate di aiuti umanitari nel Paese, tra cui una fornitura di vaccini anti-Covid. Per gli investigatori però non vi è alcuna certezza, dato che nessuna immagine satellitare ne conferma la presenza.

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