Chi vuol essere memionario

Nicolò Delvecchio
24/06/2021

Da inizio 2021 sono stati venduti come Non fungible token i file originali da cui derivano le immagini più virali di internet. Chi non ha in mente il cane Doge? Bene: vale 4 milioni di dollari.

Chi vuol essere memionario

In principio furono le Catene di Sant’Antonio, primi contenuti virali fatti a uso e consumo degli utenti internet. Le ricordate, no? «Condividi con 10 contatti o avrai sfortuna per 10 anni, Sara di Sulmona ha ignorato questo messaggio e il giorno dopo le è morto il canarino», e cose così. Certo, esistono ancora, e non è difficile ritrovarsi tra le chat di Whatsapp – o anche per mail, nei casi più vintage – messaggi di questo tipo, la cui unica utilità è quella di finire nel nostro cestino virtuale, tra le cose eliminate.

Dall’arrivo dei social network, all’alba degli anni ’10 del XXI secolo, lo “spazio virale” del web è stato occupato dai meme: immagini, gif o video, normalmente accompagnati da una frase divertente, fatti apposta per essere visti e condivisi dal numero più alto di utenti possibile. Alcuni meme hanno come base dei disegni, altri invece delle fotografie: ad esempio, da anni ormai gira su internet la foto di Harambe, un gorilla ucciso nello zoo di Cincinnati nel 2016 per evitare che facesse male a un bambino caduto nella sua gabbia. La foto usata di più, quella con Harambe in posa fiera, fu scattata pochi giorni prima della sua morte dal fotografo Jeff McCurry. Da quando è stata usata come base per i meme, però, McCurry si è trovato quella fotografia ovunque: dalle magliette alle tazze, dalle cover per i telefoni ai cuscini. E ovviamente, in un miriade di pagine social. «Non mi ha dato fastidio fino a quando non l’ho vista usata in contesti professionali». A quel punto, l’unica cosa che ha potuto fare è stato scrivere singolarmente a ogni azienda che ha usato senza permesso quella foto, ricavando qualcosa, ma molto meno di quanto avrebbe potuto.

Il mondo degli Nft

Gli Nft, Non Fungible Token, potrebbero invece cambiare questa prospettiva. Partiamo dall’inizio. Si definiscono “token non fungibili” risorse digitali, uniche, archiviate su una blockchain, e possono essere utilizzati per registrare la proprietà di qualsiasi cosa: musica, film, video, arte digitale nel senso più alto del termine. Ma anche, per fare un esempio, dei tweet: a marzo Jack Dorsey, fondatore di Twitter, ha venduto il primo messaggio lanciato sulla piattaforma per 2,9 milioni di dollari. Nel momento in cui i file – non fisici, ma solo virtuali – vengono caricati e verificati da una terza parte, acquisiscono lo status di “rarefatto”, una sorta di certificazione sulla loro unicità. Rispetto alle criptovalute, intercambiabili, gli Nft non lo sono: la band Kings of Leon, quest’anno, ha guadagnato più di 1,4 milioni di sterline vendendo la propria musica come Nft. Ma il mondo ha iniziato a parlarne il 15 marzo, quando la casa d’aste Christie’s ha battuto un’opera dell’artista Beeple, Everydays: the first 5000 days (un gigantesco file jpeg da 21.069 pixel x 21.069 pixel) per 69,3 milioni di dollari.

I meme come Nft

Come riporta in un lungo articolo il Guardian, adesso anche i “creatori” di basi per meme stanno sfruttando l’onda lunga di questo successo per rendere unici i propri “prodotti” e guadagnarci somme altissime. Avete presente la ragazzina (soprannominata “Disaster Girl”) che sorride compiaciuta mentre, alle sue spalle, una casa va a fuoco? Bene, quella base è stata venduta per 350 mila sterline. Mentre l’immagine di Doge, un cane e a lungo uno dei meme più popolari di internet, è stato valutato quasi 4 milioni di dollari. Un’occasione che McCurry non ha voluto farsi scappare: il file originale della foto di Harambe, infatti, sarà messo all’asta, nello stesso giorno del quinto anniversario della sua morte.

I meme, oltre a diventare il prodotto più popolare di internet, hanno poi creato nuove figure professionali: da chi gestisce pagine sui social il cui unico scopo è condividerli – e si guadagna anche abbastanza bene – a chi, invece, diventa agente dei creatori. Come se Mino Raiola, al posto di rappresentare Gigio Donnarumma e Zlatan Ibrahimovic, curasse gli interessi di chi, per lavoro, crea meme. Un caso particolare è quello di Chris Torres, illustratore di Dallas: suo è il “merito” di aver creato Nyan Cat, una gif pixelata di un gatto con il corpo di una crostata, che si muove lasciando una scia arcobaleno. Da quell’immagine, lanciata sui social quasi per caso, sono stati tratti videogiochi e video musicali, senza che al “padre” del gatto venisse riconosciuto alcunché.

https://www.youtube.com/watch?v=QH2-TGUlwu4

Nonostante le richieste di Torres, nessuno – almeno all’inizio – ha deciso di pagarlo per poter utilizzare quella foto. Nel 2013, l’illustratore ha citato in giudizio la Warner Bros per aver utilizzato Nyan Cat senza permesso, e la controversia è stata risolta in via amichevole lo stesso anno. La sua fortuna è stata quella di farsi rappresentare da Ben Lashes, “agente” dei memer: «Sono stato immerso nel mondo dei meme dal 2009… ho sempre voluto rappresentare quelli che considero i migliori meme al mondo». A febbraio, l’Nft di Nyan Cat è stato venduto per quasi 600 mila dollari. Sua è la procura anche di Disaster Girl e Harambe. Potenzialmente, quindi, delle foto scattate per caso o delle illustrazioni create per passare il tempo potrebbero cambiare la vita degli autori, rendendoli milionari. Anzi, memionari.