Quest’oggi il Cdm e Giorgia Meloni si sono riuniti a Cutro, in provincia di Crotone, con l’obiettivo di dare un segnale «simbolico» dell’impegno del governo «sconfiggere la tratta di esseri umani», vera causa, secondo l’esecutivo, delle tragedie come quella che il 26 febbraio è costata la vita ad almeno 72 migranti davanti alle coste calabresi difendendo l’operato del ministro Piantedosi.

Le contestazioni al governo e i peluche gettati contro le autoblu
Una trasferta però che si è trasformata in un boomerang con la prima contestazione alla premier dall’inizio del suo mandato con il lancio di peluche contro le autoblu a rappresentare i bambini morti nel naufragio e che, secondo molti, potevano essere salvati. E terminata con l’assedio dei giornalisti che insistono sulla ricostruzione dei fatti. «Qualcuno qui ritiene che le autorità italiane volutamente non abbiano fatto qualcosa che potevano fare? No», si limita ad autorispondersi la premier. A chi invece chiedeva perché non fosse andata a rendere omaggio alle bare dei naufraghi controbatte: «Abbiamo finito adesso… Dopodiché io vado volentieri…».
«Quello che vuole fare questo Governo è cercare gli scafisti lungo tutto il globo terracqueo.» #Cutro pic.twitter.com/6CZm58pJpH
— Alekos Prete (@AlekosPrete) March 9, 2023
Meloni difende il ministro Piantedosi
Meloni ha però ribadito che nonostante la tragedia la linea di governo non cambia: «Noi siamo determinati a sconfiggere la tratta di essere umani responsabile di questa tragedia. Se qualcuno pensa che i fatti del 26 febbraio ci abbiano indotto a cambiare linea ha sbagliato». Difendendo a spada tratta il ministro dell’Interno: «Il ministro Piantedosi non poteva di fare nulla di più per salvare la vita di queste persone. Chi se la prende con il governo non spende una parola contro i trafficanti che hanno messo queste persone su una barca che alla prima difficoltà è andata in mille pezzi», ha sottolineato. «Il nuovo decreto prevede aumento delle pene per i trafficanti ma anche l’introduzione di una nuova fattispecie di reato: nel caso in cui muoiano delle persone come in questo caso, è prevista per gli scafisti una pena fino a 30 anni di reclusione. Reato verrà perseguito dall’Italia, anche se l’episodio avverrà fuori dai confini del nostro Paese. È un reato universale».

Vince la linea Salvini: nel provvedimento finiscono pezzi dei decreti sicurezza
Già il nuovo decreto. Meloni alla fine ha dovuto cedere a Matteo Salvini visto che nel provvedimento sono finiti pezzi dei decreti sicurezza. Non a caso dal Carroccio in serata non si nasconde la soddisfazione sulla stretta anti-scafisti, per i nuovi centri di detenzione e rimpatrio, e per la cosiddetta disposizione “anti-Soumahoro” con cui verranno commissariati i gestori inefficienti delle strutture d’accoglienza. Rientra nel decreto anche la restrizione della protezione speciale. Salvini ha avuto la meglio su Guido Crosetto e Alfredo Mantovano che avevano proposto di rafforzare la sorveglianza marittima affidandola alla Marina, dunque alla Difesa. Meloni si limita a invocare l’inasprimento per chi provoca le morti in mare e cioè esclusivamente – sempre secondo la narrazione di Palazzo Chigi – gli scafisti: «Vogliamo cercare gli scafisti», dice, «lungo tutto il globo terracqueo». Ma è il segretario leghista che si prende la scena alla fine della conferenza stampa strappandola a Meloni. «L’anno in cui ci sono stati meno morti e dispersi in mare», ha tenuto a precisare, «è stato il 2019, quando io ero ministro degli Interni e Piantedosi mio capo di gabinetto».